Osservando la mappa elettorale di questi ultimi anni, il PD ha ottenuto i maggiori risultati nelle aree centrali urbane: mentre è stato il M5S che ha mietuto vasti consensi nelle periferie, almeno fino al recentissimo ridimensionamento elettorale. Il prossimo risultato elettorale sarà condizionato da variabili pesanti dovute alla crisi di governo ed alla situazione internazionale.
Un tempo era la sinistra che rappresentava la periferia, con condivisibile orgoglio. Ma perché la sinistra ha perso terreno in periferia, a vantaggio delle formazioni di centrodestra?
Propongo una interpretazione. La sinistra in generale, negli ultimi tempi, ha enfatizzato i diritti civili, conducendo tenaci battaglie che hanno finito per mettere in secondario piano le proposte economico-sociali.
Lo sviluppo dei diritti civili – si badi bene, condivisibile – è generalista, non richiama una peculiaritĂ cittadina centrale o periferica; mentre per altre problematiche, come le condizioni abitative e i servizi, la periferia storicamente presenta condizioni fertili per un loro aggravio. Dai risultati delle inchieste è nelle zone periferiche , nella grande periferia che è maggiore la paura di deprivazione materiale e la percezione di insicurezza.
Nelle grandi periferie, le richieste della maggioranza dei cittadini riguardano le condizioni della vita quotidiana: lavoro, abitazione, servizi pubblici, sicurezza. Sono problemi di natura pragmatica, cogenti nella vita quotidiana, sono esigenze tangibili, “materialistiche”. E sono premiati i partiti che mostrano maggiore attenzione a queste esigenze, indipendentemente dalla loro capacità di soddisfarle o meno.
Più che ai programmi ufficiali – frequentemente disattesi dai partiti, e anche per questo poco attrattivi – i cittadini si rivolgono a chi mostra attenzione ai loro problemi e ai loro interessi, anche se poi la soluzione dei problemi non viene adeguatamente perseguita, generando ripetute delusioni.
Più analiticamente, si può ricorrere alla politologia anglosassone, che ha termini diversi per descrivere i diversi modi di esercitare l’attività politica. Il termine policy identifica le politiche pubbliche, le iniziative coordinate dalle amministrazioni e finalizzate ad un risultato, quelle che dovrebbero sostanziare una risposta ai problemi dei cittadini. Diversamente, il termine politics identifica il richiamo ai propri valori, alla propria identità , alla politica intesa come rapporti di forza.
Alle dichiarazioni ufficiale dei partiti si affianca la dialettica messa in atto dalla moltitudine dei militanti: una dialettica spesso categorica, vertente sul criterio del posizionamento nei confronti degli altri partiti, agente sui consueti assi dx/sx, superiorità /inferiorità , civiltà /inciviltà (vale ad esempio lo scontro di “civiltà ” sulla legge Zan); un posizionamento di carattere intransigente che allontana la ricerca di soluzioni condivisibili.
Orbene, possiamo classificare le risposte che i cittadini si aspettano , soprattutto nelle periferie, a livello di policy, di politiche pubbliche, quando invece la risposta di buona parte della sinistra è sul piano delle politics. La sinistra indulge sull’enfasi identitaria, conduce battaglie condivisibili, ma spesso all’insegna di un arbitrario suprematismo culturale, che in periferia viene percepito distante.
Questo muoversi su livelli diversi, quello della policy e quello della politics, ci aiuta a capire il disallineamento tra richieste degli elettori e risposte, e alcune delle ragioni del minor favore raccolto dalle forze di sinistra.
Ma avremo modo di ritornare sull’immenso campo delle problematiche metropolitane.

Toscano di provenienza, risiede da tempo a Venezia-Mestre. Ex consulente e manager aziendale, in aziende industriali e di servizi pubblici. Collaboratore di istituti universitari e enti di ricerca. Membro della SocietĂ Italiana di Studi Elettorali. Appassionato di fotografia, con predilezione per le cattedrali gotiche.