Recentissimamente, l’Università di Verona ha pubblicato su Annals of Tourism Research uno studio basato su questionari posti a un campione di 500 autoctoni veneziani dal titolo The impact of tourism on residents’ intention to stay. A qualitative comparative analysis (la traduzione in italiano dello stesso ateneo, non proprio letterale, è “L’impatto del turismo sui residenti. Un’indagine sulla città di Venezia”).
La sotto riportata tabella riassuntiva dello studio (Tabella A.1, Appendice A) mostra le risposte dei veneziani. Le domande erano 5, a ciascuna si è chiesto di rispondere con un valore da 1, minimo (least likely) a 7, massimo (most likely).

Vediamole una per una.
Alla prima domanda (intenzione di rimanere a vivere a Venezia) i veneziani dimostrano (5,32 la media) un forte attaccamento a rimanere in città. Risposta che fa il paio con l’ultima, che chiedeva una valutazione dell’”attaccamento sentimentale” con la città, che addirittura quota uno strabiliante 6,27.
I due dati smentiscono direi nettamente uno dei miti di una certa narrazione per cui le locazioni turistiche riempiono un vuoto che altrimenti resterebbe tale. Insomma, il famoso “Venezia è bella ma non ci vivrei”, da queste risposte, non sembra esattamente un postulato corretto.
Poi c’è la domanda sui benefici economici (tralascio di tradurre i sottoargomenti che vedete in tabella per brevità). I veneziani condividono quella che è una ovvietà: ovvero che il turismo porta soldi e opportunità. Verità indiscutibile e lapalissiana, peraltro stupisce la tiepidezza (solo 4,2 che è solo una tranquilla “sufficienza”, essendo 4 il valore medio tra i due possibili estremi di risposta)… sarebbe stato logico avere un voto molto più alto. Evidentemente ha pesato il retropensiero che sì il turismo porta soldi (ad alcuni) ma porta anche costi..
Infine, le risposte sui benefici ambientali e sociali quotano dei disastrosi 2,26 e 2,16 rispettivamente. Altro che benefici: i veneziani proprio non li vedono. Si leggano i sottoargomenti (il turismo contribuisce a preservare l’ambiente, favorisce l’incontro con nuove culture, ecc.): sono la summa delle argomentazioni della narrazione pro turismo. Attenzione: alcune argomentazioni, in certe circostanze, sono assolutamente vere. Alcune senza discussione, non c’è dubbio per esempio che il turismo increases the number of cultural events. È dunque particolarmente significativo che i veneziani, evidentemente esasperati dall’overtourism, non valutino neppure gli aspetti positivi che comporta il fenomeno.
Ora, queste sono le parole con cui la stessa Università, sul sito UniVRMagazine (https://www.univrmagazine.it/2022/11/02/limpatto-del-turismo-sui-residenti-veneziani/), riassume le risultanze del suo studio:
Una ricca offerta culturale e il coinvolgimento nell’organizzazione di eventi, la salvaguardia dell’ambiente e del patrimonio artistico, questi i lati positivi che derivano dall’essere una delle principali città turistiche della Penisola, secondo le e i residenti veneziani. Non solo quindi problematiche e difficoltà, il cosiddetto “overtourism” per la città di Venezia non ha solo un impatto negativo, ma porta vantaggi economici e, soprattutto, culturali e sociali che sono determinanti per coloro che rimangono a vivere nella città.
Capirò poco di statistica, forse mi sfugge qualcosa (non so francamente cosa) ma mi pare che questa sintesi rispecchi poco le risultanze dello studio, per quanto riguarda il sentimento dei veneziani sull’impatto ambientale e sociale. Ora, se un prestigioso ente terzo come il Magazine dell’Università di Verona ovvero non una lobby con interessi (legittimi) da tutelare, coglie in questo modo così “soft” questi aspetti, figurarsi chi ha interessi (legittimi, ribadisco).
E appunto uno dei portatori di interessi è Airbnb. Che nel maggio 2018 pubblicava il rapporto Healthy Travels and Healthy Destinations in cui comunicava alcuni dati relativi alla sua attività in alcune mete turistiche primarie tra cui Venezia. Per quest’ultima, questa era l’introduzione:
One of the most iconic destinations worldwide thanks to its narrow canals and unique mix of Gothic and Byzantine architecture, Venice needs no introduction. With a population of 270,000, of which only a mere 50,000 live in the city on the lagoon, Venice attracts over 20 million visitors per year, with day-trippers and cruise passengers queuing to access Rialto Bridge and San Marco Square on hot days before disappearing at sunset, having seen little else and spent mainly at souvenir shops. Crowding has become such an issue that the Mayor has considered limiting access mainly to overnight travelers, with prominent publications listing the city as a place to not visit in 2018. But with Airbnb, local hosts are actively promoting less-trafficked routes and local shops to their overnight guests, helping City Hall in its efforts to attract healthy, sustainable tourism.
Ancora mi scuso per l’inglese ma traduco l’ultima parte: l’affollamento è divenuto un tale problema che il Sindaco ha preso in considerazione di limitare gli accessi (..) ma – il grassetto è mio – con Airbnb gli ospitanti (= i locatori turistici ndt) stanno attivamente promuovendo per i loro ospiti pernottanti itinerari meno trafficati e i negozi di vicinato, aiutando il Comune nei suoi sforzi di attrarre un turismo sano e sostenibile.
Se però gli ospiti ritirano la chiave da una cassettina, come avviene spesso, non lo vedono neppure il loro ospitante e questo idillico ritrattino rasenta la presa in giro. Un altro “classico” è la testimonianza di un locatore che riporta il report: Hosting allowed me to renovate part of the home, reducing the environmental impact of consumption and emissions. The rest is used to pay the mortgage, bills and household expenses. Pure benefattori dell’ambiente!
La narrazione di Airbnb peraltro riflette quella delle organizzazioni locali dei locatori. Proprio in questi giorni, abbastanza a sorpresa, Brugnaro ha annunciato che pretenderà che tutti coloro che vorranno affittare per più di 120 giorni all’anno dovranno, oltre che sottoscrivere un Regolamento di “buona creanza” (che è un pannicello caldo del tutto innocuo), un cambio di destinazione d’uso da residenziale a ricettivo. Disposizione, quest’ultima, che è pesantissima per gli obblighi e le condizioni che impone. E subito è ripartita la contronarrazione della categoria interessata: facciamo un’attività che porta lavoro e grazie ai proventi di questa si sono fatti interventi di restauro che vanno a beneficio della città, diamo lavoro a negozi e supermercati. Tutto assolutamente vero, per carità, ma sostenere che questa è un’attività che trattiene i residenti in città (tipo il padre che “fa musina” per ristrutturare la casa che poi andrà ad abitare il figlio) e non, invece, li scaccia, beh, onestamente mi sembra un gioco a non capirsi.
Sarebbe auspicabile invece un confronto più sincero. È del tutto comprensibile e legittimo che la categoria dei locatori sia spaventata che per legge gli si tolga o limiti la fonte di reddito e quindi attui una campagna di influenza dell’opinione pubblica. Così come legittima è la posizione politica delle molte associazioni di cittadini che spingono in senso opposto a difesa della residenzialità. Su una base di reciproco riconoscimento è certamente possibile trovare un punto di ragionevole equilibrio, che non sarà il massimo possibile per nessuna delle due parti ma un compromesso.
La prima condizione però è che i locatori non pretendano di essere riconosciuti come benefattori. Perché l’anello al naso qui a Venezia non ce l’ha nessuno.

Nato a Venezia, vi ha sempre risieduto. Sposato con una veneziana, ha due figli gemelli. Ingegnere elettrotecnico, ha lavorato all’Enel dal 1987 al 2022, è stato Responsabile della distribuzione elettrica della Zona di Venezia e poi ha svolto attività di International Business Development Manager, lavoro che lo ha portato a passare molto tempo all’estero. È stato presidente del Comitato Venezia Città Metropolitana, esponente di Venezia Una&Unica. È in pensione dal 2022