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Dal 26 settembre a oggi sono più di 500 le persone uccise nei disordini in Iran, di cui 70 bambini. Le persone arrestate 18.000. Le pene capitali una decina come “punizioni deterrenti”. La campionessa di scacchi dell’Iran Sara Khadim al-Sharia, prendendo parte al Campionato mondiale 2022 in Kazakistan senza indossare l’hijab obbligatorio ha voluto lanciare un’ulteriore sfida contro il regime iraniano. Le manifestazioni del dissenso per rivendicare libertà, delle donne soprattutto, in Iran ormai non si contano, come del resto non si fermano le esecuzioni e le impiccagioni di manifestanti arrestati perché “nemici di Dio”, per inimicizia verso Dio, espressione di un regime che non riesce a frenare le proteste con provvedimenti che potrebbero allentare le tensioni ma che ha scelto la via della repressione tramite la paura e l’oppressione

Un regime teocratico che impone la morale religiosa come legge e, quindi, sacra e inviolabile, pena la morte.

Ma cosa si intende per teocrazìa? s. f. [dal gr. ϑεοκρατία, comp. di ϑεο- «teo-» e -κρατία «-crazia»]. “Sistema statuale o di governo in cui il potere è esercitato in nome della divinità, da persone (in genere una casta sacerdotale) che si dichiarano sue rappresentanti per averne ricevuto da essa il mandato o che si presentano come incarnazione della stessa divinità. Una vera e propria forma di ordinamento politico”.

In passato, nelle monarchie assolute i sovrani, figure laiche, possedevano un potere ritenuto di origine divina. La legge umana e civile era intesa come espressione del volere di Dio e “traeva il suo valore obbligativo” dal fatto che il sovrano riceveva il suo potere da Dio. Le leggi positive emanate dagli uomini prendevano la loro validità dal fatto che dovevano essere coerenti con le leggi divine o naturali. Il problema si è posto quando le leggi divine si sono imposte come leggi positive, emanate da un legislatore umano ma che acquisiscono la forza di leggi sacre e inviolabili proprio perché emanate direttamente da Dio tramite i suoi rappresentanti.

Anche la Chiesa di Roma aveva affermato un ideale teocratico a partire da Innocenzo III con la teoria del sole e della luna o a Bonifacio VIII con la teoria delle due spade, presupponendo la superiorità del potere ecclesiastico sul potere temporale del re, il cui potere era di origine divina ma gli veniva assegnato non direttamente da Dio ma dal pontefice. Questo trasformava la chiesa in una monarchia pontificia assoluta, un’istituzione politica e il pontefice, come Vicario di Cristo dalla natura divina assumeva su di sè anche il potere temporale con tanto di esercito e di tribunale che operava con processi, torture e roghi, contro tutti coloro i quali erano considerati eretici o non conformi ai dettami della chiesa. Sempre giustificato come espressione della volontà divina, il pontefice assumeva il volto feroce di Dio. Come sottolineava Erasmo, la Chiesa “è stata fondata col sangue, col sangue è cresciuta, e si è rafforzata, l’amministrano col ferro”, tradendo il messaggio cristiano.

Il concetto di teocrazia fu coniato dallo storico Giuseppe Flavio nel I secolo. Egli definì come teocrazia il governo tipico degli Ebrei. Che dire dello stato di Israele, oggi? Sempre più Stato confessionale e sempre meno Stato democratico? Pensiamo alla famosa legge che definisce Israele Stato della nazione ebraica, intrinsecamente «razzista», perché esclude i palestinesi. Legge che non fa che incrementare la tendenza alla discriminazione delle minoranze. Israele stato ebraico, alias riservato agli ebrei riuscirà a restare uno Stato democratico? Come potrà mai coesistere con i palestinesi? Come si conciliano «democrazia» e «Stato religioso»? Uno stato confessionale difficilmente potrà essere uno stato democratico. Non vogliono alcuna costituzione perchè ritengono che la vera costituzione di Israele sono le leggi religiose del giudaismo. Israele sembra, quindi, assumere i caratteri di uno stato teocratico. E’ espressione del volere di Dio espresso nella sua legge, applicata da “uomini giusti, ossia guidati e illuminati da Dio stesso”. Sancisce definitivamente le ragioni del suo essere oppressore nei confronti di un altro popolo. Ragioni religiose come quelle dell’idea della terra promessa che continuano a giustificare il percorso di spoliazione, di espropriazione, occupazione e colonizzazione della terre palestinesi, considerate la storica patria del popolo ebraico dalla quale aveva avuto inizio la diaspora e verso la quale gli ebrei dovevano ritornare per fare rinascere il sentimento nazionale e a persuaderli della necessità di riprendere la vita propria in terra propria, a loro assegnata da Dio. “Una terra senza popolo, per un popolo senza terra” costituisce lo slogan fondatore dell’ideologia sionista. Una terra assegnata da “Elohim” a Moshé. Sulla base di una presunta continuità tra gli ebrei dell’antichità e quelli degli ultimi duemila anni, per giustificare l’insediamento e l’occupazione si sono appellati a motivazioni religiose. Un approccio religioso per celare scelte politiche nazionaliste, colonialiste e sioniste.

Ma quali sono oggi nel mondo gli stati teocratici, governi voluti da Dio?Afghanistan, Iran, Mauritania, Arabia Saudita, Sudan, Yemen e la Città del Vaticano.

Quindi nelle teocrazie il governo indica un ordinamento politico in cui il potere è esercitato in nome di Dio da coloro che si definiscono suoi rappresentanti, o incarnazioni, della divinità. In una teocrazia l’autorità religiosa controlla tutti gli aspetti della vita sociale, sia quelli sacri sia quelli profani (cioè politici, giuridici, di costume, e così via). Dio è la fonte diretta di ogni potere, sia quello religioso, sia quello temporale o terreno: perciò il potere spirituale deve coincidere con il potere dello Stato.  Il potere politico è sempre subordinato a quello religioso, o esercitato su sua delega. Con il regime degli ayatollah (il clero musulmano sciita che prese il potere in Iran con la rivoluzione islamica nel 1979), le massime autorità religiose divennero anche capi politici del paese e molti precetti del Corano divennero legge dello Stato teocratico. Per i musulmani sciiti, infatti, le pagine del Corano contengono tutte le regole a cui ispirarsi (e a cui sottomettersi) per vivere in modo retto e giusto. Il Corano, cioè la legge di Dio coincide anzi si sovrappone e impone la legge degli uomini; non si limita a indicare ai fedeli come pregare Dio ma anche come vivere la vita terrena. Uno stato conforme ai precetti del Corano giudica la conformità delle leggi civili alla legge religiosa islamica. IlConsiglio dei Guardiani deve controllare che le leggi non siano in contrasto col Corano e la dottrina islamica ed elegge la Guida suprema, un grande ayatollah (la più alta carica religiosa sciita) esperto in giurisprudenza e in studi islamici, che detta la linea politica del paese. I testi sacri, o meglio, la loro interpretazione, sono quelli che regolano la vita dello stato e della società, poiché sono la fonte dell’ispirazione divina. Lo Stato confessionale impronta la propria legislazione ai principi della religione dominante che riconosce come religione di Stato. Libertà e religione sono, quindi, due concetti inconciliabili. Tutto ciò che per la religione è contro la legge islamica o sharia, quindi considerato peccato diventa anche reato punibile da un Tribunale persino con la pena di morte: ogni aspetto giuridico è fondato sulle norme morali religiose. Non può esistere la separazione tra laico e religioso, tra morale e legge civile, legge religiosa e civile non conoscono separazione. Proibita la conversione ad altre religioni e il proselitismo non islamico non è tollerato perché considerato apostasia. Pertanto, in sintesi: Non c’è separazione tra stato e religione, è un potere autocratico perchè tutto il potere è concentrato in una persona perchè le sue azioni sono volontà di Dio. La legge si basa sulla religione come religione unica, pertanto è la negazione della democrazia. Chi non rispetta le leggi e i dettami della fede deve essere represso e perseguitato.

In tutto ciò è sottesa anche la paura del corpo femminile, in quanto fonte di seduzione. Pensiamo anche a quanto sta avvenendo in Afghanistan e a come, a dispetto delle promesse fatte all’indomani della ripresa del potere da parte dei Talebani, le donne ormai sono definitivamente escluse dalla vita civile, sociale, lavorativa oltre che politica. Sono ridotte al silenzio, all’anonimato, condannate all’irrilevanza, all’invisibilità, senza volto, né voce, né corpo. La misoginia è, infatti, uno dei temi che accomuna tutte le teocrazie anche quella della nostra chiesa che fino alla fine del ‘600 vedeva nella donna o la madonna da venerare o la strega da bruciare. Un’avversione o repulsione per la donna, una “ginecofobia”, che indica proprio la fobia delle donne. Una paura di una mente umana maschile in grado di definire leggi, regole e tradizioni contro l’essere che considera inferiore, incapace o perfino posseduto da un demonio.

Tale intreccio tra civile e religioso, morale e politico impone una fede cieca in chi dice di essere il rappresentante di Dio in Terra. E quando è Dio che promulga le leggi o che punisce i reati c’è poco da discutere, è impossibile criticare o manifestare dissenso o protestare. Laddove una figura di sacerdote governa in nome di una divinità ogni dettame diventa assoluto, indiscutibile ed ha valore di sacralità.

Oggi, però, qualcosa si è spezzata. Il muro granitico del regime sembra essere sempre più minacciato. Jin, Jîyan, Azadî (donna, vita, libertà) è il motto della resistenza delle donne iraniane, motto che si ispira alla lotta delle donne curde in Turchia contro l’oppressione statale e il patriarcato, sottolineando l’importanza del ruolo centrale delle donne per creare una società libera. La loro lotta è simbolo della lotta di tutte le donne, una lotta senza leader e guidata dalle donne, dal basso, ad urlare al regime la loro dignità e la loro forza a dispetto di chi le vorrebbe ancora, anacronisticamente, in una condizione di “Sottomissione”. E’ un grido di vita dinanzi al volto mortifero del regime. La mobilitazione guidata dalle donne in questi mesi ha coinvolto le città e le campagne, le università e le fabbriche ed ha alla base la ripugnanza generale, soprattutto delle donne che ne sono le principali vittime, nei confronti di un regime nazi-teocratico, oppressivo, violento, fondato sulla discriminazione di genere e sulla repressione di ogni diversità. Un regime che non ha ritegno a ricorrere alla tortura e ad usare la forca persino nei confronti dei minorenni e che, nel tempo, ha ulteriormente inasprito le sue vessazioni tramite la polizia religiosa o morale, incaricata di vigilare sul rispetto delle norme della sharia relative persino al codice di abbigliamento. Ma è dilagata visibilmente ormai un’insofferenza maturata all’interno della società civile iraniana che non può essere più contenuta dalla struttura autoritaria e disumana del potere teocratico. E quando la spinta alla libertà è incontenibile ha inizio la lotta per il riscatto della dignità umana, la lotta per la resistenza all’oppressore. A momenti il regime sembra mostrare il volto fragile di chi ha difficoltà nel controllare il forte dissenso del popolo e la reazione del potere è la mera repressione tramite la paura. Lo scopo delle esecuzioni dei manifestanti ritenuti “nemici di Dio” è far crollare psicologicamente chi protesta. Quella che è in atto è una pesante guerra psicologica con funzione di deterrenza.

Ma quando tante coscienze si risvegliano nasce un movimento di resistenza che neanche le feroci pratiche repressive degli ayatollah o dei talebani potranno bloccare, nella speranza che possano arrivare fino in fondo alla caduta del regime.