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E’ finita! Proprio in questi giorni questa pandemia è stata dichiarata finita ma è certo che questa sospensione delle nostre vite, questa pausa forzata della nostra corsa forsennata ci ha costretto a riflettere.
Parafrasando le conclusioni che trae Renzo alla fine de I promessi sposi….cosa ho imparato? O meglio cosa abbiamo imparato? Cosa ci ha insegnato?

Niente che non sapessimo ma forse ci è servito per fermarci, ricordare e ribadire alcuni fondamentali dell’esistenza e alcune basi della convivenza civile.
Abbiamo imparato che siamo un’unità, un insieme di entità diverse e diversificate ma facciamo parte dello stesso “tutto”…“nessuno è un’isola”.
Che siamo talmente interconnessi che se crolla uno crolliamo tutti, che ogni evento del singolo si ripercuote nelle vite degli altri, ognuno funzionale ad una catena indissolubile.
Che siamo degli “animali sociali” che siamo reciprocamente indispensabili, che si deve essere solidali, si può e si deve per crescere e per costruire un futuro di benessere per tutti.
Che tutto ciò che avevamo l’abbiamo dato per scontato, le nostre libertà, i nostri diritti, ma invece nulla ci è dovuto e in ogni istante potremmo perderlo.
Ci ha insegnato di dare valore a ciò che abbiamo.
Ci ha insegnato la necessità di riempire di senso il vuoto costitutivo dell’esistenza dandole una direzione.
Che bisogna riappropriarsi del proprio tempo e farne buon uso.

Abbiamo imparato che niente è per sempre.

Ci ha fatto tornare alle radici dell’essere, a vivere la nostra esistenza nella sua semplicità ed essenza di meri ritmi biologici.
Che siamo davvero tutti uguali, che le emozioni ci accomunano, il dolore ci livella, le gioie ci omologano, di qualunque colore siamo e a qualunque latitudine viviamo.
Che le discriminazioni sono solo deleterie, irrilevanti e inconsistenti e che facciamo davvero tutti parte dello stesso sistema.
Che dovremo combattere le ingiustizie che sono ulteriormente emerse e che si sono amplificate e divaricate.
Che forse dovremmo costruire un nuovo mondo fondato su nuove basi e che dovremmo ripensare al nostro feroce sistema economico e che dovremmo tutelare la democrazia da tutto ciò che la minaccia.

Ci ha insegnato che siamo fragili, vulnerabili che siamo effimeri, ci ha buttato in faccia tutta la nostra precarietà.

Che siamo essere infinitesimali tanto che un ente invisibile, molto più infinitesimale di noi ha messo in ginocchio il mondo intero.

Ci ha insegnato a ridimensionarci e ad abbandonare il nostro delirio di onnipotenza rispetto alla natura che ci dimostra sempre quanto grande è la sua forza e quando siamo inermi dinanzi a lei.

Che forse non siamo noi padroni della natura ma sottomessi ad essa, alle sue leggi e ai suoi capricci e che nel braccio di ferro che abbiamo ingaggiato con lei ne esce sempre vincitrice! Che è in grado di annientarci in un sol colpo!

Che la scienza è un nostro alleato e non un nemico da tenere a bada. E che la tecnologia è un supporto indispensabile alle attività umane. Laddove non arriva l’uomo, la tecnologia supporta e potenzia le nostre possibilità: dallo smart working alle video chat, indispensabili nel momento di remissione della socialità, hanno consentito di mantenere relazioni, visibilità, contatti e il lavoro a distanza.

Abbiamo provato la bellezza di un’Europa come un’entità politica. Gli Stati europei si sono mossi in una stessa direzione grazie a quella cooperazione, coesione, pace e giustizia tra i popoli e gli stati membri, promossa dalla Costituzione europea ma che non avevamo sperimentato fino a quel momento.


Abbiamo imparato che “nessuno si salva da solo”! E che la solidarietà è l’unica via possibile dinanzi al dolore del mondo, quella ginestra di memoria leopardiana che ci consente di resistere in una “social catena” o grazie a quell’ “amicizia sociale” di cui parla Papa Francesco.
E, infine, che dovremmo ricordarci di essere felici, perché in qualunque momento qualcosa di imponderabile ce la può togliere.

Questo, almeno, è quello che è emerso, quello che è apparso soprattutto nei momenti più terribili.

Ma è vero che abbiamo imparato la lezione che ci ha impartito? O forse, in preda all’Alzheimer, l’abbiamo dimenticata troppo presto. Qualcosa abbiamo cambiato nella nostra percezione della realtà? O nella costruzione di modelli di sviluppo? Nella creazione di modelli di socialità diversi? Speravamo che potesse essere preludio ad una rinascita e ad una palingenesi.

E invece…cosa ci è rimasto di tutto ciò? Chissà! Forse lo smart working che è stata decisamente un’acquisizione consolidatasi in questi anni, un’opportunità e una ricchezza ormai imprescindibili della nostra vita lavorativa oltre che sociale ed economica! Non credo molto altro!

Pessimista? Direi realista, basta guardarsi attorno.

Basti pensare alle politiche migratorie del nostro governo che hanno inasprito e reso più difficile la vita ai migranti, politiche che non sono state scalfite nemmeno dinanzi alle ultime tragedie e naufragi. Altro che solidarietà e lotta alle discriminazioni!

Basti guardare la guerra in Ucraina per cui continuiamo a considerare come unica opzione l’invio di armi e nessuno cerca strategie per mediazioni, per una pace equa. Sembra quasi naturale, l’unica strada percorribile continuare ad alimentare questo massacro. Fino a quando non ci è dato sapere. Altro che pace!

Basti guardare le politiche europee che, dopo la straordinaria cooperazione  sperimentata durante la pandemia, in cui sembrava davvero fossimo un unico paese con un unico obiettivo, quello di combattere il nemico invisibile, con un’unica strategia, adesso dimostra di essere nuovamente scompaginato e frammentato in stati che portano avanti politiche diversificate a tutela degli interessi nazionali.

Forse il ritorno alla normalità ha fatto tornare normali anche tutti i mali del nostro mondo, ripristinando quelle gerarchie di valori di cui avevamo scorto i limiti e che, a pandemia finita, avremmo dovuto ribaltare.

Ma…. Andrà tutto bene!