Cambi di casacca, nuove formazioni politiche, litigi personali e fake news. Come potrà mai orientarsi il cittadino elettore?
Da alcuni mesi, nel Parlamento Italiano, assistiamo al ripetersi di un fenomeno già in voga ai tempi di Berlusconi, quando veniva utilizzato con meno frequenza, ma con degli scopi ben precisi: fornire quel voto mancante e necessario a garantire la fiducia ai governi o l’approvazione delle leggi.
Parliamo, cioè, dell’ipotesi in cui un parlamentare, che appartiene ad uno o all’altro schieramento politico, decide arbitrariamente di cambiare fazione politica, partito o gruppo parlamentare di appartenenza, scardinando, di fatto, il quadro politico.
Sia chiaro, non c’è nulla di sbagliato o di incostituzionale nel cambiare idea e nel passare da un partito ad un altro, che si pensa rappresenti in maniera più coerente, i propri ideali. L’articolo 67 della nostra Costituzione è, a tal proposito, ben chiaro: non prevede, infatti, il vincolo di mandato, con conseguente libertà di azione e di pensiero per ogni singolo parlamentare eletto, svincolato da “ordini di scuderia” o da programmi che possono essere modificati nel corso della legislatura. L’operato di ogni singolo membro del Parlamento Italiano è, quindi – leggi elettorali permettendo -, soggetto a censura dei soli elettori.
Ci sono molti esempi, anche di personaggi politici di “razza”, che nel passato hanno cambiato compagine politica, perché vedevano cambiare scopi o programmi stabiliti per raggiungere tali scopi. L’esempio più celebre e ricordato è quello di Wiston Churchill, all’epoca passato dai Conservatori ai Liberali. Così come non si può dimenticare, tra gli storici esponenti politici italiani, il “Giano bifronte” Giolitti, che dalla Sinistra Storica passò al movimento Liberale.
Lo spettacolo a cui stiamo assistendo oggi, tuttavia, trascende dai principi democratici che ispirarono i Padri Costituenti. I cambi di gruppo della XVI legislatura (dal 2008 al 2013) hanno coinvolto 180 parlamentari, ma nella XVII legislatura ci sono stati 569 “cambi di casacca” mentre nella successiva XVIII legislatura siamo arrivati a 449 cambi di gruppo, che hanno coinvolto 299 parlamentari a causa di vari cambi di partito da parte di questi ultimi, nel corso dei 5 anni.
C’è un’area del Parlamento che, in particolare, soffre di questa tendenza a “virare” nel corso del tempo, a seconda delle situazioni: mi riferisco ad Azione, Italia Viva e – seppur in misura minore – Forza Italia, che non esitano a “scambiarsi” Deputati e Senatori, a mò di figurine Panini.
Alcuni passaggi da un partito politico all’altro sono stati rumorosi, più per la notorietà degli individui che per i reali contributi politici apportati dagli stessi. Non è dato comprendere – a mio avviso – che apporto abbiano dato, ad esempio, Carfagna e Gelmini allo sviluppo della proposta politica o all’organizzazione del movimento Calendiano. Anzi, è indubbio che la loro notapalese vicinanza ad ambienti conservatori e cattolico-popolari, contrastia con l’innata aspirazione riformista degli Azionisti della prima ora.
Allo stesso modo ci si domanda quali idee innovative Rosato – padre dell’omonima legge elettorale -, uscito da Italia Viva per migrare in nuovo ennesimo movimento centrista, potrà esprimere nel nuovo movimento, idee che non gli era permesso portare in Italia Viva.
Ma ci sono anche una serie di esponenti parlamentari di minor spicco (a memoria citerei Gruppioni e Musolino), la cui “transumanza” da un partito all’altro viene, comunque, ostentata come grande successo dai rispettivi leader. Qualcuno di questi “voltagabbana” è stato anche inserito in posti apicali, o così credono, della nuova compagine: responsabile provinciale, referente di importanti città, parte del direttivo regionale. Generali e Colonnelli senza stellette e senza alcun esercito, visto lo sparuto numero di iscritti ed elettori.
A fronte di questi ripetuti “cambi di casacca”, non bisogna sottovalutare la reazione della base territoriale del partito, su cui si ripercuote tale fenomeno, che in tal modo si vede imporre esponenti politici che poco hanno contribuito alla sua costitruzione e al suo radicamento sul territorio,. spesso anche con scarsa conoscenza delle problematiche dell’area in cui si presentano.
Bisognerebbe chiedersi, allora, con quale aspettativa un normale elettore potrà votare partiti come Azione o Italia Viva, già di per sé poco attraenti per i bassi numeri ed i continui futili battibecchi tra i rispettivi leader, oltretutto costituiti da un insieme figure politiche secondarie, che non hanno trovato spazio nelle precedenti compagini.
La situazione è poi resa ancora più confusa e distante dall’elettorato, a causa del fiorire di mille movimenti, partiti, compagini che si diramano da un ipotetico centro politico. Questi si differenziano di poco l’uno dall’altro: c’è quello un po’ più cattolico e popolare, mentre un altro è un po’ più liberale e radicale; e c’è anche il gruppo conservatore. Siamo di fronte ad una grande operazione di marketing politico, che offre agli elettori prospettive leggermente diverse, solo per ridurre ogni minimo rischio di dissenso,. con l’unico risultato di approfondire sempre di più la disaffezione ad una politica di facciata e di consenso immediato, che sempre meno riesce ad offrire risposte ai problemi reali che ogni cittadino deve affrontare.
Noi che aspiriamo ad una Politica reale e pragmatica, che aiuti tutti i cittadini nella propria ricerca della felicità (intesa come l’aspirazione a vivere una vita soddisfacente, che ci permetta di vedere appagate la maggior parte delle nostre aspirazioni, non solo economiche), dovremmo finalmente prendere posizione, cercando di favorire l’unione dei microcosmi politici e puntando solo a chi propone di affrontare i reali problemi del paese, primo fra tutti l’abnorme debito pubblico che non permette di destinare le risorse alla sanità, alla formazione e all’ordine pubblico.

Nasce nel 1968 a Bassano del Grappa.
Si laurea in Ingegneria Meccanica a Padova e da oltre 10 anni lavora per un’importante industria della Motor Valley emiliana.
Vive con la moglie a Bologna dove ha conseguito il Master in Technology and Innovation Management alla Bologna Business School.
Da sempre interessato di politica, nel 2019 sposa la causa di Siamo Europei e quindi di Azione. Fino a Giugno 2021 è stato referente per il movimento nei quartieri bolognesi di Borgo Panigale, Reno e Navile. Da Dicembre 2022 è socio fondatore del Liberal Forum.