Lib Dem, dopo Milano tappa a Bologna!
10 Agosto 2023Fatti e misfatti delle monoculture agricole italiane in un libro inchiesta di Giannandrea Mencini
28 Agosto 2023Mi sembra molto interessante l’articolo di Marco Damilano apparso su DOMANI del 24 agosto, a commento del meeting di Rimini di Comunione e Liberazione: il mondo cattolico – o larga parte di questo – pare in fermento. Evidentemente non si sente rappresentato dalla Giorgia pur col suo slogan tanto proclamato Dio, Patria (e nazione), Famiglia, specie una componente non di destra come quella rappresentata da Marco Bentivogli con BASEITALIA, ma nemmeno dal PD della Schlein e tanto meno da Conte e i 5S. Ma non più da Renzi e Calenda, malgrado Bentivogli abbia espresso in passato simpatia vs. Azione.
Il Piano A, ovvero fornire direttamente una classe dirigente di matrice cattolica, sarebbe oggi velleitario. Secondo Damilano i cattolici si apprestano a un Piano B, meno pretenzioso. Non certo lanciare l’ennesimo partito, ma creare un terreno di azione comune su cui fare massa critica.
Quanto ai contenuti, si parla di Europa, Beni comuni, Giustizia, Educazione, Sussidiarietà, Abitare, Generazioni, Lavoro, Investimento, Innovazione, Contribuzione. Con un no al sovranismo e ad una visione antica del rapporto Stato-mercato, sia in chiave liberale che socialista. Assunti questi che andrebbero più approfonditi nel loro significato, anche per evitare l’impressione che alcuni almeno siano oggi velleitari in un mondo dove l’Italia non è isolata ma è soggetta a tendenze ben più globali.
I personaggi coinvolti hanno un peso notevole, sia nel mondo intellettuale e politico laico (non nel senso laicista) che in quello ecclesiastico.
Questa la notizia.
Mi vengono alcune considerazioni:
- La dichiarata sfiducia anche vs. Calenda e Renzi temo sia una conferma della fine di un Terzo Polo. Le baruffe, le antipatie personali, la concorrenza tra leader e anche visioni tattiche e/o (almeno si spera) strategiche diverse hanno fatto perdere smalto al c.d. Terzo Polo. È un fatto. Direi di più:
- Lanciare un partito ha degli aspetti riconducibili ai principi del marketing, specificamente quelli relativi al ciclo di vita del prodotto. Il lancio è la fase più lenta e difficile, ma se lo si fallisce il prodotto o il servizio sono morti. Lo confermano i sondaggi tra il 3,5% di Calenda e circa il 4% di Renzi
- Non sono a conoscenza dei motivi profondi e reali del divorzio. Non riesco a seguire le vicende interne dei due partitini i quali, anche a causa della coesione dell’attuale maggioranza (anche se divisa sui contenuti), hanno poca eco sui media. Ma temo che oltre alle divergenze e alla concorrenza tra leaders vi sia anche un’incertezza su programmi, obiettivi, strategie e, se mi è consentita un’espressione di marketing, di mercato target. Per me ha senso un centro liberal, che non significa liberale, che accetti i principi dell’economia di mercato, della concorrenza e del merito, miri allo sviluppo attraverso quelle riforme radicali (che rivoltino l’Italia come un calzino, non genericamente moderate) atte a creare le condizioni per lo sviluppo, conditio sine qua non per ampliare e reinventare il welfare, sanità in primo luogo e uscire dalle strettoie del debito e della crescente domanda di benefici non soddisfabili causa risorse carenti.
- E temo che questa incertezza sia anche tra gli iscritti, dalla base ai vertici, perché è diverso porsi gli obiettivi di cui al punto precedente o invece cercare un contenitore genericamente moderato, un calderone dove trovare rifugio più per esclusione che altro. E senza contare che questo centro è un coacervo composito, oggi in gran parte componente della coalizione al governo (Noi Moderati – Noi con l’Italia, Coraggio Italia, UDC, Italia al Centro, MAIE).
- Condivido i principi alla base del c.d. Progetto B, ma con due riserve:
- Da quale esperienza viene C/L? Innanzitutto da un’adesione pluriennale alla destra berlusconiana & C. Da una posizione che da laico o come mi si definisce laicista, nel rispetto delle idee di un segmento cattolico che definirei più conservatore – non per nulla si lamenta la sconfitta di Scola nel conclave del 2013 e la vittoria del Papa Bergoglio – ho sempre avuto la sensazione di Comunione e Liberazione come un movimento integralista. Mi spiego: capisco e rispetto le convinzioni di chi crede nella sacralità della vita, quindi non accetta l’aborto, il fine vita promosso da Luca Coscioni. Ma ritengo giusto che vengano rispettate anche quelle di chi a questa sacralità non crede, condanna il monopolio e lo zampino dei cattolici nei reparti di ginecologia che di fatto quasi annulla il diritto all’aborto, crede ad una differenza profonda tra aborto e controllo delle nascite, e tra l’uso della pillola del giorno dopo rispetto a un intervento tardivo al terzo mese (se e quando è entro tale scadenza). Come ritengo, se fossi nelle condizioni dell’oramai famoso D.J. Fabo, di decidere se (e come) vivere o meno.
- Ritengo che il problema urgente e primario dell’Italia sia lo sviluppo. Riforme, obiettivi e strategie avrebbero potuto essere terreno di consenso e azione comune all’interno di un movimento o partito dove sulle idee di cui al punto precedente ognuno si consideri libero di esprimersi e agire secondo la sua coscienza, senza rieditare la divisione laici-cattolici che vi era anella Prima Repubblica.
Aggiungo una considerazione finale. L’articolo di Damilano riporta una critica che sento spesso emergere non solo da parte del mondo cattolico: un paese con un capitalismo senza lavoro, di capi senza partìti che ha teorizzato la distruzione dei corpi intermedi. E il proclama del NO a una visione antica del rapporto Stato-mercato, sia in chiave liberale che socialista.
Qui bisogna evitare voli pindarici, essere coi piedi per terra ed evitare il rischio di ragionare come se l’Italia fosse un’enclave isolata e immune da tendenze generali e spesso sovrastanti. In particolare, a spot:
- Società senza lavoro. La globalizzazione prima (oggi pure con qualche fenomeno di ritorno, ma non drastico) ha fatto diminuire in Occidente i posti di lavoro più generici e meno qualificati. Il fenomeno era cominciato prima in UK con Margareth Thatcher che ha rilanciato il paese ma trasformandolo eminentemente in una società di servizi più che di produzione industriale. Oggi le tecnologie ICT hanno confermato questa tendenza, pur in misura inferiore al previsto, ma l’Intelligenza Artificiale lo accentuerà di molto. Non è scontato che vi sarà una diminuzione di posti di lavoro, ma un cambio del mix sì: aumento del fabbisogno di persone di fascia alta quanto a preparazione scolastica e professionale, e una forte diminuzione dei lavori generici e non altamente specializzati.
- Scomparsa dei corpi intermedi. L’evoluzione negativa della democrazia occidentale, le caratteristiche e il ruolo dei partiti, il calo drammatico del ruolo e del peso dei sindacati sono anche questi fenomeni generali e dovuti alle trasformazioni della nostra società. Per fare un esempio brutale, quando l’auto era prodotta a Torino e a Detroit i sindacati erano forti, ora non più.
- La divaricazione della forbice tra ricchi e poveri è dovuta sia a tutto questo sia al fenomeno di crescente finanziarizzazione dell’economia difficili da contrastare in un solo paese. Ed è dovuta in gran parte proprio alla tendenziale scomparsa dei lavori generici e non qualificati, in parte, come ho detto, dovuti alle nuove tecnologie di oggi e di domani, e in Occidente soprattutto alle delocalizzazioni industriali che solo minimamente saranno corrette dalla c.d. de-globalizzazione delle produzioni strategiche al fine di non creare dipendenze da paesi per noi critici se non potenzialmente ostili. A teorizzare una rivoluzione del sistema economico si corre il rischio di fare sogni utopici, come ad esempio quello della tassazione delle multinazionali. La scelta della sede fiscale di un’azienda oggi avviene per ragioni di convenienza anche dei paesi ospitanti, che sono piccoli, come Irlanda e Olanda, e dove il ricavo derivante da una multinazionale supera in genere quello delle tante aziende locali (V. OCPI di Cottarelli).
Se posso tentare una conclusione, vi è almeno un disorientamento da parte mia e forse una ennesima conferma che in Italia una forza liberal come ho descritto anche in passato (Vi è spazio per un terzo polo in Italia, https://aldomariconda.wordpress.com/) non trova spazio sufficiente.
Bene se i cattolici si muovono in questa direzione. Non hanno più la forza di una volta, con la Prima Repubblica, la contrapposizione DC/PCI, la guerra fredda, la capillarità e la forza delle parrocchie e delle associazioni varie, ma costituiscono pur sempre una forza consistente nel ns. Paese. Rimane da vedere se ai c.d. laicisti rimane uno spazio oltre a +Europa che è sensibilissima ai temi classici dei radicali ma meno a quelli relativi allo sviluppo.
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