Solitudine, socialità e visibilità ai tempi del coronavirus
17 Novembre 2020È il momento di uscire dalle ZTL. Anche da quelle mentali.
23 Novembre 2020A proposito dell’articolo di Claudia Mancina sul sito SoloRiformisti “Il futuro è di una sinistra liberale”, come inquadrare questo nuovo percorso politico? ( Sinistra liberale ).
Sinistra liberale? Liberalismo di sinistra? Liberalsocialismo? Neoliberalismo? C’è un primo quesito, quello di individuare una denominazione che sia attrattiva. La socialdemocrazia, come denominazione e non solo, appartiene al passato.
Sono termini concettuali che vanno chiariti e, come afferma la Mancina, ripensati, non solo in rapporto alla cornice nazionale, ma anche tenendo conto delle nuove realtà indotte dalla globalizzazione, dalla sovranazionalità dei problemi.
Il termine “sinistra” forse è riduttivo definirlo descrittivo, definirlo cioè solo in riferimento alla posizione sull’asse storico destra-sinistra. Perché, pur essendo un termine su un binomio dal valore eminentemente orientativo, rimanda ad una mole di valori e di esperienze storiche che hanno segnato la vita di milioni di persone, nel bene e nel male, con esiti positivi e esiti infausti. Ma, come per tutte le categorie storiche, viene il momento in cui si dimostrano superate o inadeguate a discernere e ad affrontare le nuove dialettiche (per esempio le dialettiche inclusione/esclusione, mobilità-libertà/sicurezza, rischio/garanzie, etc.).
Però è vero che siamo condizionati dalla dimensione destra-sinistra, che è il binomio da tempo imperante, e allora è opportuno affiancare a questa dimensione altri binomi, espressioni di altre dialettiche con cui dobbiamo fare i conti.
Carlo Rubini ha espresso un primo approccio, sul sito LuminosiGiorni, “Liberalismo versus illiberalismo, la nuova frontiera” vertente su tale discrimine. ( Liberalismo/illiberalismo)
Liberalismo/illiberalismo è una dimensione dialettica che valorizza lo spirito di confronto e tolleranza, in nome di una libertà di pensiero che dovrebbe essere considerata come parte del patrimonio costitutivo della nostra civiltà occidentale. Ed è attuale, anche perché abbiamo alle spalle un secolo che ha visto l’affermarsi di due totalitarismi, il fascismo/nazismo ed il comunismo, che hanno realizzato i loro “valori assoluti”, i loro principi ispiratori, tramite la distruzione di ogni valore e ideale contrario.
Presumibilmente, non è la sola dimensione. E’ comunque una dimensione fondamentale, in quanto nel suo primo termine, il liberalismo, prevede la coesistenza di valori diversi, e soprattutto rifugge dai dogmatismi.
Faccio riferimento, a tal proposito, ad uno dei campioni del pensiero liberale, Isaiah Berlin, uno di quegli “Intellettuali alla prova del totalitarismo”, “ che non hanno ceduto alle tentazioni del proprio tempo”, come ha scritto Ralf Dahrendorf nel suo libro “Erasmiani”, in omaggio al grande Erasmo da Rotterdam. Erasmo, che “…mise in mostra quelle virtù che rendono immuni rispetto alle tentazioni della varie forme di autoritarismo e totalitarismo”.
Isaiah Berlin, un ebreo lituano che lasciò la sua terra per sfuggire al totalitarismo comunista, si sofferma sulla critica della “ricerca dell’ideale”, della ricerca cioè di leggi inconfutabili circa il comportamento umano, della ricerca di “soluzioni sicure ai problemi fondamentali” (I. Berlin, “L’altra faccia dell’utopia”, HuffingtonPost. 22/10/2015).
Ma questa ricerca dell’ideale “assoluto”, di leggi inconfutabili, comporta l’esclusione degli ideali che sono giudicati contrastanti o anche devianti rispetto alla strada tracciata.
Le concezioni che Berlin sconfessa sono le Verità assolute, quelle Verità che costituiscono una visione dogmatica, inconciliabili con altre Verità, e che richiedono risposte “vere” che devono essere necessariamente “compatibili tra loro e formare un tutto unico”.
Le culture umane si succedono, scrive Berlin, mutuando il concetto da Giovan Battista Vico; ogni società possiede una visione, che è la sua vita, e queste visioni variano di volta in volta, al variare degli assetti sociali, e ogni comunità ha il suo stile di vita. Gli esseri umani vivono in quadri di valori che “sono sì completamente diversi ma non per questo cessano di essere dei valori”.
E questo, avverte Berlin, non è relativismo, la cui essenza è la constatazione della differenza di preferenze; bensì è pluralismo.
Pluralismo nel senso che sono molteplici i fini e i valori cui gli uomini possono aspirare, e i valori possono anche essere incompatibili, i fini possono essere anche inconciliabili.
In riferimento al marxismo come ideologia, l’avvento di un’armoniosa società senza classi è un esempio di “ottimismo metafisico”, scrive Berlin; e l’idea di una “soluzione finale” è un’illusione, e anche pericolosa, in quanto se tale soluzione fosse creduta possibile, nessun prezzo sarebbe troppo alto pur di arrivarci.
Invece, per Berlin, possono essere giustificati i sacrifici per fini a breve scadenza, ma non gli olocausti in nome di fini remoti.
E, mi permetto una digressione personale, questo vale a mio avviso anche per le religioni, quando il proprio credo religioso viene inteso come Verità da trasmettere agli altri con tutti i mezzi disponibili; allora, se non frenato dallo spirito di convivenza della società civile o dalla laicità dello Stato, questo credo religioso conduce alla guerra contro le altre credenze, con le inquisizioni, le scomuniche, gli attentati, gli assassinii.
Berlin contrappone a questi dogmatismi, a queste verità assolute, un pensiero di stampo liberale che contempla il pluralismo di valori e di modelli di esistenza.
Al “Che fare?”, risponde Berlin, non c’è una risposta chiara e netta. Però i conflitti, anche se non possono essere evitati, possono essere attenuati, possono essere ridotti al minimo “promuovendo e conservando un delicato equilibrio che è costantemente minacciato e richiede costanti riparazioni.”
E’ del dogma, della verità assoluta che dobbiamo diffidare.