L’unico approdo possibile
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8 Maggio 2024Domenica prossima 5 maggio, alle ore 20.55 su Rai 3, all’interno di “Report”, sarà andato in onda (e sarà quindi visibile anche su Rai Play) il film documentario d’inchiesta “Food for profit”, realizzato dalla giornalista Giulia Innocenzi con il regista Paolo D’Ambrosi. Con lo scopo, e il chiaro risultato, di denunciare i sussidi che l’Unione europea continua a erogare per finanziare gli allevamenti intensivi, “Foor for profit” dimostra come sofferenze animali, inquinamento dell’ambiente, danni per la salute umana sono indissolubilmete legati agli enormi profitti che la grande industria alimentare consegue, spalleggiata massicciamente dalle lobby che a Bruxelles, col loro potere, condizionano pesantemente le scelte dell’Unione.
Gli autori hanno dovuto costituire una loro casa di produzione, dato che non ne trovavano di disposte a finanziare l’impresa, e stanno ora recuperando l’investimento grazie a numerose raccolte fondi, soprattutto dalo basso. Ma, contrariamente alle aspettative di tipo negativo avanzate dai più sull’utilità dell’operazione – difficoltà, appunto, nel reperire gli adeguati finanziamenti sia per la produzione, sia per la distribuzione, diffidenza del mercato cinematografico, poco coinvolgimento del grande pubblico su tematiche “sgradevoli” – e inizialmente senza una casa di distribuzione, “Food for profit” è risultato quarto nella classifica dei film più visti finora nei cinema italiani, ricevendo richieste di proiezioni da molte parti dell’Italia e da Paesi e Università straniere.
E’ poi notevole il fatto che il film documentario, che denuncia le storture non più sostenibili prodotte dalla legislazione comunitaria in tema di agricoltura e allevamento, sia stato proiettato proprio al Parlamento europeo; altre presentazioni presso istituzioni importanti sono state quelle all’Assemblea regionale siciliana, ai Consigli regionali di Lombardia, Emilia-Romagna, Liguria, ecc. A Venezia, davanti al Consiglio del Veneto, il 28 marzo scorso c’è stato un flash mob molto di effetto che ha messo in risalto i problemi comportati dalla proliferazione degli allevamenti intensivi.
Il film è anche tecnicamente ben riuscito; inoltre, le scene di crudeltà sugli animali – riprese di notte entrando di nascosto negli allevamenti – non sono molte (e purtroppo ne abbiamo viste di peggiori), e questo perché la tesi di fondo del film è che le sofferenze degli animali sono solo una delle conseguenze nefaste degli allevamenti intensivi; non devono scandalizzare di meno i dati impressionanti sui danni ambientali che tali insediamenti causano, resposasabili diretti delle morti e delle malattie che affliggono soprattutto le popolazioni residenti nei loro dintorni, ma non solo. Spesso le comunità vicine ai grandi allevamenti intensivi non hanno né la forza né il potere di opporsi agli enormi mezzi economici e di pressione di cui dispongono le grandi aziende che continuano a impiantare, anche in Italia e anche qui vicino a noi (Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna sono le regioni col più alto tasso di allevamenti, e quindi di inquinamento e danni alla salute), concentrazioni di animali veicolo oltretutto di pericolose epidemie (aviaria e peste suina su tutte).
Ma l’aspetto più sconcertante del film è costituito senz’altro dai colloqui con i politici, eletti a Bruxelles, che un lobbista riprende con una telecamera nascosta, d’accordo con gli autori del film; gli incauti rappresentanti dell’istituzione europea si abbandonano ad ammissioni e rivelazioni imbarazzanti: promettono, tra l’altro, di interessarsi a cercare finanziamenti per promuovere ricerche di genetica animale su esemplari modificati e più redditizi; emblematico il caso del maiale a sei zampe: la logica sottostante, espressa nei colloqui, è che produrre un maiale di quel tipo fornirà sei ottime cosce di prosciutto invece delle solite quattro, con un rendimento economico ben più alto.
Gli effetti concreti di queste ammissioni – poi negate, in chiaro, dai politici contattati, davanti allo stesso lobbista che si ripresenta nel loro ufficio con le registrazioni dei colloqui – sono che due degli europarlamentari coinvolti, l’italiano Paolo De Castro e la spagnola Clara Aguilera, il primo pure vicepresidente della commissione agricoltura e sviluppo rurale, non saranno ricandidati, dopo molti anni, alle Elezioni europee (e sembra che, travolti dallo scandalo, cesseranno la loro attività politica).
Per non cadere, però, nel luogo comune delle poche “mele marce”, il film documenta anche come le stesse direttive della Comunità europea siano vaghe (non esiste, ad esempio, una chiara definizione di “allevamento intensivo”, il che impedisce di sanzionare le aziende che non rispettano gli standard assegnati) e sbandierate senza un’effettiva applicazione: cosa significa, infatti, dichiarare che la “svolta verde” è un obbiettivo primario dell’Unione – come fa Ursula von der Leyen, presidente in carica della Commissione europea – quando si continuano a finanziare con centinaia di miliardi di euro proprio le forme di agricoltura e di allevamento che rendono tale svolta non più rinviabile?
Infine, il risultato del documentario d’inchiesta, anche in termini di riscontri mediatici, è stato notevole, in quanto si parla di milioni di riscontri sui social e sulle tv nazionali che ne hanno parlato; si presume pertanto che ulteriori proiezioni, segnalazioni e dibattiti aumenteranno la possibilità che sempre più persone, visto il film, si chiedano poi che cosa si trovano per pranzo nel piatto e, attraverso scelte più consapevoli, decidano se sostenere o no un’industria che produce sofferenza animale, inquinamento ambientale e danni alla salute umana, finanziata con i nostri soldi tramite l’Unione Europea.