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12 Settembre 2023Nel 1994 uscì un importante saggio di Karl Popper, Cattiva maestra televisione, in cui il filosofo metteva in evidenza i rischi che si corrono nell’esporre per lungo tempo dei ragazzi davanti alla televisione. Ciò perché la televisione manda in onda troppo spesso programmi intrisi di violenza e di sensazionalismo. A distanza di circa trent’anni, molte cose sono cambiate, e Internet, per molti aspetti, si è imposta, in pervasività e in potenzialità persuasiva, rispetto alla televisione. Questo non significa che il mezzo televisivo sia scomparso dai nostri sistemi di comunicazione. Al contrario. Con il moltiplicarsi dei talk show, in particolare di quelli politici, dove spesso si impongono figure di giornalisti dalle forti personalità, la televisione può diventare un vivaio di crescita di idee e di visioni del mondo.
Un anchorman può influenzare in maniera considerevole il proprio pubblico. In alcuni Paesi, vista la centralità di questo ruolo, si è molto attenti a monitorare e, talvolta, a censurare uscite fuori luogo o politicamente scorrette.
Non succede la stessa cosa in Italia, dove un giornalista può impunemente esprimere idee sessiste. Con tutto ciò che ne può conseguire sul piano dell’educazione e del condizionamento del pubblico.
È quanto è successo nei giorni scorsi, in occasione dell’uscita del “principe consorte” Andrea Giambruno. Un’uscita scomoda. Quasi un colpo da franco tiratore se si considera il messaggio sotteso alle sue parole. Un messaggio che avrebbe potuto nuocere seriamente al governo.
Si tratta infatti della rappresentazione verbale di una cultura che non accetta che una donna possa sentirsi libera di uscire, di lasciarsi andare e – perché no – di alzare il gomito. Sono, queste, azioni che presuppongono autodeterminazione, scelta e, in ultima istanza, potere; il potere di decidere di se stesse, il potere di scegliere e stabilire quando è il momento giusto di essere serie o di fare follie, di piangere o di gioire o di provare piacere. Il potere di decidere della propria vita.
L’ormai noto riferimento al lupo cattivo pronto ad abusare della ragazza inerme e ubriaca rappresenta una cultura purtroppo ancora diffusa nel nostro Paese. Una battuta che sembra di poco conto ma che rimpolpa quell’imprinting culturale che questo governo ha rivendicato sin dal primo giorno e che trova nell’omofobia di Vannacci, nelle crociate antiabortiste della Roccella, nelle battaglie contro le coppie omogenitoriali, il suo manifesto dichiarato senza alcuna ambiguità. Legittimare questa cultura, adducendo come scusante che “la sinistra difende chi beve e si droga”, significa tornare indietro e vanificare conquiste e diritti acquisiti.
È una cultura che ratifica l’approccio predatorio dell’uomo nei confronti della donna. È una cultura che fino a poco tempo fa non osava esprimersi e che ora riesce a giustificare financo lo stupro. È una cultura patriarcale che riduce a fatto meramente simbolico l’ascesa di una donna alla Presidenza del Consiglio. Sì, perché una donna aggressiva che mostra i muscoli, insensibile ai problemi delle minoranze, sorda al disagio dei diseredati, una donna che tace o arranca sulle esternazioni offensive di ministri e di compagni di vita, è una donna indifferente alle sorti delle altre donne. E dunque la conquista in termini di emancipazione femminile connessa al ruolo di potere acquisito è solo di facciata.
Finché questa cultura sarà legittimata, finché i mezzi di informazione contribuiranno alla sua diffusione, si vieterà alle donne di uscire da sole di sera, di bere in libertà e di indossare abiti succinti. Come se fossero, questi, atti più disdicevoli degli stupri da cui difendersi. Se la televisione è cattiva maestra, se la politica tace o non fa nulla di fronte allo scempio, occorre potenziare l’azione dei tanti buoni maestri che operano nelle nostre scuole, abbattendo stereotipi, diffondendo idee di uguaglianza, garantendo condizioni di effettiva parità. Chissà che così il patriarcato non scompaia dalle nostre vite, e con esso i suoi lupi famelici pronti a soddisfare i propri istinti primitivi su pecorelle indifese?