Stati, Regioni, Comuni europei ai ferri corti, ma la colpa è sempre dell’altro
28 Novembre 2019NO!! grazie…
2 Dicembre 2019di CRISTIAN PRADENAS SOTO , avvocato cileno ed esperto in relazioni internazionali.
Le azioni di protesta in Cile stano continuando da quasi due mesi e non ci sono segnali di una cessazione immediata delle mobilitazioni. Governo e manifestanti non trovano un punto d’incontro e la creazione di una nuova Costituzione sembra essere l’unico modo per raggiungere un accordo.
Il 18 ottobre 2019 un gruppo di studenti ha eluso i tornelli della metropolitana di Bellas Artes, nella città di Santiago del Cile, durante il quinto giorno di manifestazioni, a causa del recente rincaro di 30 pesos (circa US $ 0,04) del prezzo della metropolitana.
Nessuno avrebbe pensato che questo “aumento” sarebbe stato l’inizio del cambiamento, del risveglio come paese e dell’ascesa del più grande movimento sociale mai visto in Cile.
Saltare quel tornello prese il significato di rompere la barriera dell’ingiustizia e risvegliarsi dal letargo come cittadino; divenne il martello di centinaia di cuori che reagivano al torpore sociale permanente. “Chile despertó” (trad. Cile risvegliato) divenne lo slogan di migliaia di cileni che videro in quegli studenti l’inizio di un cambiamento, sorto dal malcontento popolare per l’evidente disparità sociale.
A livello politico e internazionale, il Cile rappresenta il paese più stabile del Sudamerica ed un esempio da seguire. L’economia é solida e stabile, le politiche pubbliche sono costanti, a beneficio della popolazione vengono prese misure e barriere fitosanitarie per proteggerne la salute. Tuttavia internamente, tra lodi e successi, si annidava il malessere sociale, nascosto e mimetizzato sotto una falsa sensazione di benessere.
I 30 pesos del rincaro dei prezzi della metropolitana di Santiago decretato il 6 ottobre 2019, hanno lasciato il posto alla rivendicazione contro tutti i mali della società cilena. Questo grido contro l’ingiustizia sociale si è manifestato come rifiuto del neoliberismo economico, il quale sistema e applicazione, vede disparità sociali in margini eccessivi.
Salute e istruzione trattate come beni di consumo; la privatizzazione di aziende che normalmente dovrebbero essere di proprietà statale, come acqua ed elettricità; il sistema pensionistico precario; il salario minimo basso nonostante il costante aumento dei panieri familiari; gli aumenti dei prezzi del carburante; ed infine innumerevoli altri elementi, hanno portato, oggi, il Cile ad essere un popolo “marciante”, in lotta per il ripristino della sua dignità e unito sotto lo slogan di un’assemblea costituente.
Per quanto riguarda le manifestazioni e le marce, stanno proseguendo dal 6 ottobre ad oggi, con reazioni sia da parte del governo che dei manifestanti. In seguito alle proteste del popolo si è vista una conseguente reazione delle forze di sicurezza e dell’ordine, la cui funzione era contenere e sciogliere raggruppamenti di centinaia di manifestanti, che per lo più marciavano pacificamente. Ciononostante, il lavoro degli agenti di polizia superò di gran lunga la funzione di sicurezza pubblica, intraprendendo l’eccesso nell’uso della forza che di conseguenza produsse una serie di violazioni dei diritti fondamentali dei cittadini. La reazione dei manifestanti non tardò ad arrivare: gravi danni alle infrastrutture pubbliche e private; incendi dolosi a strutture della metropolitana, al servizio di trasporto “red”, a segnali stradali e a società multinazionali. Con il passare dei giorni il movimento si estese al resto delle regioni del paese, diventando un movimento nazionale che vide tutto il Cile manifestare per rivendicare la dignità violata.
Vista la difficoltà di contenere il conflitto, il presidente Sebastián Piñera il 19 ottobre decretò uno stato di eccezione costituzionale e di coprifuoco. In base a questa decisione, le forze militari cilene presero possesso e controllo delle città in cui venne applicata tale risoluzione, che consistette nella limitazione di diritti fondamentali come il libero transito. Nei giorni seguenti ci furono morti, feriti e rastrellamenti.
24 morti, oltre 2.500 feriti, 232 casi di perdita o trauma oculare dovuti a pallini di gomma sparati dalle forze dell’ordine e della sicurezza, dozzine di denunce di violenza sessuale e migliaia di detenuti per aver alterato l’ordine pubblico.
Nonostante i numeri qui sopra indicati, riportati in seguito agli scontri tra manifestanti e forze armate di ordine e sicurezza, il movimento non diminuì, al contrario, il 25 ottobre venne convocata la “marcia più grande di tutte”, che riunì più di un milione e duecento persone, secondo i dati ufficiali.
Arrivati a questo punto il governo revocò la sua decisione di stabilire lo stato di eccezione costituzionale e di coprifuoco e adottò una nuova misura, ovvero, la preparazione di un’agenda sociale. Tuttavia, le manifestazioni continuano tuttora chiedendo ad alta voce le dimissioni del presidente Piñera.
Il 15 novembre, i parlamentari di tutti i settori politici e di governo, ad eccezione del partito comunista, hanno firmato il cosiddetto “accordo per la pace”, che stabilisce l’impegno a risolvere questo conflitto sociale a beneficio del Cile. Questo accordo per la pace mira alla creazione di una nuova Costituzione attraverso una convenzione costituzionale diversa dall’assemblea costituente richiesta dal popolo cileno.
Indipendentemente dal meccanismo che verrà utilizzato, i risultati che porterà diverranno una pietra miliare nella democrazia del Paese, in quanto offriranno ai cittadini la possibilità di decidere i loro principi di base, lasciando il posto a un nuovo patto sociale.
Tuttavia, il movimento sociale cileno è una realtà che non dovrebbe essere analizzata con semplicità e leggerezza. Le dimensioni di questo conflitto sociale vanno oltre la richiesta delle persone di ripristinare i diritti. È la più importante ristrutturazione sociale degli ultimi decenni in Sudamerica.
“La rivoluzione del popolo cileno” è un movimento senza leader, è l’intera comunità alla ricerca del ripristino della propria dignità, è il vero cambiamento di una politica e di un sistema economico che oggi danneggia il popolo con abusi e disparità. Il movimento sociale cileno è una pietra miliare che la storia segnerà come l’istituzione di un nuovo ordine sociale nella regione. Non sono stati i 30 pesos del rincaro del prezzo della metropolitana, ma 30 anni di politiche mal progettate che hanno pesato negativamente sui settori più sensibili della popolazione, creando non uno scontento contro una fazione politica, ma contro l’intera classe politica. È l’affermazione più importante che il popolo esercita rispetto ai precetti fondamentali e più importanti della costituzione della Repubblica del Cile: “Le persone nascono libere e uguali in dignità e diritti”.