Ucraina
20 Febbraio 2022COSTUME E MALCOSTUME La maledizione degli acronimi
20 Febbraio 2022Mi è capitato per caso di imbattermi, sfogliando con gli occhi i libri nella saletta di consultazione della VEZ di Mestre, un libro del 2019, “La guerra di Romain Gary”, di Laurent Seksik, un medico francese che ha da sempre affiancato alla sua carriera di radiologo quella di scrittore , sfiorando addirittura il Goncourt.
Questo breve romanzo è costruito letterariamente attorno alle figure di Romain Gary bambino, di sua madre e di suo padre nell’inverno del 1925, a Vilna, l’attuale Vilnius, in Lituania, nel ghetto ebraico, attraverso i movimenti, le parole, gli incontri dei tre personaggi, di cui il padre è già fuori dal nucleo familiare, intento a costruirsi una seconda vita con una giovane compagna che gli darà un altro figlio Nelle pagine del libro si insegue il desiderio di dare voce alle tre personalità così forti e distinte di questi tre esseri umani, in bilico davanti alla distruzione del ghetto in cui vivono, e che combattono la loro vita giorno dopo giorno tra ristrettezze e speranze mai sepolte.
Il giovanissimo Roman, otto anni, vive la vicinanza e l’amore totalizzante della madre, Nina, che vede svanire la speranza di vivere della sua abilità di modista, o pretendendo di vendere presunti gioielli russi preziosissimi al miglior offerente. La tenacia sovrumana con cui questa donna , in nome della sopravvivenza del figlio e con il sogno di fuggire in Francia, e di abbandonare quel mondo di fame e di miseria, tesse le sue giornate di lavoro senza sosta, tra sbalzi d’umore continui, esaltazioni e scoppi di lacrime, corse ininterrotte per la città alla caccia di qualche soldo per tenere in piedi la baracca sua e del bambino, è il rumore di fondo di tutta la vicenda, che si snoda all’interno di pochi giorni di un gelido febbraio.
Il sottofondo resta quello della vita del ghetto in cui la famiglia vive, pur in due case diverse. Ed è un sottofondo di assurda fiducia in un lieto fine, nella speranza che comunque Gerusalemme attenderà tutti coloro che avranno fede in Dio. E’ come se le vicende che li hanno già visti vittime di altri persecutori in passato non bastino ad insinuare in questi bottegai, artigiani, artisti, il dubbio che la loro sorte sarà sempre legata ad un filo.
Il capitolo finale, immaginando un colloquio , nel 1943, tra il padre di Roman, l’unico rimasto con la famiglia a Vilna, mentre Nina e Roman sono da anni ormai in Francia, e l’ufficiale nazista incaricato di mettere a ferro e a fuoco il ghetto, consegna ai lettori la certezza delle più infauste profezie degli Anni Venti. Nessuno sopravviverà, ma , nel colloquio col tedesco, Arieh, il padre di Roman, riesce a raccontare le imprese del figlio in guerra, tessendo così la trama della vita reale di Romain Gary, lo scrittore premiatissimo di “La vita davanti a sé” e “La promessa dell’alba”.
Proprio dalla descrizione delle imprese reali dello scrittore , attraverso le pagine romanzate di Seksik, si è riannodata la necessità di fare realmente luce sulla vita di Gary, attraverso quel monumento alla figura della madre, che è rappresentato dal suo premiatissimo romanzo “La promessa dell’alba”, del 1960, in cui la storia dell’autore si snoda attraverso una narrazione serrata che parte appunto da quella infanzia disperata di cui si parla nella ricostruzione di Seksik, per poi dipanarsi negli anni successivi, durante il soggiorno in Francia, con la sua prima giovinezza che si permea di tale nuova identità francese, fino a rappresentarla a vario titolo, eroicamente in guerra e, successivamente, nella veste di diplomatico.
E’ un libro teso, appassionante, che lascia spesso noi lettori increduli di fronte al legame inossidabile tra questo figlio e la madre, legame che condizionerà per sempre la visione del mondo e la relazione con le donne di Romain.
“Era certo. Ma non lo sapevo. Soltanto quando raggiunsi la quarantina cominciai a capirlo. Non è bene essere tanto amati, così giovani, così presto. Ci vengono delle cattive abitudini. Si crede che ci sia dovuto. Si crede che un amore simile esista anche altrove e che si possa ritrovare. Ci si fa affidamento. Si guarda, si spera, si aspetta. Con l’amore materno la vita ci fa all’alba una promessa che non manterrà mai. In seguito si è costretti a mangiare gli avanzi, fino alla fine. Ogni volta che una donna ci prende tra le braccia e ci stringe al cuore, si tratta solo di condoglianze. Si ritorna sempre a guaire sulla tomba della propria madre come un cane abbandonato. … Noi siamo stati alla sorgente troppo presto e abbiamo bevuto tutto. …Abbiamo fatto, alla prima luce dell’alba, uno studio approfondito dell’amore e ci siamo documentati troppo bene…passiamo il tempo aspettando ciò che abbiamo già avuto”.
Con questo messaggio potente all’inizio del libro, l’autore segna una chiave di lettura della sua vita e, in qualche modo, universale. Una chiave di lettura che, attraverso centinaia di pagine densissime, ci fa restare sempre senza fiato di fronte alla tenacia , al coraggio senza limiti di questa donna che vota la propria vita al figlio, e gli predice fin da subito tutto ciò che di eccezionale lui sarà e farà nella sua vita. E tutto ciò si rivelerà realmente profetico : Romain sarà scrittore acclamato, eroe di guerra, diplomatico in carriera per la Francia, ma sarà anche tormentato tutta la vita dal peso immenso di questo ingombrantissimo amore.
La scoperta, che il lettore farà solo nelle ultimissime pagine, delle lettere scritte dalla madre al figlio prima di morire e a lui spedite come se fosse viva durante tutta la guerra, risulta come l’ultimo grido d’amore assoluto, che gli ha permesso di rimanere vivo in mezzo alla morte di moltissimi, ma di non riuscire mai a vivere veramente, fino a togliersi la vita all’inizio degli Anni Ottanta.
Mai nessuno scrittore ha scritto nel Novecento un monumento così grande alla propria madre, mai nessuno ha pagato così a caro prezzo questo amore.
Romain Gary, La promessa dell’alba, Biblioteca Neri Pozza 2006
Laurent Seksik, La guerra di Romain Gary, Frassinelli 2019