
Pandemia di Guerra
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Schlein – Bonaccini. Distanza siderale
20 Febbraio 2023Meglio il futuro o meglio il passato? Che domanda cretina, penserà chi mi legge. Come si fa a confrontare il futuro, una cosa che non c’è ancora, con il passato, una cosa che non c’è più (quantunque…). Ebbene, qualche tempo fa ho postato, su un social arcinoto, una riflessione che non ha riscosso troppi consensi. Ho scritto un breve pensiero sul futuro. E sul passato. E sulle mie preferenze.
La politica, confessavo in quel post, non mi appassiona più tanto come un tempo. Di ragioni ne ho parecchie e credo anche buone. E ciascuno ci metta le sue, pensando a come nei decenni la politica è decaduta e diventata altra cosa da quella appassionata partecipazione alle sorti della collettività che era un tempo.
Ma c’è anche una ragione specifica e del tutto personale, e sta nel fatto che il futuro non m’interessa granché. Con una certa dose di cinismo, in quel post dicevo: che ci pensino i giovani al futuro! A me poco importa, visto che di mio non ne ho granché davanti. Per ragioni anagrafiche, infatti, per quanto a lungo io possa ancora campare, si tratta pur sempre di una quota di tempo modesta, se paragonata al tempo che ho già vissuto, essendo io della schiera di quelli che sono nati alla metà del secolo scorso.
E poi aggiungevo: a me interessa molto di più il passato. Sarà anche perché, in qualità d’individuo alquanto attempato, sono vittima di sentimenti biasimevoli quali la nostalgia, il rammarico, il rimpianto. Il che è facile che càpiti, quando – a un certo punto dell’esistenza – ci si guarda alle spalle e ci si chiede, magari: che ho fatto io di bello e di brutto nella mia vita? Che cosa ho combinato di buono o meno buono nel tempo che mi è stato concesso finora? Che ne è stato insomma di me e della mia esistenza?
Ma c’è una ragione specifica e meno sentimentale per questa mia preferenza del passato, ed è la seguente. Soltanto guardando ed indagando il passato si capisce da dove si viene e perché si è così come si è. E mi riferisco tanto alle storie personali di ciascuno di noi, quanto alla Storia collettiva. Tutto sommato, il presente non è forse frutto del passato, di tutto l’intrico e l’assommarsi e l’interferire delle vicende che sono state? O qualcuno vuole negare, in linea di principio, che il presente (dei singoli individui come delle intere collettività) sia l’effetto delle scelte (e delle non scelte) fatte in passato? Mica per nulla si studia la Storia: precisamente per questo: il presente lo comprendi se sai da dove vieni. Altrimenti il presente è una congerie di cose indifferenziate, una marmellata senza differenze tra ciò che conta e ciò che è accessorio, è un bailamme confuso e caleidoscopico di eventi in cui tutto è appiattito in un “siamo come siamo”, ma perché siamo così? Boh!
Senonché a questo punto vien fatto naturale di pensare: ma il futuro, a sua volta, che cosa mai sarà, se non la risultante e l’effetto del mondo presente com’esso veramente è (per quel tanto che si riesca a capirlo). Va bene, sì, c’è anche il libero arbitrio e le scelte (personali e collettive) che oggi si possono fare o non fare, sia pure; ma alla fin fine, diciamocelo: il futuro che verrà, sarà il prodotto di quanto di virtuoso e di erroneo c’è nell’oggi, nel nostro presente.
Pertanto, riepilogando: il futuro che verrà, beninteso, nessuno lo conosce, per definizione. A meno di non avere un calcolatore ultrapotente, capace di mettere insieme tutta la congerie delle innumerevoli cause e concause che esistono in potenza nel nostro presente: è quello che accade nella fantomatica disciplina della psicostoria, della quale si favoleggia in un famoso romanzo di Isaac Asimov. Ebbene questo futuro possibile o probabile può vederlo meglio solo chi conosce e capisce bene il presente. Ma il presente, come già detto, a sua volta lo si conosce e lo si comprende (un po’) solo studiando il passato.
In conclusione – e paradossalmente – vuoi vedere che di come sarà futuro ne capisce di più chi studia e indaga il passato, che non quelli che sono tutti protesi all’avvenire, al progresso che precipita in avanti, quelli che magari giudicano delle cariatidi passatiste coloro che si guardano indietro, che si attardano sul tempo che fu? Ah (come diceva il Poeta), l’uomo che se ne va sicuro e l’ombra sua non cura, l’ombra che gli sta alle spalle; ah, l’uomo che s’illude di veder bene solo guardando avanti!
Una recente e non ancora passata stagione di giovanilismo e di “rottamazione” altro non è stata che questo: buttar via tutto il vecchio, buttar via il bambino con l’acqua sporca. La tecnologia che ci travolge, coi suoi progressi precipitosi e accelerati, non ci lascia il tempo di capire che mondo ci si sta preparando. E non è affatto scontato che sarà un mondo migliore. La verità è che siamo ancora, ahinoi, in piena età positivistica, coi suoi miti della scienza, della tecnica e del progresso. E “delle magnifiche sorti e progressive”, come ebbe a dire il sommo Giacomo Leopardi nella sua Ginestra.