Può esistere un riformismo senza consenso?
28 Gennaio 2021CONO DI LUCE Cieli islandesi con Jon Kalman Stefansson
30 Gennaio 2021CRISI POLITICA Crisi politica, mentre scrivo non si sa come finirà. Personalmente la sto vivendo malissimo perché mi crea tensioni e incertezze, anche coi limitrofi, non solo in famiglia ma anche in famiglia e poi tra i miei collaboratori. “Renzi pessimo, Renzi eccelso, Conte bravo e serio, Conte totalmente incapace”, e cheppalle, come sempre dentro o fuori, aut aut, “o con me o contro di me” (un motto cristiano che non mi è mai piaciuto e ho sempre sperato fosse un’attribuzione esagerata dell’evangelista Luca a Gesù, un tipino che stimo). In una situazione nebulosa e a dir poco incerta, le diverse fazioni, altro non sono, hanno solo certezze. Invidio veramente questi alfieri di certezze, che le espongono come un gonfalone.
Per mia indole personalissima anche nella vita di tutti i giorni, in casa, in coda alle poste, nelle mie tre associazioni, detesto il conflitto, cerco se posso di evitarlo perchè mi fa venire il mal di mare, so che è una debolezza e me la tengo; mentre abbondano i teorici della bontà del conflitto che forgerebbe l’esistenza, fior di pedagoghi lo sostengono. In questo scenario così pesante per me da sostenere c’è chi invece ci sguazza. C’è un certo profilo umano – una casistica antropologica frequente – che appunto nelle crisi e nel conflitto ci sta benone, anzi in queste condizioni si rafforza la sua identità. Si compiace di essere diretto, esplicito, ma anche estremo e invita al disincanto e al realismo. Dice: la politica è così cari miei, in Italia come nel pianeta, non è gioco da signorine e di buoni sentimenti. Ho già citato i precedenti in altre occasioni, in una di queste ricordavo la famosa la frase del socialista Rino Formica sulla “politica sangue e merda” (http://www.luminosigiorni.it/2020/02/politica-tra-arte-nobile-e-sangue-e-merda/). In quella occasione mi permettevo di rilevare, ma con buone ragioni, quanto stride questo realismo e questo disincanto sulla politica, con certe declamazioni retoriche che si trovano altrove sulla politica come ‘arte nobile’, ‘passione disinteressata’, ‘militanza civile’.
Se c’è una cosa che questa testata ha portato avanti fin dall’inizio è la scelta della laicità come stile e come metodo. E questa situazione politica di crisi mette a dura prova un autentico spirito di laicità che è pragmatico e antiideologico. E il perché è presto detto: le crisi politiche sono ‘generaliste’ e di conseguenza poco pragmatiche. Non si basano su un singolo punto, un tema, un problema, dove un aut aut è più comprensibile e a volte inevitabile (e a pensarci bene su singoli temi ho posizioni più nette anch’io). Ma queste crisi politiche finiscono, con buona pace del post ideologico, per essere di nuovo ideologiche, nella misura in cui vi si affastellano temi a favore di un fronte o dell’altro. D’altra parte anche la ‘normale’ dialettica politica è così. Maggioranze e minoranze precostituite su tutto, dall’aborto al Mes, dalla Pedemontana alle tossicodipendenze, il sistema dei temi pro e contro è un sistema di due soli insiemi che in politica non si intersecano se non con una sola linea divisoria e non più di una, senza poter creare coppie più omogenee. E per ‘stare’ con qualcuno, perché ci tieni a una posizione che quel ‘qualcuno’ sostiene, ti devi sorbire altre posizioni di quel ‘qualcuno’ con cui non sei per niente d’accordo.
Persino la questione sulla pandemia e la polemica sulla comunità scientifica e sulle precauzioni da tenere si è giocata, il che mi lascia ancora allibito, sull’asse di una contrapposizione vagamente riconducibile alla consueta tra sinistra e destra.
‘COSA’ PER ‘COSA’ Dicevo che concentrare l’interesse e la discussione su ogni singolo ‘tema’ favorisce uno spirito di ‘laicità’ perché, se proprio ti devi schierare, ti schieri ‘hic et nunc’ su questo per passare senza patemi ad altri schieramenti l’indomani su quello, sentendoti comunque in pace con te stesso. E quelle incertezze che mi prendono su schieramenti ‘generalisti’, e che considero ‘sane’ incertezze, sono in grado di svanire su singoli temi, anche nel mio caso, e diventare convincimenti talvolta anche, non lo nego, più granitici.
Per esempio se mi si parla di opere pubbliche che riguardano la mobilità mi sento e con nettezza, su alcune ben precise opere, uno ‘sviluppista’ sfegatato, non parliamo se applicate alla nostra laguna per abbattere l’isolamento secolare di chi ci abita. Ma se mi si parla di ‘opere’ per il turismo della neve mi trasformo all’istante in un ambientalista altrettanto sfegatato. Tanto per dire, In questo caso da vero militante, a suo tempo ho appoggiato senza ‘se’ e ‘ma’ la battaglia di un verdissimo radicale e un pò talebano come Michele Boato nell’opposizione, con successo, al carosello di impianti che avrebbe dovuto devastare l’Alpago e il Cansiglio. E lo farei su tutte le Alpi. E in entrambi i casi sono ancora in grado di fornire elenchi corposi di prove a favore di posizioni così apparentemente contraddittorie.
E ancora. L’emigrazione mi suscita due posizioni contrastanti che saprei motivare entrambe con argomenti che reputo solidi, perché sono due ‘temi’ diversi e indipendenti. Da una parte sono contro lo stesso principio di clandestinità che genera gli sbarchi, appunto detti ‘clandestini’. Qualsiasi spirito liberale non può tollerare che ci siano divieti posti su questo pianeta a qualsiasi individuo, povero o ricco che sia, di andare dove decide di voler andare per N motivi, di cui non deve rendere conto, e di poter calpestare liberamente ogni centimetro quadrato della crosta terrestre. Punto (così recitano per altro tutte le dichiarazioni universali dei diritti dell’uomo, intrise di spirito liberale). E già l’idea che esista in molti casi ancora il passaporto mi innervosisce un po’. Non parliamo poi del sussistere ai nostri tempi dei confini politici e degli Stati Nazione. Dopodichè, lasciati liberi gli umani di andare dove vogliono, cambio completamente registro sul presunto dovere dell’accoglienza, dell’integrazione, che limiterei senza troppi riguardi al garantire un minimo di dignitosa sopravvivenza (quella che evidentemente chi emigra non trova a casa sua), anche attraverso la fruizione dei servizi sociali di base. Stop, ma è già molto. E senza indulgenze sociologiche sull’indigenza di chi delinque, da qualunque luogo provenga, il reato è reato, per un nigeriano come per un veneziano.
Ci siamo capiti, credo.
Sono solo esempi per dire che un’articolazione su singoli ‘temi’ ci consente quei ragionamenti più articolati e probanti che la discussione su questa crisi, per vastità e generalità di temi non consente. Invito perciò i collaboratori di LUMINOSI GIORNI a proporre questo tipo di riflessioni, su singoli temi.
I posizionamenti politici generalisti della testata, voluti o anche solo percepiti, ci sono costati cari, anche nel passato, perdendo collaboratori importanti. E anche nel presente la divisività di questa crisi, e i giudizi contrastanti sull’azione politica che l’ha provocata, ci è costata la presa di distanza dalla testata di alcuni collaboratori di qualità. Il che mi ha provocato un dispiacere non da poco soprattutto sul piano umano. L’unico posizionamento generalista che mi sentirei di appoggiare, ma non è all’ordine del giorno, è quello a favore di governi, nazionali e locali, di tipo istituzionale, che rendano compatibili le differenze al loro interno dentro ad un’azione di governo per interessi generali; e che siano rappresentati da parlamenti e consigli comunali privi di maggioranze e minoranze precostituite, che semmai votino di volta in volta con maggioranze e minoranze sempre variabili tema per tema, in cui si alza la mano il mercoledi su un tema insieme al compagno di banco, che il martedi non l’ha alzata insieme a te su un altro tema completamente diverso.
Ma, ripeto, una fantapolitica del genere non è all’ordine del giorno, né la sostanziale bipolarità dei sistemi elettorali lo consentirebbe. Amen.
E quindi torno all’esortazione di cui sopra. Valutiamo ‘cosa’ per ‘cosa’. Si sta meglio e si produce di più.