LAURA FAGARAZZI: la mia città dei prossimi 5 anni
25 Agosto 2020ANDREA ZORZI: la mia città dei prossimi 5 anni
27 Agosto 2020Luminosi Giorni, con spirito di servizio al fine di accrescere la consapevolezza per il prossimo voto alla Amministrative del Comune di Venezia, ospita una serie di interventi di personalità che riteniamo offrano spunti di riflessione per un voto ponderato e consapevole. Gli amici che hanno cortesemente offerto il loro contributo provengono da aree culturali, politiche e ideali le più diverse e offrono visioni talvolta molto confliggenti tra loro. Ma mai banali. Come Redazione ci piace pensare di poter contribuire a un confronto sereno e non fazioso sui temi che riguardano il futuro della nostra città. Alcuni degli autori scenderanno personalmente nell’agone elettorale. A loro, indistintamente, va il nostro in bocca al lupo e a tutti, candidati e no, un sentito grazie per la collaborazione.
Cinque anni, il breve tempo di un mandato comunale, possono rappresentare un periodo sufficiente a impostare le necessarie riforme di cui ha bisogno Venezia per tornare a essere una città dove l’industria del turismo è capace di coesistere con altre forme economiche, commerciali, artigianali e professionali. Non sarebbe il tempo, ciò che manca.
Se devo fare degli auspici, spero che nella futura amministrazione prevalga un nuovo senso di consapevolezza e di responsabilità verso lo straordinario patrimonio culturale che andrebbe curato e valorizzato della nostra contemporaneità, un ambiente naturalistico ricco e vario e una forma urbana che permette ancora la dimensione di una socialità vivace: gli incontri e le parole scambiate in calle, il camminare veloci o a passo lento che ci fanno vivere in una relazione continua con le altre persone, con il nostro corpo, con la bellezza della città.
Eppure questo ritmo lento, improntato alla socievolezza, che tuttavia non sottrae efficienza alle attività lavorative, negli ultimi anni è stato sempre più condizionato da quello greve del turismo dei grandi numeri, dove persino un gesto innocuo – la foto sul ponte, la sosta all’incrocio di due calli, i piedi a mollo nel canale – ripetuto migliaia di volte è diventato irritante, soffocante, intollerabile per i residenti, portati all’esasperazione da un eccesso di visitatori, anche se tra di loro solo poche migliaia sono svagati o maleducati.
Il disinteresse degli ultimi vent’anni da parte di soggetti politici ed economici verso la qualità della vita nella città lagunare ha trasformato il turismo da risorsa in una sorta di demone con cui non si riesce più a convivere.
I veneziani sono impotenti, non possono far altro che denunciare che così non va bene, che c’è bisogno di un altro turismo, più sostenibile, rispettoso, interessato ai nostri tesori artistici.
Marco D’Eramo nel suo libro Il selfie del mondo, fa notare come ci siano state epoche in cui viaggiatori inglesi e tedeschi muniti di Baedecker visitavano con impegno ogni chiesa o museo, e altre dove invece spiccava l’interesse per le infrastrutture, dai sistemi fognari ai tribunali, ai parlamenti.
Io stessa in quasi trent’anni di attività come guida ho dovuto modificare sia i programmi di visita che il modo di raccontare Venezia. Se all’inizio mi si chiedeva quadro per quadro di un museo, sempre più spesso le domande andavano sul Mose, sul moto ondoso, le navi da crociera oppure sullo stile di vita nel passato e oggi ma da un punto di vista più sociologico e antropologico.
Devo ammettere che negli ultimi anni rilevo ancora una metamorfosi, dovuta forse agli infiniti video di youtuber e influencer che condizionano la ricerca dei visitatori di esperienze uniche e talvolta bizzarre pur di riempire la propria pagina social di foto originali.
Una collega mi ha raccontato, affranta, che dopo aver spiegato per tre ore quanto sia preziosa Venezia a una coppia gentile e affabile, questa abbia fatto, più tardi, un bagno in un canale e postato le foto nei social. Sono persone che hanno soggiornato in albergo, mangiato in ristoranti locali, visitato le botteghe artigiane.
Non stiamo parlando di un nuovo turismo bipolare ma della tendenza sempre più spinta di vivere le vacanze all’insegna del divertimento.
L’allegra sbracatezza del turista contemporaneo è un fenomeno planetario, la si trova in tutte le città, dove, anche là come a Venezia, vibra la stessa indignazione e si sentono gli stessi mugugni.
Al contrario vorrei sfatare il mito negativo del turista giornaliero; è un visitatore che tante volte pranza in un locale ancora veneziano, prenota una guida o va per conto proprio in qualche museo, acquista dei bijoux di vetro o un paio di furlane. I croceristi spesso prolungano di un paio di giorni la loro vacanza per conoscere meglio la città e la laguna.
Non è quindi possibile dire quale sia il turismo migliore, non ci sono parametri che indichino il comportamento delle persone in base alle possibilità economiche, alla provenienza o al numero di giorni che rimangono a Venezia.
Certamente andrebbe incentivato il turismo congressuale e quello legato a eventi importanti come la Biennale, utilizzando le strutture logistiche già esistenti senza sottrarre ulteriori spazi alla comunità, ma credo sia necessario accettare che in questo periodo storico i comportamenti sono gli stessi in tutti i luoghi toccati dall’industria del turismo.
Per quel che riguarda l’ideale della sostenibilità, la differenza la fanno i numeri. Anche attività eco-compatibili, come un giro in bicicletta al Lido o una visita agli orti di Sant’Erasmo, diverrebbero di colpo intollerabili se grazie a un marketing mirato i partecipanti fossero migliaia.
La comunità residente non ha gli strumenti per esigere sostenibilità, rispetto e interesse per il patrimonio da parte dei visitatori; Regione e Comune possono (e devono) progettare delle campagne di comunicazione più consone al capitale di Venezia ma i programmi industriali che scelgono specifiche mete e orientano i desideri degli utenti (penso ad esempio alle rotte croceristiche, alla selezione delle città europee per i viaggiatori asiatici o statunitensi) vengono costruiti in uffici di altri continenti e hanno come metro unicamente il profitto.
La nuova giunta comunale dovrà decidere se completare la trasformazione della città lagunare in un resort turistico oppure, con uno scatto d’orgoglio, dedicarsi a sviluppare economie che si integrino con quella turistica e con le quali la città sarebbe già in sintonia: la produzione culturale, l’artigianato d’arte e quello per l’ordinaria manutenzione degli edifici storici, il diportismo, eventi di spessore internazionale.
Personalmente trovo che un’attenzione prioritaria spetterebbe all’ecosistema lagunare. Il moto ondoso causato dal traffico acqueo consuma letteralmente la sostanza di cui è fatta Venezia, distrugge le fondazioni dei palazzi, gli antichi masegni e le murature di mattoni vengono aggredite dalle infiltrazioni saline.
Nel 2019 la quantità di motoscafi e lancioni che hanno trasportato i turisti e di barche utilizzate per l’approvvigionamento della città è stata sì insostenibile per il nostro fragile ambiente e non si può ignorare l’urgenza di un compromesso sulla tipologia dei motori e sulla velocità dei natanti in laguna.
Fondamentale rimane il tema della qualità della vita dei residenti in una città tanto complessa.
Non è normale né giusto limitare i luoghi per i giochi dei bambini, impedire loro una festicciola di compleanno in campo o che gli anziani abbiano paura della folla e non escano di casa.
Non è giusto vendere i palazzi di proprietà pubblica quando esiste la possibilità della concessione; siamo solo temporanei amministratori di un bene ricevuto e da consegnare alle future generazioni.
Mi auguro che nei prossimi cinque anni ci sia un confronto tra residenti e amministrazione dove i cittadini possano presentare proposte sia sullo stretto quotidiano – la cura del verde, una panchina in più, la possibilità di sedersi su una propria seggiola fuori dalla porta – sia su questioni dove c’è bisogno di una forte intesa con i nostri rappresentanti: la concessione di spazi commerciali e abitativi da parte del Comune a canone agevolato e con contratti lunghi, politiche innovative di co-residenza e di edilizia residenziale sociale, progetti partecipati di recupero di edifici e spazi pubblici, la sospensione di ulteriori strutture ricettive e espositive.
Solo se ci sarà un nuovo equilibrio tra i diritti dei residenti della Venezia lagunare e quelli dei portatori di interessi economici come le multinazionali e i proprietari di immobili, anche l’industria del turismo sarà obbligata a confrontarsi con nuove limitazioni e, forse, adattarsi alla mutata realtà.
Chi è Cristina Gregorin: guida e scrittrice, è nata a Trieste e dal 1991 vive a Venezia. Per anni si è impegnata per la difesa del patrimonio culturale della città nell’ambito della Convenzione di Faro del Consiglio d’Europa.