Le età dell’Europa dal welfare all’incertezza
14 Giugno 2019ACCOGLIENZA E PACIFICAZIONE SOCIALE CONVENGONO
16 Giugno 2019Di solito, il voto alle elezioni europee viene considerato un voto di secondo ordine; ma questa tornata elettorale è gravida di conseguenze per la situazione politica interna, sia per la fase turbolenta che la politica sta attraversando, sia per la presenza nelle liste europee di leaders nazionali (Salvini, Berlusconi, Meloni).
In Italia alle europee hanno votato più di 27 milioni e mezzo di elettori, rispetto ai quasi 34 milioni delle politiche del 2018. Si è astenuto il 44% degli aventi diritto al voto, pari a 21 milioni e mezzo di elettori. Degli elettori che si sono recati alle urne, il 62%, secondo i sondaggi Demopolis, ha avuto in mente il contesto politico italiano.
Il paragone dei risultati dovrebbe essere svolto con le precedenti europee del 2014, ma è inevitabile il confronto con le politiche del 2018, per la velocità di cambiamento nei flussi dei voti.
Per quanto riguarda i risultati sul piano nazionale, La Lega ha la sua supremazia nelle regioni del Nord Lombardia, Veneto e Piemonte, e avanza nelle ex regioni rosse. Avanza anche Fratelli d’Italia.
Forza Italia è stata danneggiata dall’astensione e da flussi di suoi ex voti verso la Lega.
Il PD ha mostrato di essere vitale serrando le fila del popolo di sinistra, cioè beneficiando del ritorno di preferenze di quelli che precedentemente si erano astenuti o che avevano votato per gli scissionisti(LeU). Non si è avverato, se non in trascurabile parte, l’auspicio di Zingaretti di riconquistare i voti di quelli che avevano precedentemente scelto il M5S; il voto di buona parte dei delusi dei 5Stelle questa volta è andato alla Lega (il 14% circa, secondo ricerche Cise/Luiss).
Nel Centro e nel Sud Italia il M5S ha sofferto per l’astensione di parte del suo precedente elettorato (ricerca Demopolis), nelle zone di maggiore presenza.
Alle comunali, per esempio a Livorno, l’astensione dei grillini è stata notevole, (ricerche Cise/Luiss), consentendo alla sinistra di riappropriarsi dell’amministrazione comunale, dopo il ballottaggio del 9 giugno.
Popolari, socialisti e liberali hanno la maggioranza nel nuovo parlamento europeo. L’Italia è in controtendenza. Nell’ottica europea, il mandato degli elettori ai partiti vincitori, Lega e Fratelli d’Italia, è principalmente di contrattare i vincoli di bilancio e l’approccio nei riguardi del fenomeno migratorio. Vedremo quanto conterà l’Italia sovranista in ambito europeo, ma è fondata la prospettiva di una minore autorevolezza.
In conclusione, l’esito complessivo del voto europeo può essere per gli europeisti soddisfacente, nel senso che ne è uscita una maggioranza favorevole all’istituzione, in senso liberale ed ecologista.
E’ da notare che in Spagna e Danimarca c’è stato un ridimensionamento dei partiti xenofobi (o populisti, come qualcuno li ritiene) di destra, rispettivamente Vox e Partito del Popolo Danese. Si è evitato, nella campagna elettorale, che l’immigrazione diventasse discrimine nello scontro elettorale (Mieli, Corriere della Sera del 7/6/19).
Interessante è il caso della Danimarca. In Danimarca alle elezioni europee hanno fatto seguito dopo pochi giorni le elezioni per il parlamento nazionale, e quindi c’è stata una sovrapposizione delle campagne elettorali. La sinistra moderata danese ha guadagnato voti allineandosi alla destra sul fenomeno migratorio: ha propugnato la protezione dei confini, giustificando questa posizione con la necessità di mantenere il proprio poderoso stato sociale; questo ha provocato la fuga verso la sinistra alternativa dell’elettorato più favorevole all’accoglienza dei migranti, ma ha efficacemente disinnescato la carica del Partito Popolare Danese, che ha più che dimezzato i suoi voti rispetto al 2015 (ricerche Cise/Luiss).
Sarebbe possibile una simile operazione in Italia? Del resto, il ministro Minniti aveva operato una correzione di rotta nei confronti dei flussi migratori; ma non fu sostenuto, anzi fu isolato da gran parte del suo partito, e della sinistra.
Purtroppo, ed è questo il punto, la sinistra italiana ha fatto del problema migratorio una questione morale, non politica. Il discrimine è tra “buoni” e “cattivi”, e questo le impedisce di formulare una politica più articolata, possibilista, in conclusione più attenta alle richieste dei cittadini di controllo e gestione del fenomeno migratorio. Si è cacciata in un cul-de-sac, da cui è estremamente difficile uscire.