FUTURO POST ELEZIONI Il voto: considerazioni a margine
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15 Ottobre 2022Di LORENZO COLOVINI (Responsabile comunicazione Azione Venezia Metropolitana) e FRANCO VIANELLO MORO (Coordinatore per il Comune di Venezia di Italia Viva). Questa testata, per salvaguardare la sua cifra di rispetto per la libertà di pensiero degli autori e dei collaboratori, intende mantenere il suo carattere di terzietà rispetto ai partiti politici. Tuttavia, in più articoli si è espresso l’auspicio che si costituisse nel panorama politico italiano un partito realmente riformista e la convinzione che l’ossatura di questo potesse essere rappresentata dalla lista Azione/Italia Viva. Lo chiamiamo “riformista” per brevità e rimandiamo, per un preciso profilo delle caratteristiche qualificanti di tale partito, a questo intervento scritto prima delle elezioni (https://www.luminosigiorni.it/2022/07/e-basta-parlare-di-centro/) e che idealmente ne costituisce il manifesto.
L’esito delle elezioni ha certificato che questa possibilità, questo approdo, esiste. È ancora in nuce, non ha fatto sfracelli, anche perché penalizzato dalla narrazione del “voto utile”, ma ha raggiunto una dimensione (la minima necessaria) per costituire una forza credibilmente aggregativa e attrattiva. Insomma, per essere un interlocutore in campo con cui fare i conti. Non era affatto scontato. Anzi, la proposta era stata accompagnata dallo scetticismo, quando non dal dileggio, di molti. Con due refrain particolarmente petulanti: quello dei sostenitori del bipolarismo (o di qua o di là), ignari che in Italia non è possibile dividere l’opinione pubblica in due fazioni (se non al costo di mettere in piedi accozzaglie incapaci di darsi una linea coerente di governo) e quello di coloro che derubricavano l’operazione a un posizionamento centrista, ovvero opportunista e pronto a vendersi al miglior offerente. Pesava inoltre, da questo punto di vista, la serie di sostanziali fallimenti di precedenti tentativi, per esempio Scelta Civica (filiazione del Governo Monti del 2011/12) che si era sciolta come neve al sole dopo un discreto risultato elettorale.
Siamo fiduciosi che questa volta non andrà così: la proposta politica di Calenda e Renzi non ha il profilo di una semplice trovata elettorale ma è il frutto della convinzione di due forze politiche che, tramite percorsi diversi, hanno constatato che c’è un disperato bisogno in Italia di un attore che faccia politica in modo responsabile, sui temi, che affronti di petto gli atavici problemi del Paese che da decenni ne impediscono lo sviluppo, ne hanno ingessato l’ascensore sociale, ne hanno fatto terreno di sconto per consorterie e poteri (in questo senso la sua impronta “riformista”).
Ora però si tratta di non dormire sugli allori e dare attuazione a quanto più volte dichiarato da tutto il gruppo dirigente del nascente Partito: il voto del 25 settembre non è un punto di arrivo bensì il primo passo di un percorso molto ambizioso che si ponga come riferimento ai molti cittadini che non si riconoscono né nella destra oggi – anzi domani – al potere, né in un PD che ha ampiamente dimostrato di non poter o voler essere il partito riformista di cui sopra.
Ci permettiamo allora di fornire idealmente dei consigli non richiesti alle dirigenze di questa nascente avventura.
Primo: fondare al più presto il nuovo partito unico, stringendo i tempi di una eventuale fase intermedia federativa tra Azione e Italia Viva, che potrebbe avere l’unico scopo di riuscire velocemente ad aggregare anche altre realtà politiche, associative, vere espressioni della società civile. È un processo certo non semplicissimo, essendo entrambe strutturate solidamente sul territorio e c’è dunque da sconvolgere due organizzazioni per farne nascere una nuova, ma oltremodo utile a dare immediata visibilità e percezione di un solo soggetto, unito e coeso. Ci permettiamo modestamente di notare che, come sperimentato nella campagna elettorale, la fusione sul territorio sarà percepita come assolutamente naturale. L’elettorato, il sentire, i valori e le ambizioni dei sostenitori di Italia Viva e Azione sono assolutamente sovrapponibili. E in moltissimi casi hanno frequentazioni e storie politiche comuni. Non c’è insomma un solo motivo politico che giustifichi la permanenza di due strutture separate ancorché, ovviamente, alleate.
Secondo: allargare il perimetro. Pensiamo innanzitutto ai quasi 800.000 cittadini che hanno votato +Europa, già alleata/federata con Azione. Non entriamo nei dettagli della spiacevolissima rottura, ma resta il dato politico è che chi ha votato per +Europa è oggettivamente contiguo, per valori, atteggiamento verso la politica e la società al “popolo” del Terzo Polo. Ma in generale, il partito deve essere capace di attrarre e coinvolgere i molti cittadini che si ritrovano in un’idea di società aperta, democratica, sanamente competitiva e solidale. Un’Italia “laica”, pragmatica che non ragiona per schemi ideologici, di contrapposizione al “nemico”. È un’Italia, a nostro parere, molto più presente e diffusa di quanto appaia ma che non ha mai trovato l’occasione di affidarsi a un progetto politico che la rappresentasse. Compito del nascente partito dovrà precisamente essere dare voce a questa Italia silente, delusa ma non disarmata, che ogni mattina alza una saracinesca, apre le porte di un’azienda, accende il PC, apre lo studio, legge (e magari scrive) un libro, prepara un esame o entra in un’aula di scuola o in una corsia d’ospedale. Insomma, un’Italia che lavora, che fatica, che tocca con mano le inefficienze, le mancanze di questo Paese e la distanza siderale dei dibattiti politici dal loro quotidiano.
Terzo: comunicazione e immagine. Gli istituti specializzati nelle analisi post voto sono concordi nella profilazione dell’elettorato del Terzo Polo: 1) siamo largamente il partito con più incidenza di laureati; 2) le percentuali nei grandi centri e in generale nei capoluoghi sono nettamente superiori che in provincia; 3) siamo molto (ma molto…) più apprezzati al centro nord che al sud (con l’ottima eccezione della Basilicata, grazie alla scelta del candidato locale giusto); 4) siamo di gran lunga il partito con più incidenza di giovanissimi elettori.
L’ultimo elemento è un dato positivo senza se e senza ma, gli altri fanno pensare. Soprattutto i primi due, dimostrano che il Terzo Polo è percepito come un po’ elitario. Diciamolo, è quasi fisiologico: la forza della sua proposta politica è di carattere razionale, informata, consapevole, non di pancia e quindi non immediata e necessita di una scelta più ragionata e soppesata da parte dell’elettore. Molto più facile prendere voti scatenando paure o voglie di rivalsa contro un nemico (che siano gli immigrati, i fascisti, gli inquinatori del pianeta non importa), oppure promettendo soldi a pioggia senza fatica. Che non è proprio la cifra stilistica del Terzo Polo. Insomma, rischiamo di essere percepiti – è già accaduto al PD – come il “partito della ZTL” ( il riferimento è a un elettorato ricco e abbiente che può permettersi di abitare nei centri storici e nei quartieri ricchi cttadini). Ma è proprio il confronto col PD la chiave per argomentare che non siamo affatto un partito elitario e “pariolino”.
Si può fare l’esempio della scuola, su cui su LG siamo già intervenuti (vedasi https://www.luminosigiorni.it/2022/09/scuola-lultimo-dei-pensieri-dei-politici/), per ribaltare questa immagine. Perchè non è certo da partito della ZTL pensare, come Azione/Italia Viva, che il problema della scuola sia aver abbassato negli anni l’asticella delle aspettative, venendo meno di fatto alla sua funzione di favorire l’ascensore sociale. Mentre lo è, come appunto da programma elettorale del PD, pensare che il problema della scuola sia solo erogare bonus per l’acquisto o il finanziamento di beni in qualche modo frivoli e comunque non prioritari. E ancora: non è, per esempio, da partito della ZTL pensare ad aree di crisi sociale complessa dove implementare azioni mirate con task force ad hoc, e il riferimento è sempre ad un altro spunto programmatico di Azione/Italia Viva.
Si potrebbe continuare, ma il punto chiave della questione è che immaginare riforme, efficienza, attenzione all’energia, agli obiettivi ambientali da perseguire davvero (e quindi porsi il problema, per esempio che le rinnovabili non sono in funzione 24h per 365 giorni all’anno), alla Sanità pubblica e a tutte le questioni che in questo Paese si sono incancrenite è esattamente pensare agli ultimi; a quelli che faticano ad arrivare a fine mese, a quelli che non fanno figli perché non vedono un futuro… In altre parole, è pensare al buon governo delle cose pratiche, senza baloccarsi e soprattutto caratterizzarsi unicamente su temi, certo importantissimi (diritti, cultura… ambientalismo chic), ma che hanno priorità solo per ceti che se lo possono permettere, perché non afflitti da preoccupazioni più primarie, come sbarcare il lunario.
È un punto dirimente: il Terzo Polo NON È (e quindi non deve essere percepito come tale) il partito dei ricchi e dei privilegiati. Al contrario è il partito di tutti (e pure il partito del sud perché è quello che ha più da guadagnare da un cambio di passo della società). Si potrebbe altresì dire che è il partito dei poveri più di tutti gli altri proprio perché è quello che ha più a cuore la loro emancipazione e la riattivazione della mobilità sociale verticale. Della distribuzione della ricchezza che deriva dal merito, dal lavoro e dalla produttività. Non approccia le classi sociali in sofferenza con una visione pauperista, assistenzialista e statalista, né le blandisce suscitando paure, intolleranze per il “diverso” e facendo intravedere inesistenti soluzioni “facili” ai loro problemi individuando un nemico esterno.
Sta alla strategia comunicativa che si metterà in piedi veicolare questo messaggio.
Chiudiamo con una considerazione sulla strategia di medio termine e sulla collocazione del nascente Terzo Polo. Su questo punto pende l’obiezione (talvolta un po’ “pelosa”) che siamo piccoli, irrilevanti che da soli non tocchiamo palla. È una lettura sterile per il semplice fatto che, stante la solidità della maggioranza (che difficilmente imploderà da sola), tutte le altre forze di opposizione faranno appunto opposizione.
Che la si faccia con 30, con 50 o con 100 parlamentari conta poco. Conterà molto di più la qualità dell’opposizione. E da questo punto di vista si vedrà chi ha più filo da tessere.
Ma soprattutto perché questo è un partito che può e deve crescere e aggregare e poi cercare alleanze sulla base dei rapporti di forza e delle posizioni. Costruire una visione e una posizione e poi eventualmente cercare alleanze e compromessi. Con chi ci sta. Chiaro, un interlocutore possibile, forse addirittura privilegiato, non può non essere il PD (o meglio cosa sarà del PD nel futuro prossimo venturo). Non entriamo nella difficile evoluzione di quel partito, per rispetto e per pudore… Il tempo dirà verso chi o verso cosa cercare sponde e in che forme. Per ora non c’è alcuna fretta. Pensiamo a creare un approdo per tutti i riformisti senza condizionamenti.