MA SERVE ANCORA UN PD COSI’?
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29 Novembre 2017Nell’Europa di oggi merita attenzione, il tema della Rete delle Corti Supreme.
Infatti, in un contesto, caratterizzato da profili di complessità e talvolta da sovrapposizioni, può dirsi ormai che le Corti nazionali ed europee svolgono un ruolo di cooperazione e integrazione reciproca, ponendosi come veri e propri coprotagonisti dello stesso processo, piuttosto che come soggetti dialoganti che muovono dalle proprie particolari prospettive cercando una difficile intesa.
L’eccezionalità e l’urgenza dei temi spinge il dialogo tra giudici per raggiungere una tutela integrata ed effettiva dei diritti fondamentali a prescindere dal loro fondamento nazionale, o europeo, così superando ogni prospettiva particolaristica e competitiva.
Le questioni più urgenti connesse alla tutela dei diritti fondamentali sono molte, basti pensare al panorama dei diritti in gioco: fine vita e “diritto costituzionale di rifiutare le cure”, con riferimento all’organizzazione del servizio sanitario; diritto alla istruzione, nell’ambito del servizio scolastico, in relazione alla assegnazione di ore di sostegno ad alunno disabile in assenza di una adeguata programmazione; libertà di coscienza e religione, a proposito della esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche; diritto alla salute, in relazione alla localizzazione di una discarica o di un elettrodotto; del diritto alla vita familiare in materia di diniego o revoca di concessione di permessi di soggiorno per cittadini extracomunitari, ecc.
Si tratta, in tutti questi casi, di diritti fondamentali, originariamente di fonte costituzionale ma per lo più tutelati oggi anche a livello sovranazionale, tanto che alcuni dei temi citati sono stati oggetto di sentenze da parte delle Corti europee, producendo per l’appunto proficui esempi di dialettica e di confronto tra le varie giurisdizioni coinvolte.
Nel concreto tentativo di rispondere a questo articolato intreccio di interessi e di poteri di controllo giurisdizionali, l’orientamento delle Corti europee è complesso e ambizioso.
Infatti, pur tendendo ad una generale armonizzazione, non intendono eliminare gli ambiti di autonomia delle Corti nazionali.
La stessa Corte di giustizia UE in relazione ad una vicenda avente ad oggetto il trattenimento di un richiedente asilo, essa ha attribuito ai giudici nazionali il compito non solo di verificare che detti diritti siano rispettati dal proprio Stato ma anche da parte di un altro Stato membro, come può accadere proprio nell’ambito del trattamento delle domande di asilo.
Il riferimento riguarda le decisioni assunte in merito all’applicazione del regolamento Dublino nelle quali, sia la CEDU, sia la CGUE hanno ritenuto, in due sentenze del 2011, che le carenze sistemiche nella procedura di asilo e nelle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo nello Stato membro competente integrassero un trattamento inumano e degradante contrario all’articolo 3 CEDU o all’articolo 4 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, cosicché l’autorità richiesta aveva l’obbligo di evitare il rinvio di un richiedente asilo nello Stato di primo ingresso, nella fattispecie la Grecia.
Ora, al di là delle implicazioni pratiche che queste sentenze possono aver prodotto, di cui ho già scritto in un precedente articolo, riferito specificatamente al tema del diritto di asilo, non si può non giudicare positivamente il tentativo dei giudici europei di costruire, insieme ai giudici nazionali, una prospettiva giuridica comune a partire dalla tutela dei diritti fondamentali.