Pace, guerra tra etica e realismo
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7 Febbraio 2024Ho letto con rispettosa attenzione le considerazioni di Carlo Alberto Bolpin https://www.luminosigiorni.it/cultura/pace-guerra-tra-etica-e-realismo/ in risposta all’editoriale di Carlo Rubini. Dico subito che esprime una posizione di fondo sulla quale sono in RADICALE disaccordo. Il fatto che io e Bolpin la pensiamo molto diversamente ovviamente non interessa a nessuno; tuttavia, l’autorevole cofondatore di Esodo espone argomentazioni che riecheggiano quelle che, con diverse varianti, circolano in molti ambienti e tra diverse forze politiche, più o meno sottotraccia (e spesso non con l’idealismo cristallino e sincero di un intellettuale di prim’ordine quale è Bolpin). Ha dunque forse interesse generale entrare rispettosamente nel merito. Perché ci sono degli aspetti che credo sia utile esplicitare con chiarezza a costo, e chiedo scusa in anticipo, di una ruvida franchezza. (NdR: quanto in corsivo, nel seguito, è una citazione dell’articolo cui rispondo).
Veniamo dunque al merito. Prima questione: si può legittimamente assumere una postura di assoluto e radicale irenismo, secondo la quale la guerra è sempre da evitare perché le sofferenze e le atrocità che questa inevitabilmente comporta non hanno in nessun caso una contropartita accettabile. In altre parole, è sempre meglio, anche di fronte alla prepotenza e all’atto di forza, anche a fronte di rinunce ideali, economiche e alle peggiori nequizie, chinare la testa e assoggettarsi.
Oppure considerare che sia ammissibile una negoziazione. Ora, il concetto stesso di negoziazione implica due possibili esiti: che si arrivi o non si arrivi a un’intesa di compromesso (altrimenti non si tratterebbe di negoziazione, bensì di un dettare unilateralmente le condizioni). Si deve pertanto ammettere che la guerra è un’opzione teoricamente concepibile, che certo si deve fare il possibile (e anche qualcosa di più) per perseguire la pace consapevoli però che può non essere un obiettivo raggiungibile. Se non altro per la banale considerazione che, se una delle parti sa in partenza che l’altra come extrema ratio non contempla la legittima difesa ma la “resistenza non violenta”, semplicemente non si “negozia” un bel niente.
Le due opzioni, o resa incondizionata / resistenza non violenta o negoziazione, sono evidentemente alternative e si escludono mutuamente. Sembra invece che Bolpin non sappia decidersi su quale preferire. Perché, da alcuni passaggi, pare evincersi che sia del primo avviso (“si poteva sostenere la resistenza non violenta come fatto ad esempio in Polonia, attraverso forme di organizzazione culturale e sociale”; “Forse sarebbe stato necessario più tempo dei lunghi e terribili anni che si prevedono ancora, ma certo con meno morti, distruzioni, costi in termini umani, ambientali, economici”) ma, e qui la prima contraddizione, allo stesso tempo obietta che nel caso dell’Ucraina (e, si capisce facilmente, in tutti gli altri casi) c’era la possibilità di evitare la guerra tramite la negoziazione (“la pace invece è la ricerca dell’accordo per il male minore o per il maggior bene possibile, il perseguimento della negoziazione e del compromesso possibile”).
Ma più significativa è la convinzione dello stimato commentatore che, nell’ambito dell’”opzione negoziale”, non si è raggiunto l’obiettivo perché la parte occidentale non ha voluto raggiungerlo (non può essere un alibi non aver fatto alcuna preparazione al negoziato e alla difesa nonviolenta, e anzi aver contrastato gli accordi possibili ed essersi preparati solo all’uso delle armi; Si può e si deve invece convenire su regole che cerchino di dare ordine alle contraddizioni e di trovare soluzioni razionali e condivise ai conflitti presenti nella complessità). Sarei davvero curioso che fossero dettagliati “gli accordi possibili” e quando questi sono stati contrastati e quali fossero le “soluzioni razionali e condivise ai conflitti presenti nella complessità”. Ma li ha mai sentiti parlare, Bolpin, i vari Putin, Petrov, Loseva, Medveded? Ha sentito il delirio sul governo di froci e di nazisti, le minacce grevi e bellicose, la somma ipocrisia di chiamare l’aggressione “operazione militare speciale”?
Si, sicuramente li ha sentiti. Eppure.. è l’Occidente che è brutto e cattivo (non credo serva ricordare l’elenco dei crimini contro le persone e i popoli compiuti da Usa e da Stati europei ex coloniali, che, constatiamo, vengono “cacciati” dalla maggior parte del mondo) e per di più stolto (l’Ucraina poteva ricorrere anni prima alle procedure previste dall’ONU e all’intervento dell’Europa per avere la garanzia di non essere attaccata, promuovendo proposte anche di mediazione alta).
Ebbene, la fiducia “sulle procedure previste dall’ONU” non si concilia col fatto che, per esplicita ammissione di Bolpin, l’ONU non funziona. Naturalmente (non ci risparmiamo alcuna autoafflizione..) per colpa nostra (Non possiamo avere l’alibi che anche le altre potenze operano contro il diritto e contro il potere sovranazionale dell’ONU, quando noi lo delegittimiamo di continuo). A parte l’incongruenza, a me pare che si operi una radicale rimozione dei fatti. Realtà dei fatti che dice che siamo di fronte, e non da parte dell’occidente, di una politica imperiale e che il comportamento della Russia risponde a una volontà precisa, tesa a combattere la nostra civiltà, e con questa proprio i diritti tanto evocati da Bolpin come universali e non disponibili. Questo naturalmente non assolve l’Occidente dalle sue responsabilità del passato, anche recente, ma non si può non vedere che in quest’epoca il mondo vede entrare in scena protagonisti tutti interessati a vario titolo proprio a mettere in discussione non solo la primazia politica, militare ed economica dell’Occidente (che sarebbe legittimo) ma precisamente il sistema di valori che, pur attraverso una storia tribolata e piena di contraddizioni, esso rappresenta (in primis la democrazia).
E qui veniamo all’ulteriore incongruenza sempre naturalmente a parere di chi scrive. Bolpin nel suo scritto è prodigo di richiami a valori assoluti e universali profondamente europei che egli stesso rivendica come tali (ogni azione deve essere sottoposta al logos, al diritto, alla pietas, ai principi socratici e kantiani che hanno fondato il processo di civilizzazione partito dall’Europa). Valori che, per come il nostro stesso modo di pensare funziona, o sono universali o “non sono” (si legga https://www.luminosigiorni.it/cultura/diritti-universali-o-non-diritti/). È proprio l’essenza del “Io Penso universale” dell’amato Kant. Ebbene, quei valori non sono affatto condivisi da (quasi) tutte le potenze antagoniste con le quali si dovrebbe negoziare. Per esempio, il diritto alla vita, per Putin (visto per esempio il massacro a cui ha condannato molti suoi sudditi) sembra che non abbia tutto questo valore. Però con questi si doveva (e soprattutto poteva..) trovare il modo di una negoziazione che cambi positivamente anche i rapporti con il ‘nemico’, che non umili le diverse parti, che valorizzi la fiducia e la cooperazione per la comune costruzione migliore, anche in tempi lunghi. Con “questi” (vedasi foto)
si deve sviluppare la fiducia e la cooperazione? Insomma, la contraddizione è auspicare che si regolino i rapporti tra gli stati sulla base di principi e valori che sono “nostri”, pretendendone l’universalità, (riusciranno i popoli europei a riprendere l’origine, la propria identità unica nella storia del mondo?) e contemporaneamente rimproverare (nella sostanza) il mondo occidentale di arroganza.
Infine: Bolpin fa un ritratto impietoso dello stato di integrazione europea (con il quale concordo solo in parte: vero che l’integrazione è largamente incompleta ma non si possono non vedere gli enormi passi avanti comunque compiuti). Concordo in ogni caso sul paventare il rischio concreto di essere sempre più marginali e privi di progetto. Ma quando si duole che la UE si pensa in senso difensivo, come fortezza chiusa, che ha perso anche credibilità etica e culturale presso gli altri popoli e anche all’interno, lamenta esattamente una perdita di peso (etico e culturale appunto). Però a questo punto siamo di fronte all’ennesima contraddizione: forse che il rimedio, la ricetta per acquisire peso, è quella di autocontestare la propria legittimità? Il modo per sostenere i diritti (che giustamente consideriamo universali) è dire “prego si accomodi” e fare solo resistenza passiva? E soprattutto, all’interno dell’Europa chi è che ha un atteggiamento più prono alle richieste di Putin (per rimanere al caso di specie): le nazioni che si pensano come fortezza chiusa (che guarda caso sono contro l’appoggio militare all’Ucraina) o quelle che, con molti sforzi e contraddizioni, cercano appunto di tenere il punto su questioni valoriali?
Mi pare che la risposta di Bolpin (che invero mi sembra un po’ sbrigativa) sia che ricorrere a “valori” serve a ridurre la complessità della realtà e il dibattito pubblico. Mi permetto di dire delle due l’una: o i valori sono universali o.. “teniamo conto delle complessità”..