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A Venezia nel massimo campionato, oltre alla mitica Reyer che giocava alla Misericordia, c’era anche la Junghans, squadra aziendale della Giudecca che si batteva in vibranti derby stracittadini con la più blasonata squadra granata di Cannaregio su un campo in cemento e tribune in legno. Tutto rigorosamente sotto al sole o alla pioggia.
Oggi giocare all’aperto è impensabile anche per la Serie D e a scendere.
Giocoforza, quindi, avere un impianto sportivo adeguato al livello in cui si milita e capiente quanto basta per contenere migliaia di sostenitori quanti sono, nello specifico, gli spettatori della Reyer pluricampione d’Italia e tra le migliori formazioni europee.
Ritornare a parlare, in questi tempi di pandemia di nuovo palasport potrebbe sembrare assurdità, ma guardando in proiezione nemmeno tanto futura ci si accorge che avere un palasport molto capiente potrebbe essere un’ulteriore risorsa. Perchè, con il distanziamento sociale che chissà per quanto tempo continuerà, si abbasseranno di parecchio le disponibilità di posti e il vecchio impianto del Taliercio difficilmente arriverebbe a poter ospitare più di 2.000 spettatori. Una miseria in rapporto alla potenzialità di pubblico e di interesse che potrebbe avere la Reyer, lanciata sempre più in alto (attualmente i tesserati Reyer sono 4.800 tra abbonamento classico e fidelity card a cui si aggiungono i biglietti di giornata).
Ed ecco che rientra prepotentemente la necessità di procedere verso il nuovo palasport quando c’è già l’approvazione del Consiglio Comunale nelle linee di interesse, primo passo del lungo percorso autorizzativo, poi temporaneamente assopitosi per svariate ragioni.
Porta di Venezia, società in Holding Umana, intende costruire il palasport in località Pili, alla testa del Ponte della Libertà che congiunge la Terraferma alla Venezia insulare. Localizzazione di congiunzione ideologicamente di forte significato tra la città di mare e la sua sponda “continentale”. E di fondamentale recupero di dignità e visibilità per un posto sempre trascurato e impresentabile e con il vantaggio di poterci accedere sia per terra che per acqua anche con vaporetti diretti da e per il Centro Storico.
Ma c’è di più e di fondamentale importanza pratico/economica: il terreno è di proprietà della holding che comprende sia Porta di Venezia che la Società Sportiva Reyer, il tutto riconducibile al patron Luigi Brugnaro. In sostanza si eviterebbe di sostenere gli ingenti costi di acquisto del terreno, se posto altrove.
Gli ostacoli?
Innanzitutto le bonifiche del terreno lasciato particolarmente e pericolosamente inquinato dalla precedente proprietà e, in secondo luogo, da alcune linee di osservazione che rilevano un possibile conflitto di interessi nel Sindaco e Patron Reyer/Umana.
Per quanto riguarda le bonifiche, doveroso e impossibile non farle, la Holding ha già incassato una sentenza favorevole del TAR che riconosce che i costi delle bonifiche devono essere a carico di chi ha inquinato e non di chi ha acquistato, in seguito, i terreni. Da aggiungere che molte fonti sostengono che tali fondi di risarcimento siano già stati corrisposti allo Stato da parte di Montedison e poi dispersi/dirottati in altri meandri del bilancio nazionale. In ogni caso la Holding si è già dichiarata disposta ad anticipare il costo delle bonifiche, in attesa del recupero dei già citati fondi.
Ritornando alla localizzazione, chi ha criticato i Pili ha messo in evidenza che l’opposizione non è nei confronti della costruzione del nuovo palasport (che, anzi, è auspicabile) ma che il nuovo palazzo può essere facilmente e velocemente costruito nella zona prevista per il nuovo stadio di Tessera. Si è anche affacciata l’idea di recuperare il quasi mai utilizzato PalaExpo (in prossimità dei Pili). Ma una analisi ha evidenziato come il PalaExpo sia strutturalmente inadatto per il basket (ci sono colonne all’interno dell’ipotetico campo di gioco), senza contare che non potrebbe contenere più di 5.000 spettatori appiccicati e infine tale manufatto è caduto nei meandri delle procedure giudiziarie a seguito del fallimento e chissà per quanto tempo rimarrà giuridicamente intoccabile.
La localizzazione Tessera, invece, ha altri e insormontabili problemi.
Come noto i nuovi grandi impianti sportivi devono essere di proprietà delle società sportive che li utilizzeranno, spese a loro carico ed escluso qualsiasi intervento finanziario pubblico. In cambio, e al fine di poter sostenere i successivi rilevanti costi di gestione e funzionamento degli impianti, la legge consente di poter edificare albergo e residence funzionali allo scopo, oltre a retail commerciali pertinenti (non centri commerciali, tra l’altro oggi in crisi), di intrattenimento e bar e ristorazione.
Chiaro che, nel caso di Tessera nel progetto stadio per il calcio c’è già (ancorchè ancora in embrione) una assegnazione di carattere alberghiero/commerciale. E due attività collaterali nello stesso luogo (stadio+palasport) sarebbe impossibile farne.
Altro problema sarebbe dovuto ai costi dei terreni. Secondo varie fonti, il discorso stadio si sarebbe parzialmente arenato davanti ai costi rilevantissimi dei terreni (per la maggior parte di proprietà Casinò, e in minor parte di proprietà privata). Il Palasport a Tessera avrebbe un costo improbo (costo terreni, costo edificazione, costi di urbanizzazione) se rapportato anche al fatto che non potrebbe fruire di alcun successivo rientro economico per sostenere il funzionamento nel tempo. Questa del Palasport a Tessera sarebbe, quindi, un’operazione economicamente insostenibile.
Come insostenibile sarebbe, comunque, l’operazione economica ai Pili se non potesse fruire delle agevolazioni collaterali autorizzate dalla legge e già ipotizzate dalla Holding Umana/Porta di Venezia.
In sostanza, sembra ci siano poche via di uscita. O si riesce a dare dignità alla barena inquinata ai Pili o gli sportivi (e non solo loro) dovranno rassegnarsi a continuare a battersi per cercare di trovare un angusto posto nel vecchio miniTaliercio riponendo ogni sogno di rilevanza sportiva. Quando sognare, democraticamente, non ha ancora un costo.