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7 Maggio 2024Passato il momento dei commenti a caldo, vale la pena tornare sulle elezioni in Basilicata. La solita premessa: i segnali vanno presi con le pinze, sono elezioni regionali e per di più di una piccola regione. Però, è anche una regione poco “deformata” da liste locali come per esempio accade in Sardegna, non è una regione “feudo” della destra o della sinistra e molti dei votanti, residenti in Basilicata, in realtà vivono al nord e quindi votano con una logica più “nazionale” che locale. Quindi, è ragionevole tentare qualche considerazione generale.
Prima considerazione: chi parla di trionfo della destra e Caporetto per la sinistra esagera. E di molto. Per il fatto banale che i voti dell’abortito terzo polo, Azione + Orgoglio Lucano (= IV) (da qui in poi collettivamente indicati come Terzo Polo) sono stati determinanti. Bastava che uno solo dei due votasse dall’altra parte e si andava in pari (nonostante, si badi bene, il pasticcio nella scelta del candidato di centrosinistra). Né fa notizia il risultato del M5S, assolutamente in linea con Abruzzo (7%) e Sardegna (7,8), ormai è palese che quello valgono nelle Amministrative. Direi che neppure il risultato moscio della Lega è una notizia (per loro) così ferale: che la Lega, in chiara crisi di consensi, resti aggrappata al 7,7% in una regione del sud è semmai un brodino di consolazione (mi resta il dubbio come un lucano possa votare Lega ma del resto per me è un mistero come in tutta Italia ci sia qualcuno che dà il suo consenso a Salvini, ma questo è un altro discorso..). Insomma, c’è poco di epocale.
L’unico elemento davvero originale dei risultati è il clamoroso successo dell’area del Terzo Polo, che prende il 14,64%. Okay, c’è l’effetto ras locale di Pittella, che certo conta molto ma questo spiegherebbe la buona performance di Azione, non anche quella di IV. Non solo: questo risultato non è stato fatto andando a prendere voti a FI, vecchio sogno di allargarsi verso destra sempre vellicato. FI invece gode di ottima salute (attenzione però che dentro l’ottimo 13% c’è anche Noi Moderati che almeno il 2,5% vale..) e anzi, come pura ipotesi di scuola (secondo me politicamente non praticabile), tutti i voti “moderati” insieme sfiorerebbero il 30%.
Ora, la domanda è: il Terzo Polo è andato così bene 1) nonostante abbia sostenuto il candidato di centrodestra? o 2) perché ha sostenuto lo stesso candidato? o 3) né l’uno né l’altro: è andato bene per forza propria.
Probabilmente la verità sta in un mix di tutte e tre le risposte. Una ipotesi generale però mi viene da considerare: esiste un mondo di elettori moderati che tendenzialmente vota centrosinistra ma che, se posta di fronte alla prospettiva di ritrovarsi in una banda che suona uno spartito scritto da Alleanza Verdi Sinistra e dai pentastellati, proprio non ce la fa. E che dunque, se l’altro campo propone una candidatura “potabile” (come sembrerebbe essere stato questo Bardi), vota col centrodestra. Peraltro, votando per un candidato competitivo, guadagna in consensi perché votare per un terzo candidato che non ha chance di elezione è oggettivamente un elemento deterrente. Il corollario di questo assunto è che non è vero, come si è dato per scontato in passato, che ci sia un perimetro preciso e ristretto nei moderati per cui se il Terzo Polo avesse voluto guadagnare voti avrebbe dovuto “rubarli” a FI. Sembrerebbe che al contrario FI abbia capacità di prendere voti alla Lega (e qui è un travaso nello stesso perimetro) e il Terzo Polo di prendere voti a sinistra. Ma, e qui la cosa più interessante, con una capacità di attrazione tale per cui è capace di portarli “dall’una o dall’altra parte” quindi con un peso strategico potenzialmente piuttosto significativo.
Se tutto questo è vero, il futuro del centro politico è tutto da scrivere. Con pochi spazi a destra: in quel recinto in qualche modo FDI e FI presidiano l’area e (pelosamente) lasciano all’alleato Lega il ruolo di bad company a raccogliere il peggio di quell’elettorato. Ma, ripeto, ad oggi nel centrodestra i voti sono sempre quelli, vi è un travaso di consensi dall’una all’altra formazione ma sempre sostanzialmente impermeabile (in entrambi i sensi: sia in entrata che in uscita) ad osmosi fuori del perimetro. Difficile prevedere che, almeno in un futuro prossimo, cambino significativamente le cose.
Molto più indecifrabile la situazione a sinistra. Dove c’è un partito come AVS che presidia l’area, sostanzialmente incomprimibile né espandibile, della sinistra sinistra. Dove il cuore palpita per l’ambientalismo (e pazienza se non c’è molta voglia di andare “oltre ai titoli”), per la spesa pubblica, per il pacifismo senza se e senza ma (al punto da votare contro perfino alla missione di protezione della nostre navi dagli attacchi degli houtou..) e per i cavalli di battaglia di sempre, i diritti, gli USA brutti e cattivi, l’antifascismo, la redistribuzione della ricchezza (quindi più tasse), i lavoratori. Insomma, un partito di sinistra che fa il suo mestiere di sempre, eternamente sospeso tra ideali nobili e velleitarismo. Poi c’è il Movimento 5stelle, con una politica tutta spesa pubblica, posizioni fluide sui vari temi portanti e una totale, serena e inconsapevole incapacità di almeno considerare cosette come equilibrio di bilancio, politica estera, che non sceglie tra Trump e Biden, di cui si ignora l’idea di Europa, i cui principi fondanti sembrano essere “pasti gratis per tutti” e “Conte di nuovo a Palazzo Chigi” e basta. E basta appunto a tenersi stretto un consenso popolare stupefacente in rapporto alla qualità della proposta politica.
E poi c’è il PD.. Partito della responsabilità istituzionale e dell’establishment, custode geloso del mainstream culturale. Di gran lunga il partito più grosso nel centro sinistra, con una solida organizzazione territoriale (almeno considerati i tempi), con uno zoccolo duro di fedeli che lo votano a prescindere (Cacciari, nell’intervista al Corriere dello scorso 1 maggio, parla non a caso di voto di inerzia, di voto di assuefazione) e con una fortissima “attrazione gravitazionale”: nonostante divisioni e correnti, le varie scissioni a destra o a sinistra non hanno avuto granché fortuna. Un partito che, nonostante siano lontani i tempi in cui Veltroni poteva legittimamente rivendicarne l’indimenticata vocazione maggioritaria, resta comunque un “grande” partito e quello con cui tutti nel centro sinistra devono, volenti o nolenti, fare i conti e a cui spetta naturaliter ”dare le carte” e indirizzare la proposta politica. Ovvero, dare una linea che sia responsabile e si faccia carico di tutte le fastidiose incombenze di una coalizione che aspira a governare. Ovvero parlare di sviluppo, di conti (sì, quella cosa spiacevole e vituperata), di denari da spendere ma anche da trovare, di cosette come compatibilità dei bilanci. E magari (ma il solo sperarlo è più che temerario) pensarsi non solo progressista – che pure fa tanto figo – ma anche riformista ovvero pensare anche alle riforme necessarie per sciogliere i lacci che mettono piombo nelle ali del Sistema Paese, come la giustizia, lo sviluppo, un approccio concreto e ragionevole alla transizione energetica, all’imminente inverno demografico, la Sanità da riportare al ruolo nobile di servizio pubblico. Ebbene, il PD si è dato una leader che sembra uscita dalle assemblee studentesche degli anni ’70, che è ontologicamente del tutto affine alla visione del mondo ma soprattutto della politica dei succitati AVS e cinquestelle.. Quindi, quando si dichiara “testardamente unitaria” nel rivendicare la sua ostinazione nel perseguire l’alleanza con i pentastellati (quella con AVS essendo data, nemmeno in discussione) non lo fa solo per la motivazione (invero singolare) che è obbligata per meri motivi aritmetici e pazienza per le differenze programmatiche.. Lo fa per assoluta coerenza, perché la Schlein è quel mondo lì. Un mondo di ideali nobili e astratti che messo alla prova della cruda realtà semplicemente la rimuove (si veda l’impietoso ritratto che ne fa Cacciari nell’intervista sopra ricordata). L’inceneritore a Roma? Prende atto obtorto collo della posizione del Sindaco (suo compagno di partito) ma lei è contraria.. lei è per il riciclo. E se le si ribatte che se si aspetta il riciclo Roma sarò sommerso dall’immondizia lei replica, mai doma, “ma dobbiamo ragionare in termini di economia circolare”. E via così.. Calenda le fa presente che matematicamente, se si vogliono perseguire gli obiettivi sfidanti della UE su zero emissioni il passaggio per il nucleare è indispensabile? Lei serafica risponde no, che “tutti gli esperti” dicono che il nucleare è superato, che basta moltiplicare i pannelli solari, mica perde tempo con dettagli come il fatto che il solare di notte non produce energia. Sociale, diritti lgbt, grandi ideali, i poveri ma non facendo i conti con i laccioli della realtà, dell’economia, della gestione faticosa del presente qui ed ora. E pure la politica internazionale.. finora il PD ha tenuto la linea filoatlantica e filo Ucraina ma la segretaria ha voluto fortemente nelle liste per le Europee campioni del pacifismo senza se e senza ma che hanno una posizione del tutto diversa da quella, almeno per ora, ufficiale del PD (leggasi per esempio l’ottimo Mario Lavia Altro colpo di genio del Pd, ora la linea su Ucraina e Israele è ignorare i suoi capilista – Linkiesta.it). Ha preteso un posto al sole per Jasmine Cristallo, la sardina.. colei che all’indomani della vittoria di Schlein ha dettato un commento che è insieme un programma: “I gazebo ci hanno raccontato una storia, c’è un bisogno enorme di sinistra. E la sinistra cosa è senza una utopia e un sogno? Ci avevano dato per finiti e invece eravamo dispersi. Siamo riusciti a fare un grande risultato, nonostante il fatto che al Sud tutto l’apparato fosse schierato con Bonaccini in un tentativo evidente di autoconservazione“. Questo è il mondo di Schlein, la sua dimensione, la sua comfort zone: utopia e sogno, contro l’apparato.. Che andrebbe benissimo se guidasse un partito come quelli prima citati, con un ruolo ancillare, di testimonianza monotematica all’interno di una coalizione. Meno bene se si candida a guidare il Paese. E qui si innesta un’altra considerazione fondamentale: Schlein non è un errore, un frutto imprevisto della scelta di fare Primarie aperte ai non iscritti, non è un’intrusa che non hanno visto arrivare.. Le va riconosciuto che c’è una porzione consistente del partito (e degli elettori dello stesso) che le va dietro. Che si riconosce in questo mondo. E dire che il PD è un grande partito “plurale” (parola che ormai è insopportabilmente abusata quasi quanto inclusivo) è una foglia di fico, è pura retorica.
Ma se così stanno le cose (e io penso che stiano proprio così), sia nel partito stesso (i mitici riformisti che oggi contano come il due di coppe quando la briscola è spade ma restano aggrappati al corpaccione del partito come una cozza allo scoglio) sia nel corpo elettorale, prima o poi (wishful thinking?) qualcuno dovrebbe rendersi conto che non esiste più il PD dell’anima riformista, della vocazione maggioritaria, quello che si misura, in definitiva, con la fatica di ragionare pragmaticamente e realisticamente sui temi di sviluppo, equità sociale, problemi strutturali del Paese (la Sanità, la Giustizia, il deficit mostruoso ecc.), tutto ciò in sostanza che deve contraddistinguere una forza di governo.
E qui si aprono gli spazi per il Terzo Polo. Che è l’unico approdo possibile, nonostante la deleteria e mai abbastanza vituperata mancata creazione del partito unico, per chi pensa che appunto una proposta politica, ripeto, di governo alternativa e competitiva con quella della destra sia necessaria e possibile. Mi auguro che il segnale dalla Basilicata sia il prodromo di un’evoluzione in questo senso.
Immagine di copertina: © frasicelebri.it