GIANFRANCO GRAMOLA: la mia città dei prossimi 5 anni
12 Agosto 2020FABRIZIO FIORI: la mia città dei prossimi 5 anni
14 Agosto 2020Luminosi Giorni, con spirito di servizio al fine di accrescere la consapevolezza per il prossimo voto alla Amministrative del Comune di Venezia, ospita una serie di interventi di personalità che riteniamo offrano spunti di riflessione per un voto ponderato e consapevole. Gli amici che hanno cortesemente offerto il loro contributo provengono da aree culturali, politiche e ideali le più diverse e offrono visioni talvolta molto confliggenti tra loro. Ma mai banali. Come Redazione ci piace pensare di poter contribuire a un confronto sereno e non fazioso sui temi che riguardano il futuro della nostra città. Alcuni degli autori scenderanno personalmente nell’agone elettorale. A loro, indistintamente, va il nostro in bocca al lupo e a tutti, candidati e no, un sentito grazie per la collaborazione.
“Ma dove va in vacanza, una che abita a Venezia?” – mi ha chiesto da Bruxelles una collega di lavoro.
Effettivamente, che cosa si può voler di più del vivere in un posto così speciale? Ma che sia questa peculiare unicità ad esigere un continuo conflitto, per dimorarvi?
Confesso: le prossime elezioni non mi stanno appassionando troppo, sebbene conosca e stimi molti candidati; in ogni caso, sarà dura, durissima per chiunque vinca il turno. E gli altri rimarranno sugli spalti a ringhiare per altri cinque anni.
Venezia è poco più che un paesotto come numero di abitanti, ma è caratterizzata da un’attenzione mediatica e da appetiti economici propri di una metropoli, perciò i poteri del litigioso consiglio comunale sono alla fin fine deboli in rapporto alle enormi pressioni dell’esterno. L’ideale sarebbe che, appena insediato, il nuovo sindaco riuscisse a concertare le prospettive di azione tema per tema, al di là delle dinamiche partitiche. Ma non sembra consuetudine di questi nostri tempi e sicuramente pecco di ingenuità.
Perciò preferisco argomentare di un settore che conosco e che ho particolarmente a cuore, perché me ne sento parte e perché credo fermamente che un’attenzione maggiore al comparto in questione, in particolare nella città storica, potrebbe essere determinante: si tratta del mondo artigiano.
Per evitare il destino incombente di una Veniceland che vive e muore per il turismo – mai come in questo periodo c’è stata pari tanta consapevolezza di ciò –, non bisogna perdere la parte più fragile della città, quella che, come sanno bene sociologi e urbanisti, una volta annullata non si può ricostituire: i suoi abitanti più autentici.
Affinché il turismo sia una risorsa positiva e non si aggravi invece in una sorta di malattia, forse bisognerebbe privilegiare alcuni tra i visitatori della città, non per forza i più ricchi, ma i più attenti. Visitatori meno vulnerabili, che potrebbero in qualche modo “educare” l’offerta locale.
Il commesso della sala vendita che rifila con fumose argomentazioni vetri malamente stampati chissà dove, è semplicemente dannoso, mentre l’artigiano onesto che perde due minuti, raccontando come realizza la carta marmorizzata, diffonde cultura e fa bene a tutta la città.
Nelle botteghe-laboratorio di creazione e vendita si ha l’occasione di conoscere chi sa veramente che cosa siano i prodotti in mostra. In una bottega artigiana non si compra solo un oggetto ma anche il racconto dell’oggetto, inteso come tutto ciò che gli sta attorno, quanto ha concorso a crearlo e il quid che lo rende unico. Questa è la vera ricchezza che gli artigiani ancora possiedono a Venezia (e altrove): dimostrare che il sapere artigiano ancora esiste, pur tra mille brontolamenti, in coloro che continuano con passione a indorar cornici, a soffiar vetro, a imboscar scafi in legno, a tirar terrazzi in calce e a sfornar fugasse…
Il rapporto umano qui è ancora diretto e quotidiano, come in perduti luoghi d’una volta; nello stesso tempo, ci sono delle “verticalità” eccezionali per un paesotto: università, fondazioni, archivi, musei, eventi internazionali.
Non si tratta di nostalgia. L’artigianato è un fenomeno contemporaneo e non è alternativo alla produzione industriale, anzi può esserne complementare. Se la forza di un’importante parte della produzione italiana è la “personalizzazione”, Venezia può rappresentarne la punta di diamante: cosa c’è di più personalizzabile di un prodotto artigianale?
Proprio per il suo straordinario ed unico passato, Venezia può essere la città del futuro.
Perciò ben vengano le iniziative che sensibilizzano e promuovono il saper fare, dal turismo esperienziale (con giudizio, che gli artigiani devono anche lavorare!) ai portali che assicurano acquisti in loco certificati. Sono tutte occasioni di confronto che devono mettere l’artigiano al centro, come protagonista di questa tendenza e non come strumento della stessa.
L’esistenza degli artigiani dipende anche dalla presenza attiva di una comunità cittadina, di una comunità originaria. Se un nord-americano compra una fórcola, probabilmente la terrà in salotto, non sulla sua barca; niente di male in questo, però è ovvio che, se si vuole che l’artigianato tradizionale resti vivo, c’è bisogno di una comunità che continui a comprare questi prodotti per la loro funzionale destinazione, in aderenza alla tradizione che li ha messi a punto in secoli di utilizzo.
Diventa quindi essenziale non dimenticare le origini della nostra città e le caratteristiche che ne costituiscono l’unicità: il suo essere cioè città anfibia. Facciamo di tutto ciò un vanto e rilanciamo questi aspetti del vivere come nostro patrimonio imprescindibile. Ripensiamo una mobilità sostenibile per realizzare la quale diverse abilità e genialità possono essere messe in campo, facendo di Venezia anche un centro dell’innovazione e della sperimentazione del vivere sull’acqua, con un occhio ai cambiamenti climatici cui dobbiamo prepararci. Dalle manifatture all’ingegneria idraulica, dai vecchi ai nuovi mestieri per vecchi e nuovi residenti di una città che senza abitanti e attività produttive non può avere futuro mentre vogliamo che sia la città del futuro.
E tutto questo piace anche ai turisti che ci piacciono.
Per approfondire il tema segnalo questo documento realizzato con l’associazione El Felze https://www.elfelze.it/wp-content/uploads/2020/04/doc-artigiani-3.pdf
Chi è Michela Scibilia: artigiana digitale dal 1987 (e molte cose ancora..NdR)