PD: NODI AL PETTINE L’errore di Renzi
17 Febbraio 2017PD: NODI AL PETTINE Scissi o scossi?
19 Febbraio 2017Non mi piace citarmi, ma in un precedente articolo di qualche settimana fa http://www.luminosigiorni.it/2017/01/prendere-o-lasciare-matteo-renzi-ha-gia-deciso/
esponevo le ragioni per le quali una rinuncia radicale da parte di Renzi ad avere un ruolo rilevante nella politica italiana e segnatamente nel PD mi sembrava del tutto fuori luogo, priva di ragioni sostanziali, del tutto pretestuosa.
Per come sono andate svolgendosi le discussioni da allora, ma direi fin dalla sera del 4 Dicembre, il quadro si è fatto via via più sconfortante e sempre più ingarbugliato.
Immagino sarà capitato a molti di leggere i resoconti giornalistici, le dichiarazioni, gli editoriali, le opinioni dei vari politologi.
La gran parte si è concentrata sulla pretesa che il Nostro si ritirasse a vita privata, definitivamente.
L’argomento “forte” si è basato solo ed unicamente sulla sconfitta referendaria. Per carità, nessuna sottovalutazione, nessuno sconto sugli errori, sulla incapacità di cogliere il clima del Paese, sulla sopravvalutazione delle proprie capacità di coinvolgimento, di comunicazione. E così via elencando.
Ma molti, quasi tutti, a ignorare gli aspetti positivi dell’agire politico di Renzi. Che in poco tempo è riuscito a cambiare i paradigmi sui quali si è basata per decenni la politica italiana.
Che è stato in grado di innestare un ritmo che ai più era sconosciuto e da moltissimi mal tollerato.
Che ha saputo tenere la barra dritta su scelte riformiste che hanno voluto segnare il percorso di una nuova stagione politica e che ha provato a modificare alcune incrostazioni tipiche della società politica nazionale.
Che ha saputo coraggiosamente battersi per un ruolo nuovo dell’Europa e dell’Italia in quel contesto.
E che comunque attorno a sé, ma ancor più attorno alla sua proposta di modificazione costituzionale, ha raccolto una buona messe di consensi; non tutti suoi, certamente. Ma bisognerà pur prendere atto che quel 41% si è espresso compattamente per il cambiamento!
Il resto del fronte era motivato da altre considerazioni che riportano alle stesse ragioni per le quali si chiede a Renzi di togliersi di torno. Ma ognuno per sé e in ordine sparso.
Si poteva fare di più, sempre. Si poteva fare meglio, anche.
Ma adesso siamo al crocevia di un passaggio determinante per il futuro del CentroSinistra italiano.
E i segnali che da quel crogiuolo di “contestazioni”, di opposizioni a 360°, senza nemmeno la dignità di considerare il buono che è stato fatto, rigettando tutto nel fango e nell’oblio, vanno nella direzione di una guerra di posizione che segnerà pesantemente il futuro del PD, che rimane pur sempre il partito di riferimento di una larga parte di elettorato che vorrebbe trovare un approdo meno precario, che rimanesse agganciato a una qualche prospettiva riformista.
Ma se andiamo alle dichiarazioni dei protagonisti, a quelle ufficiali, ai loro pronunciamenti nelle sedi deputate (Assemblee, Direzioni e così via), ma poi alle loro interviste o alle loro presenze televisive, viene lo sconforto.
Si è letto, si è assistito al campionato mondiale di Arrampicata sugli Specchi. Presi in contraddizione con sé stessi in successione parossistica.
Il PD dovrebbe (prima o poi) andare a Congresso; tutti lì a battagliare sulle settimane e sull’interpretazione delle regole statutarie.
Nessuno per davvero – non per far finta, nella logica del “voria ma no posso” – che sfidi Renzi su una piattaforma congressuale programmatica e che faccia diventare quella la base distintiva, la cifra sulla quale poter leggere le differenze e imporre quindi una sintesi politica che faccia tesoro delle diverse visioni.
I temi non mancano e gli scenari della globalizzazione, della finanziarizzazione dell’economia fanno da sfondo per saper definire come un’Europa rivisitata nelle sue forme rappresentative, nei suoi assetti istituzionali e rilanciata in una visione di pacifica convivenza, di accoglienza, di sviluppo equilibrato fra i diversi livelli e nelle diverse condizioni possa affrontarle.
E come l’Italia assuma un ruolo da protagonista in tutto questo.
Come far fronte alla crisi del lavoro, alla precarizzazione delle nuove generazioni.
Come far convivere un welfare che tenga insieme le compatibilità economiche con i bisogni della popolazione.
Come ammodernare lo Stato, quali rendite di posizione neutralizzare, su quali leve industriali far perno per generare nuova ricchezza.
Su quali investimenti pubblici puntare per rigenerare il tessuto infrastrutturale, come valorizzare e preservare il territorio nazionale.
Su quali basi istituzionali rafforzare la democrazia rappresentativa e allargare la partecipazione dei cittadini.
Ciascuno di noi potrebbe implementare questo elenco, a discrezione.
Ce ne sarebbero cose da dire (e da fare) per riaffermare un ruolo propositivo del CentroSinistra.
E invece NO, stiamo assistendo al teatrino della politica in cui una parte, minoritaria, di questo partito, ne fa una questione di lana caprina. Che prende ogni pretesto per spostare i piani della discussione. Che minaccia scissioni e diaspore. Che non vuole assumersi il ruolo di minoranza, che sarebbe importante se esercitato con coerenza e contenuti.
Per l’evidente incapacità di accettare il confronto in campo aperto e saper accettare l’eventuale sconfitta. Perché poi i voti si contano e non si pesano. E le liste elettorali ne sono una conseguenza.
Che sia una questione di posti? Una malignità che sarebbe da respingere se non fosse avvalorata dai troppi rumors che provengono dal Palazzo.
Renzi non è l’alfa e l’omega del PD. Ma oggi è l’interprete che meglio di tutti, in queste circostanze, può saper rappresentare quelle istanze, quella politica.
Anche lui deve farsi carico del confronto di merito e deve saper ascoltare.
Ha cominciato a farlo: si può fare di più.