Politiche sociali: aprire ai privati altro che “pubblico è meglio”
4 Marzo 2023Le due paci possibili
7 Marzo 2023Il quadro politico nazionale dopo le primarie del PD si va un pò schiarendo, perchè si stanno definendo meglio le posizioni e le poste in gioco, in uno scenario in (lento) movimento.
Tutto ciò dà nuovi elementi di chiarezza anche al quadro politico cittadino? Direi solo in parte.
Sotto traccia in effetti a Venezia si stanno muovendo alcune cose e negli schieramenti politici si comincia a fare i conti su possibili alleanze e si parla (meno, come sempre) di programmi, perchè la scadenza della giunta e del consiglio comunale non sono poi così lontani e Brugnaro, al momento, non potrebbe essere ricandidabile. Sotto traccia poi fino a un certo punto, perchè i giornali, intuendo che qualcosa si muove, cominciano a inzupparci il pane, dal momento che queste operazioni politiche preparatorie fanno sempre un pò notizia. Con il risultato di contribuire già a bruciare nomi e soluzioni. Ma è normale.
A Venezia, considerando le due sindacature continuative, siamo ormai verso i due terzi del ciclo brugnariano e, dovendoci attrezzare per un percorso di lunga lena per prevedere il futuro politico di questa città, un bilancio fondato è ormai possibile e necessario.
Da molti punti di vista, anche se non da tutti, il giudizio e il relativo bilancio sull’operato complessivo di questa giunta e della sua maggioranza in consiglio comunale non può essere considerato in alcun modo positivo per la città tutta, di acqua e di terra. Lo dice uno come me che aborrisce partire dal “quel che non siamo e quel che non vogliamo”, preferendogli sempre un ragionamento in positivo, che si regga autonomamente e non per contrarietà. Del resto la nostra testata ha sempre mantenuto un profilo aperto e pragmatico nei confronti di questa amministrazione comunale, approvando apertamente alcune scelte della giunta senza mai ricorrere a pre-giudizi. Una fra tutte, ma non è poco, la difesa strenua dell’unità del Comune di fronte alle proposte di separazione. E non è l’unico caso. Una bella differenza con i no, molti a mio avviso sempre pre-giudiziali, della variegata opposizione in Consiglio comunale e dei movimenti che essa fiancheggia frequentemente. Ma onestamente su temi fondamentali questa giunta a trazione fucsia ha fallito. E tanto basterebbe se, ad aggravare, non ci fosse anche lo stile del ‘capo’ (eletto pur sempre da una minoranza di aventi diritto), arrogante in modo becero e inutilmente dispotico, stile equamente e democraticamente, si fa per dire, manifestato verso gli oppositori, verso i sostenitori e verso i dipendenti a vario grado. Doppio pollice verso.
I due fallimenti principali del periodo brugnariano, a cui si possono aggregare altri subordinati, fallimenti per cui è richiesto una vera svolta alternativa, sono fondamentalmente relativi a due ambiti chiave della vita cittadina:
1) le mancate decise azioni pluridirezionali nell’intreccio tematico tra aggressione turistica, salvaguardia della residenza, desertificazione commerciale soprattutto nella città storica, tutte azioni mancate perchè frenate dal costante occhio di riguardo della giunta, e soprattutto di Brugnaro in persona, verso l’impresa turistica variamente intesa, da promuovere sempre e comunque davanti a tutto il resto, dal banchetto di grano per i colombi fino al Danieli, dai Do Forni fino alla pizza al taglio, passando per i motoscafisti, i gondolieri e le affittanze turistiche
2) le troppo deboli e lente azioni di indirizzo e promozione di rigenerazione urbana in alcuni luoghi strategici della città, in un contesto di insicurezza e profondo degrado sociale/urbanistico, soprattutto, ma non solo, nel quadrante Mestre sud, certificato dalla ampia e civile manifestazione tenutasi recentemente.
A questi e correlati con questi si aggiungono:
3) le carenze nella gestione della mobilità in generale con le relative insufficienze nel contenimento dell’uso del mezzo privato in un quadro di qualità dell’aria tra i peggiori d’Italia e di lentezze croniche nell’accesso all’area lagunare e al suo interno, concausa questa (a pari merito, e non subordinata, con l’inadeguata politca residenziale) sia dello spopolamento, sia della perdita di funzioni e attività produttive non turistiche e/o della loro marcata sofferenza.
Tali azioni, o mancate o del tutto insufficienti, hanno aggravato queste criticità combinate tra di loro, per cui il Comune di Venezia dimostra sempre di più una scarsa capacità attrattiva per risiedervi stabilmente. E ciò vale sia per chi già ci abita, indotto ad uscirne, sia per chi potrebbe venire ad abitarvi dall’esterno, non certo invogliato a farlo, come dimostrano i dati demografici che sono più che eloquenti nel fotografare questa realtà: il numero di residenti si sta avvicinando velocemente in discesa alla soglia dei 250.000 abitanti, in un contesto in cui anche il dato italiano manifesta, ma in modo più contenuto, la stessa tendenza, in un quadro di invecchiamento complessivo. Va detto che il dato sulla città metropolitana di Venezia nel suo insieme è di una maggiore tenuta demografica e che, sempre a livello di città metropolitana/province, Venezia si piazza su posizioni molto avanzate in graduatoria in tutte le classifiche di qualità della vita (in quella generale del Sole 24 ore al ventesimo, ben avanti a grandi città come Roma, Torino e Genova, terza nel nord (!) tra le città metropolitane/capoluogo, dietro alle irragiungibili Bologna e Milano, e seconda (!) nel Veneto dopo Verona). Ma questo conferma e aggrava il dato sul comune, perchè è del tutto evidente che la buona vivibilità si ha nella Venezia allargata dei comuni di prima e seconda cintura, luoghi al contrario molto attrattivi (per buoni servizi, assenza di degrado e qualità dell’aria) e basta farsi un giro da quelle parti per rendersene conto.
Ma scrivere e fare le liste più o meno nere del Comune è facile per tutti, molto più difficile è dare corpo e gambe a un chiaro progetto alternativo. Si è condizionati dai giochi degli schieramenti politici e dalla difficoltà di individuare figure nuove decise a mettersi in gioco per supportare qualcosa di realmente innovativo; da una parte in netta discontinuità con l’epoca brugnariana e però dall’altra distinguendosi dalla visione di città sottesa in buona parte delle forze dell’attuale opposizione. Per evitare di cadere, come si dice, dalla padella nelle braci.
Costruire un’alternativa costruttiva a Brugnaro e al centro destra che lo sorregge è infatti un’operazione complicata dal fatto che ci sono almeno due visioni difficilmente conciliabili per costruirla, sia per ciò che riguarda la città, sia per quanto riguarda i contenuti politici generali. Inconciliabili almeno da ciò che si sente, si dice e si legge, salvo poi pragmaticamente ricredersi se le due visioni dovessero con i fatti conciliarsi più di quanto sembra ora, perchè nulla è mai definitivo. Gli indizi però non sono rassicuranti e non si può non tenerne conto. Da questo punto di vista conoscere i numeri che nel Comune e nelle due parti del Comune hanno dato i voti nelle primarie del PD, sia interne che aperte a Elly Schlein è particolarmente utile e costitusce un buon test, se si hanno ben presente quali sono i cardini programmatici ben chiari (bisogna darle atto) che questa coraggiosa ragazza ha messo in campo. Ricordo di passaggio che la Schlein ha vinto in comune di Venezia sia nel partito, sia nelle ‘aperte’. Ebbene non è difficile supporre che quell’elettorato pro Schlein sia piuttosto incline ad un’alternativa a Brugnaro altrettanto inadeguata, dal nostro punto di vista, per una svolta che faccia il bene complessivo della città. O meglio, adeguata per una svolta a modo suo (di quell’elettorato, intendo) che, per i contenuti espressi, non può però essere a ‘modo nostro’ (anche se sarei felice di essere smentito). Rispetto sempre chi mette in campo con chiarezza dei contenuti perchè riesco così a distinguerli dai miei; e quindi non posso non vedere come la potenziale alternativa a Brugnaro di quell’elettorato sia basata ancora e sempre su azioni condotte in nome di un astratto ambientalismo ancora molto ideologico, sul no per principio sempre e comunque a qualsiasi intervento infrastrutturale, anche se di opere di utilità generale e collettiva (come del resto lo sono sempre le infrastrutture); dallo scavo dei canali per il porto, alle soluzioni più innovative sulla mobilità e sui terminal, soprattutto in laguna, fino al no integrale alle Grandi Navi in laguna (con qualsiasi ipotesi di approdo). Inoltre le manifestazioni del pensiero di quell’elettorato sono molto inclini all’opposizione ideologica a qualsiasi intervento che abbia la patente di iniziativa privata in tutti i campi, senza mai saper o, anzi, voler “separare il grano dal loglio”. Si veda a questo proposito l’opposizione pregiudiziale all’intervento privato nell’area dell’ex ospedale di Mestre, che delinea la visione sempre sospettosa nei confronti di ogni imprenditorialità privata, secondo cui si butta regolarmente dal balcone bambino e acqua sporca. O, al contrario, molto incline a prospettare in certi settori solo e sempre interventi con fondi e con dirigismo pubblici, come per esempio nel settore sanitario e assistenziale; una logica, per quanto riguarda questo settore, che sulla pagina di LG Antonella Garro in un suo articolo cerca meritoriamente di smontare, a favore di una decisa riconsiderazione delle attività di privato sociale, in una logica di sana sussidiarietà (https://www.luminosigiorni.it/2023/03/politiche-sociali-aprire-ai-privati-altro-che-pubblico-e-meglio/). Ma sono solo due esempi che si potrebbero moltiplicare per molti altri casi. Questo fronte è lo stesso che poi invoca il privato solo quando gli fa comodo, vedasi l’opposizione alla spesa pubblica (per altro finanziata e parzialmente da fondi straordinari) all’operazione Bosco dello Sport, in un’area da sempre individuata come ottimale per quella funzione anche dalle giunte di centro sinistra e che riqualifica nel settore impiantistico-sportivo un Comune come il nostro in ritardo siderale rispetto a tutti parametri normali richiesti .
Sono distanze notevoli quelle tra questi due modi opposti di concepire l’alternativa, distanze non su tutto, ma su quasi tutto e d’altra parte anche il nostro giudizio negativo sull’amministrazione in carica lo è su quasi tutto, ma non su tutto.
Quindi l’alternativa che LUMINOSI GIORNI vorrebbe favorire passa per una via molto, ma molto stretta, di cui sarà bene rendersi conto per evitare illusioni e sopravvalutazioni; ma per noi non ci sono altre vie.
Vediamo.
Sulla carta ci sarebbero forze politiche in grado di recepire questo messaggio e inevitabilmente, per le affinità con una tendenza alle scelte realiste e innovative sul piano dell’organizzazione del territorio, penso all’attuale Terzo Polo cittadino e ad una parte minoritaria, perchè perdente alle primarie sia interne che esterne, parte per ora silente del PD veneziano, che a livello di rappresentanza parlamentare nella scorsa legislatura ha espresso figure competenti e concrete come Nicola Pellicani e Andrea Ferrazzi (figure, come si dice in politichese, ‘fatte fuori’ non solo dal loro partito nel suo insieme, che li ha mandati a casa senza tanti riguardi – Ferrazzi persino dalla direzione in cui, in precedenza era – , ma ‘fatte fuori’ prima di tutto dalle correnti interne al PD a cui loro stssi appartengono e che non li hanno più garantiti, secondo una logica che conosco bene. Avendola io subita di persona in quello stesso partito e nello stesso modo, pur a scala molto più ridotta, ma secondo la stessa prassi dei ‘fratelli coltelli’ di corrente che in quel partito si applica anche nella più piccola frazione del più piccolo comune d’Italia). A parte la difficoltà di far venire allo scoperto un PD di buon senso a Venezia, del resto sempre rassegnato a far corpo unico con il proprio partito al momento del richiamo della foresta, anche il Terzo Polo deve decidere che cosa vuol fare da grande, dal momento che resta un partito solo in embrione, condizionato nel bene e nel male dalla gestione personalistica dei due leader nazionali, pur esso alla bisogna ostaggio dei personalismi anche sul piano locale. Lo si è visto nella vicenda di San Donà, dove il gruppo di Azione è stato capace di dividersi in due appoggiando due candidati sindaci diversi e lanciando un segnale non certo positivo, dal momento che è la credibilità verso gli elettori ciò che conta preliminarmente. L’inadeguatezza del Terzo Polo si esprime poi nell’assenza di figure di spicco a livello cittadino e regionale, e non potrebbe essere che così con la gestione personalistica dei leader nazionali. Spendo due parole in più per la costola di + Europa, che è stato il partito a cui ho dato di recente una (parziale, solo in un ramo del parlamento) adesione elettorale e che mi sta particolarmente a cuore. +Europa è interessante, anzi fondamentale, per un progetto ampio di costruzione di un movimento liberaldemocratico, però al momento sembra un pò troppo, se mi si consente, sdraiata sulle scelte e sugli orientamenti di linea del PD, sia localmente che nazionalmente. Perchè +Europa è un partito che non fa mistero di privilegiare in questa fase la logica delle alleanze, più per una politica ‘contro’, piuttosto che basata sui contenuti, che sarebbero la logica adatta ad una politica ‘per’. E’ una scelta, la rispetto, la politica è anche questo, non siamo verginelle, ma al momento fa a pugni con l’intenzione di cominciare a costruire a Venezia, sui contenuti appunto, un’alternativa a Brugnaro di segno nettamente diverso da quella emersa dalle primarie del PD e rappresentata dall’attuale opposizione in consiglio comunale. Solo, ma non è poco, sui diritti civili e sociali +Europa si sta molto distinguendo in una politica ‘per’, secondo una tradizione di pensiero alta in cui può essere leader. A noi però non basta perchè di fatto, per ora, mi pare a-criticamente indisponibile a ipotesi di differenziazione sul piano programmatico dalla traduzione veneziana della linea Schlein, che a parer mio ha già dato prova di sè in città ben in anticipo sulle recenti primarie; una linea di massimalismo ideologico e anti pragmatico la cui differenza con chi predica (e lo fa molto bene) laicità come +Europa dovrebbe essere evidente e consequenziale. Ma tant’è, per ora non emerge. Ne prendo (un pò amaramente) atto.
In definitiva questi spezzoni (PD di minoranza e +Europa) più il Terzo Polo attuale costituiscono un’area politica solo ‘teorica’ e che solo in potenza sarebbe in grado a Venezia di farsi carico di una terza via competitiva sia con la destra, sia con la sinistra massimalista e i suoi movimenti di fiancheggiamento. E si che potrebbe persino approfittare del fatto che nello schieramento di centro destra il residuo di Forza Italia e l’area fucsia stanno conoscendo un processo di disfacimento e di demotivazione, ben rappresentato dal calo di numeri del raggruppamento che fa capo a Brugnaro a livello nazionale. Senza contare che il disfacimento si accellererà tra due anni, allorché partiti come la Lega e soprattutto Fratelli d’Italia, con i numeri che mettono insieme in città, non saranno certo più disponibili a fare i reggimoccolo degli eredi di Brugnaro, se ci saranno. Si conferma cioè quello che Lorenzo Colovini aveva già lucidamente anticipato sulle colonne di LG(https://www.luminosigiorni.it/2022/12/nuovi-scenari-in-citta/).
Ma quest’area politica solo teorica ha da sola le forze e lo slancio per riuscire nell’impresa? Al momento è lecito dubitarne.
In un quadro del genere io credo che, se giocato con intelligenza e lungimiranza, si può far strada un’ipotesi innovativa sul piano del rapporto tra elettorato e rappresentanza politica, con un ribaltamento di ruoli. Che vuol dire ribaltare la logica che ha sempre dominato sino ad ora nel rapporto tra base elettorale e partiti. Fino ad ora bene o male i partiti, con la loro immagine pubblica e ideale, cercavano di rappresentare strati sociali e loro istanze, offrendosi per rappresentarli facendo firmare una cambiale in bianco, riservandosi semmai in futuro di presentare un programma, a posteriori, costruendo alleanze alla cieca, poco preoccupandosi dei contenuti da far ingurgitare all’ultimo momento all’elettorato, che spesso fa ‘marameo’ astenendosi dalle urne.
Ma non è detto che sia questo l’unico schema di gioco. Bisogna forse provare a trovare strati di cittadinanza, ma anche e soprattutto elite di categorie sociali, economiche e culturali, disponibili a esprimere loro, in partenza senza padrini partitici, un programma credibile e farsi rappresentare da quelle forze politiche che ritengono quel programma affine alla loro impostazione. A quel punto, e solo a quel punto, Terzo Polo, +Europa (?), un certo PD, e altri, anche insospettabili, su cui non c’è pregiudiziale in partenza, potrebbero battere un colpo e dire: noi ci siamo con voi, quel programma lo facciamo nostro. E’, si badi, una soluzione ben diversa dal consueto civismo in solitaria che di tanto in tanto emerge e che, va detto, ha buone possibilità di riuscita solo nei piccoli comuni nei quali la personalità civica, anche se in solitaria, è in grado di fare la differenza. Nei grossi comuni la civica in solitaria, ormai lo si è visto, non regge, a meno che non scenda Dio in persona a fare il candidato sindaco.
Tutto ciò, anche se giocato nel modo migliore potrebbe non bastare, perchè la logica bipolare e del voto utile nelle elezioni comunali è in grado di annullare ogni buona qualità, rendendola inservibile. Ecco perchè l’operazione di costruzione di un programma con questa logica ha bisogno fin dalla fase costruttiva di una figura di spicco che riassuma gli stessi caratteri di credibilità e di innovazione che quel programma vuole esprimere, e, se figura già nota all’opinione pubblica, meglio ancora. Dovrebbe essere il/la portavoce del nuovo programma, colei/colui che si interfaccia con le forze politiche interessate. E con una qualità in più che può fare la differenza: essere in grado di scaldare i cuori dei suoi interlocutori e della base cittadina di cui si fa portavoce.
Da questo punto di vista l’esempio di Elly Schlein viene propizio, per quanto su una contesa interna a una forza politica, che è cosa diversa. La linea di Elly, che lo premetto riscuote le mie simpatie sul piano umano che non è mai secondario, è, certo, nettamente neo-massimalista con venature di vetero-sinistra, molto lontana da quel pragmatismo e da quella concretezza che, a parer nostro, sono indispensabili per poter aspirare a governare con consensi ampi; una linea buona per una, pur nobile ed eternamente minoritaria, politica di pura testimonianza che nel nostro paese si è esercitata, a volte anche molto bene e non inutilmente, dal dopoguerra in avanti (da Togliatti a Schlein si potrebbe dire). E pura testimonianza rischia di esserlo anche a livello locale. Da questo punto di vista ci sentiamo distanti, c’è poco da fare perchè c’è gente, a cui vorremmo dar voce, che è stufa di agitare inutilmente le bandiere dei buoni principi, oltre al fatto che certi principi non li condivide nemmeno tutti. E pur tuttavia per come ha agito nel suo campo Elly è stata esemplare, perchè, esponendosi in prima persona e mettendoci coraggiosamente la faccia, ha espresso la sua linea (che non è la nostra) con uno slancio e una autenticità invidiabili, che le hanno dato giustamente credibilità e riacceso entusiasmi, spostando gli equilibri interni al suo partito. E allora, non certo nei contenuti distanti dai nostri, ma nelle modalità che ha espresso fuori dagli schemi e con cui si è imposta, se la si incontra da qualche parte bisognerebbe chiederle: dai, fammi copiare.
Su come si scaldano i cuori da lei abbiamo solo da imparare.