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3 Ottobre 2021La lunga e travagliata storia dei diritti umani
Ci sono voluti secoli perché le elaborazioni teoriche e filosofiche sul tema dei diritti diventassero patrimonio di tutti e sul piano pratico entrassero di prepotenza nelle carte delle libertà e nelle costituzioni dei singoli paesi.
Senza scomodare la filosofia antica, la prima volta che nel vecchio mondo si incomincia a parlare di libertà è con la Magna Charta libertatum (1215), che elencava alcune libertà, il diritto di tutti i cittadini liberi di possedere ed ereditare la proprietà e di essere protetti da tasse imposte arbitrariamente, stabiliva i principi del processo imparziale e dell’uguaglianza di fronte alla legge.
Una tappa fondamentale sul piano teorico rappresentò Ugo Grozio che assegnò una nuova impostazione laica al giusnaturalismo, giacché il fondamento universale del diritto naturale è con lui rinvenibile non in un ordine trascendentale, ma entro la natura razionale umana. Per cui i diritti naturali, vita e libertà, sono connaturati all’uomo in quanto ogni individuo ne è titolare fin dalla nascita e trovano la loro legittimazione nel fatto di essere costitutivi della natura stessa dell’uomo e in quanto tali inalienabili e inviolabili.
Altra pietra miliare fu rappresentata dall’idea di Hobbes della necessità di uscire dallo stato di natura, dove gli uomini vivevano nella paura di una guerra perenne in quanto homo homini lupus, sottomettendosi, insieme agli altri, al governo di una legge ragionevole e giusta per garantire pace e sicurezza tra gli uomini, immaginando un patto tra gli uomini e lo stato, un patto sociale o contratto che ponesse le fondamenta per lo stato di diritto.
Proviamo, a questo punto, a fare un breve excursus di tutte le carte delle libertà che hanno costruito pezzo dopo pezzo il nostro Occidente che si distingue dagli altri paesi per il raggiungimento dello stato di diritto, ormai consolidato.
Un ruolo decisivo è rappresentato nel 1581 dalla troppo spesso dimenticata Dichiarazione di indipendenza delle province unite che sancì per la prima volta il sacrosanto diritto alla rivoluzione e alla ribellione dei sudditi alla tirannide e all’oppressione.
Ed è con l’Habeas corpus del 1679 che si afferma il principio che tutela l’inviolabilità personale e il giusto processo, seguito dal Bill of right.
Nel 1776 la Dichiarazione di indipendenza americana fissa i diritti individuali e il diritto alla rivoluzione contro il potere costituito che viola le libertà e sancisce l’idea straordinaria del diritto alla felicità. Così anche la Costituzione degli Stati Uniti d’America (1787) protegge tutte le libertà, di parola e di religione, la libertà di stampa, di riunione etc..
Nel 1789 la Dichiarazione dell’uomo e del cittadino è un punto ineludibile per una storia dei diritti umani e delle libertà. E il motto della rivoluzione liberté, egalité, fraternité è diventato un trinomio inscindibile per cui l’uguaglianza non esiste senza libertà e la libertà del singolo non può reggersi senza l’uguaglianza di tutti gli uomini che devono vivere nella fratellanza.
Il concetto di uguaglianza, oggi, certamente non può essere solo politica (diritto di voto), giuridica (uguaglianza davanti alla legge), tanto meno economica o che presupponga omologazione ma il diritto alla differenza per riconoscere a tutti una pari dignità, per realizzare “il pieno sviluppo della persona umana” per una società più equa e più giusta.
E il concetto di libertà,a sua volta, presuppone che per essere liberi di….esercitare i propri diritti, di fare tutto ciò che le leggi permettono, gli uomini devono essere liberi da… se non sei libero dalla paura, dal bisogno, dall’indigenza, dalla fame, dall’oppressione, non puoi essere libero di scegliere la tua vita. Non è una libera scelta quella di lasciare il tuo paese se non sei libero dalla paura o dalla povertà. Diventa una necessità.
Ma è con la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (1948) che si tenta una sorta di universalizzazione e di globalizzazione dei diritti umani che prefigura l’avvento di un mondo in cui gli esseri umani possono godere di tutte le libertà. “Tutti gli esseri umani sono nati liberi e con uguali diritti e dignità.”
La nostra Costituzione, infine, richiama tutti i diritti e le libertà come, del resto, la Costituzione europea nel suo Preambolo. Testi meravigliosi ma che attendono una reale, piena e totale applicazione nelle leggi positive.
I diritti, però, devono essere sostenuti da un’etica che deve essere universale, umana, razionale, laica e senza che sia un Dio che la imponga. Quindi naturali e non per diritto divino. Ovviamente le domande sono infinite. Infatti quale Dio dovremmo scegliere che ci possa imporre un’etica universale che valga per tutti? Il Dio dei cattolici per una morale cattolica? O Allah per un’etica fondata sull’Islam e sul corano o una morale ebraica? E ancora come si fa ad immaginare un’etica universale in un mondo plurale sul piano religioso, culturale, etnico, economico. Inoltre un’etica che fonda se stessa sul divino sconfina nell’integralismo. Solo un’etica che risiede nell’uomo, nella natura umana e guidata dalla ragione, tutta umana e laica può diventare universale, in grado di riconoscere la varietà e la relatività culturale e storica e al tempo stesso di promuovere l’universalità di alcune regole valide per tutti, a prescindere dalla collocazione geografica, dalla latitudine, dal Dio di cui si ha timore. I diritti non possono, pertanto, essere figli di un comando divino e quindi fissi, assoluti e immutabili ma tutti umani e quindi soggetti alla trasformazione e all’evoluzione. Ciò che oggi è un diritto fino a qualche decennio fa magari non era nemmeno immaginabile e per tante culture non lo sarà per decenni o secoli. E’ infatti anche vero che i diritti sono liquidi o fluidi, contestualizzabili, storicizzabili e collocabili nei vari momenti storici, fluttuano, se ne aggiungono di nuovi, oggi siamo arrivati ai diritti di terza e addirittura di quarta generazione ma quelli fondamentali restano immutabili, eterni. E non è vero che “Tutto è lecito se Dio non esiste.” “L’uomo si fa; non è qualcosa di bell’e fatto in partenza; egli si fa scegliendo la propria morale” (Sartre, L’esistenzialismo è un umanismo)
I diritti umani hanno, quindi, una relazione indissolubile ed intima con la dignità umana, considerato che la dignità dell’uomo costituisce il fondamento dei diritti umani. Infatti, i diritti umani derivano da questa dignità congenita all’uomo, che gli è connaturata in quanto essere umano, che è inviolabile, indivisibile, imprescrittibile e inalienabile: è il concetto dei diritti che spettano a ciascuno e che gli spettano per il solo fatto di essere uomo. E’ proprio questo, che rende i diritti umani universali. Ma ancora una domanda: Qual è il fondamento della dignità umana? Chiariamo il senso che ci viene spiegato in parte dall’imperativo categorico kantiano: Se devo universalizzare un diritto devo agire come se la mia azione dovesse essere elevata a legge universale della natura. «Agisci in modo che tu possa volere che la massima delle tue azioni divenga universale».
Da un patto a livello planetario fra paesi ricchi e paesi poveri, fondato sul reciproco impegno a fare ciò che è necessario per costruire un mondo più sicuro, più prospero e più equo per tutti erano nati gli otto obiettivi cruciali che si sarebbero dovuti raggiungere entro il 2015, gli obiettivi di sviluppo del millennio: dalla liberazione dalla fame e dalla povertà, all’istruzione per tutti, all’uguaglianza tra i sessi. Essendoci ritrovati nel 2015 ben lontani dal raggiungimento si è sottoscritta l’Agenda 2030, costituita da 17 Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile per costruire società pacifiche che rispettino i diritti umani. Ma la domanda è: quanti di questi goals saranno raggiunti nel vicino 2030? Chi metterà in atto buone pratiche per la realizzazione di questi obiettivi? Chi consentirà, verosimilmente, il raggiungimento degli obiettivi? Chi sovraintenderà alla concretizzazione di questi obiettivi a livello globale?
Aggiungo che per garantire diritti bisogna promuovere la pace in quanto requisito vitale per il pieno godimento di tutti i diritti umani di tutti. Per il Consiglio ONU dei diritti umani il diritto alla pace è un diritto umano fondamentale, “pre-condizione necessaria per l’esercizio di tutti gli altri diritti”.
E’ a questo punto che nuove domande nascono spontanee: Quali dei diritti fondamentali sono realmente esercitati a livello globale? Quali diritti sono garantiti a tutte le latitudini, in tutte le culture, da tutte le religioni? Quali diritti vengono garantiti a popoli che vivono ancora nell’oppressione, nella negazione del loro esistere (vedi palestinesi e curdi o altre etnie considerate minoranze da eliminare)? Quali diritti vengono garantiti a chi fugge dal proprio paese a cui viene negato sia il diritto di spostarsi sia di non emigrare, privati della libera scelta? Quali diritti vengono garantiti in quei paesi dove imperversano guerre incomprensibili o dove vivono in una perenne guerra civile o etnica? E quali diritti garantiamo a chi preme alle nostre frontiere a cui noi europei neghiamo il diritto alla libertà di spostamento, alla vita, alla dignità, all’autorealizzazione di sé.
Pertanto è evidente che tutte le enunciazioni, le Carte, le dichiarazioni di intenti, i patti non hanno una efficacia giuridica diretta. Alla ampia approvazione e sottoscrizione da parte di molti paesi corrisponde una loro generalizzata violazione, incrementata da violenze, distruzioni, morte, sfruttamento, guerre. Sarebbe quindi necessario immaginare strutture e organismi preposti a controllo e garanzia internazionale dei diritti anche nei paesi dove non esiste uno stato di diritto.
E’ sempre un mondo diseguale che abbiamo sotto gli occhi e che contribuiamo a consolidare. Noi Occidente, noi Europa che per noi pretendiamo diritti di terza e quarta generazione, neghiamo persino i diritti primari a quelli che consideriamo gli ultimi, persino il diritto alla vita e alla salute. La globalizzazione è una sfida per il fondamento di valori ma l’idea di una cittadinanza cosmopolitica in cui i diritti vengono goduti da tutti sembra ancora molto lontana.
L’impegno è di non ritenerla impossibile e di lavorare nella direzione di renderli attivi e operanti ovunque. Tutti i diritti per tutti.