Alfabeto della mia città dei prossimi 5 anni
9 Settembre 2020Cinque domande a Claudio Vernier dell’Associazione Piazza San Marco
12 Settembre 2020Moltissimi degli interventi che Luminosi Giorni ha pubblicato nell’ambito dell’iniziativa La mia città dei prossimi 5 anni hanno toccato il tema dell’overtourism (uso l’anglicismo in virtù della sua brevità). In particolare quello di Federico Rossi ha suscitato l’interesse di un giovane neolaureato alla Edinburgh Napier University, Andrea Rottigni, che mi ha cortesemente inviato la sua Dissertation (in pratica la tesina di laurea) intitolata Sustainable Tourism Management in the Gem City of Venice che, appunto, approfondisce quello che Federico semplicemente abbozza per ovvie ragioni di spazio.
Andrea descrive e analizza – con abbondanza di riferimenti bibliografici di studi di settore e anche conducendo una sorta di sondaggio tra operatori veneziani (in forma di questionario e di domande aperte) – la situazione di Venezia che riflette peraltro quanto tipicamente avviene in molti altri centri accumulatori di turismo. Quanto descrive non è peraltro sconvolgente: dicono la stessa cosa, con accenti diversi (ma non poi tanto) moltissimi degli amici che hanno contribuito all’iniziativa di cui sopra.
E qui una prima considerazione importante: il tema è oggettivamente sul tavolo, è ritenuto coralmente inderogabile, magari con accenti diversi (ma non poi tanto) e dunque, qualsiasi sarà l’esito della consultazione amministrativa, dovrà essere affrontato. Hic et nunc. Insisto su questo punto: se su altri temi (esempio classico quello del Porto e delle Grandi Navi) vi è una insanabile divisione “o di qua o di là”, sul tema dell’overtourism, dei danni sull’essenza stessa del significato di città, dell’impatto insopportabile sulla residenzialità ecc. vi è invece una sostanziale condivisione del problema. Anche tra relatori lontanissimi politicamente e ideologicamente. Ne consegue che, almeno su questo tema, la risposta e la ricerca di soluzioni dovrà essere, appunto, corale ed è altamente auspicabile che maggioranza e opposizioni da questo punto di vista collaborino proficuamente. Si può e si deve.
Entrando nel merito, se sulla diagnosi della malattia siamo d’accordo tutti, sulla “cura” a mio parere c’è in generale eccessiva fiducia sul contrasto al problema tramite misure indirette senza incidere direttamente sulla domanda.
Una prima corrente di pensiero, che vedo molto gettonata, è quella che (semplifico molto per brevità) sostiene che il turismo possa essere “regolato” tramite l’offerta (lo ha teorizzato con la consueta briosa incisività Gianfranco Gramola). Offri un prodotto becero e arriva il turista becero, offri un prodotto culturalmente pregiato, offri la possibilità di godere ed apprezzare Venezia nella sua anima, nei suoi anfratti più veri (il cosiddetto turismo esperenziale, parola molto in voga) e arriva il turista educato, con alta propensione alla spesa, che si impregna di venezianità con la dovuta lentezza, pernotta in città, limitando per incanto le orde dei visitatori mordi e fuggi. Si potrebbe confutare la teoria semplicemente con quanto ci ha raccontato Cristina Gregolin, con una preziosa testimonianza dal di dentro, che dimostra che il turista culturale non necessariamente è “non sbracato” (e viceversa).
Ma, in generale, se curare l’offerta culturale, nel senso più ampio, è cosa buona e giusta, pensare che questo sposti di un millimetro il problema è una pericolosa illusione. Una dimostrazione brutale: da sempre noi abbiamo una proposta culturale, pronta e impacchettata e di grandissimo valore: le Gallerie dell’Accademia. Una pinacoteca magnificamente omogenea, che percorre tutto l’arco temporale dell’arte veneta e mette in mostra una parte importantissima dell’anima stessa della città. Non si deve inventare nulla, è lì, fatta e finita. Perfetta. Eppure (http://www.luminosigiorni.it/2017/09/accademia-vuota-non-vuota-accademia/) l’Accademia langue intorno ai 300.000 visitatori l’anno (l’1% degli asseriti 30 milioni che ci assediano). Certo, sono sicuro che Federico Rossi obietterebbe, è questione di marketing. Non la valorizziamo come si potrebbe. Ma appunto: marketing. Con un buon marketing si potrebbe aumentare il numero delle visite ma andando a pescare tra coloro cui non può fregare di meno del Giorgione o di Cima da Conegliano. Controprova: il picco delle visite al sito degli Uffizi solo a seguito del servizio fotografico della Ferragni! Certo eccellente operazione di marketing ma.. tutti ammiratori di Botticelli?… Dunque no, la cura della proposta culturale, pur assolutamente da perseguire, non è una leva efficace contro l‘overtourism. Per il semplice fatto che la maggioranza dei turisti non è sensibile a questo aspetto.
Altra gettonatissima ricetta è puntare sulla residenza (che mi pare anche il punto principale della tesi di Rottigni). Ripopolare Venezia limiterebbe l’invasione. È in parte vero ed è peraltro un obiettivo, questo della residenza, assolutamente vitale. In sostanza, la tesi (ancora una volta semplifico molto) è: fino ad oggi l’eccessiva pressione turistica di fatto ha “scacciato” i residenti e si tratta di invertire il circolo da vizioso a virtuoso. Ma anche questo non è certo risolutivo. Certo la messa in circolo delle case di proprietà pubblica, il freno alle locazioni turistiche degli appartamenti sono obiettivi fondamentali (e anche su questo constato che c’è una generale convergenza) ma largamente insufficienti. Anche perché, non possiamo dimenticarlo – e molti degli intervenuti lo hanno sottolineato, per esempio con grande chiarezza Alessandro Santi – la città si ripopola non
solo con l’offerta di case ma anche di lavoro (non necessariamente sotto casa..). Ma questo è un altro punto (fondamentale peraltro) che esula dal tema. L’attrattività della città, anche solo per un selfie, anche solo per la fruizione più becera, semplicemente è indipendente dalla sua popolazione. O detta papale papale: il turista scaccia il residente ma il residente non tiene lontano il turista.
In definitiva, non c’è soluzione alternativa alla limitazione diretta dell’offerta. I turisti devono essere scoraggiati dal venire. Come? La soluzione più radicale e profittevole per la città tutta (ma molto complessa) sarebbe quella di Pass4Venice, proposta che era stata presentata da un gruppo di coraggiosi poco prima delle passate Amministrative senza che nessuno la facesse sua. Ne fa menzione Jacopo Luxardi ma anch’egli, mi sembra, senza illusioni: è evidente che nessuno dei competitori di oggi ha la minima intenzione di impegnarsi in tal senso.
Allora, per esempio, un processo che si potrebbe implementare subito è la limitazione dei turisti giornalieri puntando sui gruppi organizzati. Italia Nostra (ebbene sì, una volta tanto sono d’accordo con Italia Nostra) ha da tempo predisposto una proposta concreta e facilmente attuabile https://www.italianostravenezia.org/2016/11/05/la-nostra-proposta-in-dettaglio/. Si deve agire sui giornalieri indipendenti con sistemi di prenotazione e pass-card, e si deve agire sulla forte limitazione delle locazioni turistiche. C’è in proposito l’ottima iniziativa legislativa di Pellicani e della sua collega fiorentina De Giorgi (cui credo si riferisse Claudio Scarpa alludendo a una proposta che mettesse d’accordo le grandi città d’arte italiane). Vanno in
primis attenzionate le grosse organizzazioni che detengono centinaia di appartamenti e, insisto su un punto che mi sembra lapalissiano, si deve agire sulla leva fiscale: non è né logico né equo che chi affitta a turisti magari numerosissimi appartamenti paghi le tasse con la cedolare secca.
Tanti strumenti, tutti delicati, da applicare simultaneamente e tutti sui quali bisogna “lavorare”, ma fattibili. Ad una condizione: che lo si voglia davvero e che si sia disposti a farsi un mazzo così per perseguirli.
Già.. che lo si voglia davvero…e qui entra in gioco inevitabilmente l’altra questione, gigantesca, dell’aspetto economico. Argomento da trattare con le pinze perché da un lato Renzo Scarpa ci ricorda che “un numero spropositato e casuale di visitatori (…) costa troppo quando i visitatori ci sono ma, soprattutto, continua a costare anche quando i visitatori rimangono oltre la linea dell’orizzonte”, dall’altro non solo l’economia della città non può fare a meno del turismo (costituisce il 50% del PIL) ma anche la sua sola limitazione incide sulla carne e sul portafoglio di molti. Qualsiasi intervento che limitasse il turismo sarebbe sì benedetto dai cittadini residenti “col cappello di cittadini” ma quando questi stessi cittadini (ed elettori) cambiano il cappello e indossano quello di altre categorie portatrici di interesse la musica cambia. Lo stesso contrasto alle locazioni turistiche – su cui quasi tutti si è d’accordo – impatta su un mondo di persone che, legittimamente sulla base delle leggi vigenti, lavora e fa lavorare in città, come Silvia Boselli ha efficacemente illustrato.
Torno in proposito all’eccellente lavoro di Rottigni che, sulla base delle risposte ricevute nell’inchiesta cui accennavo sopra, ha quantificato per ciascuna categoria portatrice di interessi la percezione del turista in termini di “costo” e “opportunità”.
Come era lecito presumere, solo per i residenti il costo è preponderante e neppure in modo nettissimo (e giustamente: per esempio la frequenza delle corse dei vaporetti, altissima, è consentita dalla tariffazione per i turisti e abbiamo visto gli effetti durante la quarantena).
Quindi attenzione: facile attaccare il Brugnalbergo ma se Baretta riuscisse a diventare Sindaco dovrà anch’egli tenere in conto che il turismo è una risorsa economica imprescindibile. Quindi combattere l’overtourism ma… con juicio.
Insomma, lavorare di cesello e col bilancino. Soluzioni “talebane” o taumaturgiche non sono, semplicemente, date.
Vaste programme, indubbiamente. E personalmente temo che nessuno dei due contendenti, per motivi diversi, sia all’altezza. Per questo, la corale condivisione del problema di cui si diceva in premessa deve essere un punto di partenza forte perché l’azione coesa di tutti indirizzi e condizioni in tal senso la futura Amministrazione. Quale che sarà. E come Luminosi Giorni ci auguriamo che i candidati che hanno contribuito all’iniziativa “La mia città dei prossimi 5 anni” siano eletti e diventino parte attiva, chi in maggioranza chi all’opposizione, di questo processo.