Sicuri che non si tratti di antisemitismo?
11 Marzo 2024LA CITTÀ FUTURA di Franco Vianello Moro. Focus su: Venezia Capitale
18 Marzo 2024Bancarotta, Politica? Elettorale? Sarebbero fallimenti, si cambia nome o si appone un “nuovo” davanti al vecchio. I partiti, di destra o sinistra che siano, alla fine dei conti sono società a responsabilità limitata, paga pegno l’amministratore delegato, segretario o segretaria che sia.
Purtroppo la bancarotta della nostra sinistra è di altro genere, è culturale, grave, pesante e potenzialmente definitiva. Sinistra era sinonimo di cultura, essere di sinistra garantiva una sorta di superiorità culturale riconosciuta e accettata, l’egemonia culturale della sinistra, odiata e invidiata, era però indiscussa.
A sinistra, letteratura, arte, musica, teatro, danza tutti di livello superiore, a destra solo feuilleton di bassa lega, a sinistra ironia e satira, a destra barzellette alla Berlusconi e risate grasse.
Su questa egemonia a poco a poco scemata, diffidenze, astio, ci si e accorti che il velo di mistero che volutamente la attorniava era solo fumo, fuffa che era una cultura monca. La cultura nasce dai popoli, vi si annida, vi si sviluppa, si dirama crea innumerevoli rivoli che sembrano vivere di vita propria, ma che sono un tutt’uno.
La superba omelette di uno chef stellato ha lo stesso DNA di una frittata contadina, la Nona di Beethoven affonda le sue radici nei tamburi tribali, le lingue colte altro non sono che dialetti raffinati che qualche potente casta ha reso volutamente incomprensibili ai più.
La sinistra rinnegando la sua stessa ragione di esistenza, ha creato una cesura tra una supposta cultura alta e la cultura popolare, quest’ultima degna al massimo di studi di stampo antropologico.
Ma il Re è nudo, dietro le citazioni, i richiami colti, i convegni, le parole arcane si scopre il vuoto. A forza di andare avanti, di essere all’avanguardia, di puntare al sol dell’avvenir, meta irraggiungibile ma sempre buona per sollevare i cuori, non c’erano che sparuti gruppi sfiancati dalla lunga marcia. In montagna quando si è in comitiva, si va al passo dell’ultimo, altrimenti piano piano lo si perde, e dopo di lui gli altri, tanti tanti altri.
Bisogna tornare nei nostri passi, tornare alle origini, quando più che di libri si viveva e si cresceva di racconti, tornare ai “fondamentali” come nello sport, ai movimenti base, essenziali, riscoprire le origini del perché si è scelto di risolvere i problemi comuni e sortirne assieme. Questa è la Politica, questa è la Sinistra, quella che antepone l’interesse collettivo a quello personale o di gruppo, o di classe, o di casta.
Cultura è tutto ciò che ti insegna e prepara a vivere, produrre cibo, costruire strumenti, creare bellezza, intrecciare, conoscenze, amicizie amori, cultura è quello che ti insegna a non essere sgrammaticato, non tanto perché manchino punti e virgole, ma in quanto capacità di comprendere e farsi comprendere, cultura è un “campo largo” che non ha nulla a che vedere con quello che ti potrebbe far vincere una tornata elettorale.
Ma è anche vero che a sinistra si è creato un patrimonio culturale immenso, che va però ricucito con tutti gli altri. Per fare un esempio, continuare a dividere la produzione di lavoro, in lavoro di prestatori d’opera da quello d’impresa, crea una cesura. Tra chi vive di profitto e chi di salario, contrapporre due mondi che invece si intersecano di continuo, crea una contrapposizione tra gli umani che li divide gli rende nemici. C’è chi ha il talento di intraprendere e chi non ne ha, svilire gli uni rispetto agli altri, santificare chi vive del secondo e demonizzare chi vive del primo, rende eterni concetti di classe che creano una struttura sociale ed economica che è alla base del Capitalismo, cercare di creare concetti culturali in cui questa dicotomia viene superata è il compito di una nuova Sinistra.
cLa difesa delle persone, delle comunità, dei popoli più deboli non deve ridursi alla lotta con le classi dominanti, creare un ambiente culturale in cui nessuno si senta escluso, tradito, subordinato, e nel contempo a nessuno venga rinfacciata la capacità di fare impresa e di ricavarne un profitto equo è la sfida del futuro. Rimanere ancorati alla indubbia bellezza della lotta del proletariato e della falce e martello sarà romantico ma certamente si è rivelato sterile, ha contribuito a far crescere differenze di censo e di vita reale che rischiano di portare l’intera civiltà a uno dei tanti collassi visti nel passato. Chissà se anche il diluvio universale è stato tra questi.