Un governo improbabile
31 Gennaio 2021SODALIZIO CON IL GIORNALE DEL VENETO
4 Febbraio 2021Il 5 maggio, primo giorno dalla fine del primo lockdown mi fiondo a Venezia, perché….”chissà quando la rivedremo così libera dai turisti che, presto, arriveranno nuovamente in massa”! Mi aggiro per le calli e sembra che si stia risvegliando appena da un letargo senza fine… la quiete dopo la tempesta, tutto a poco a poco riapre, qualcuno alza le serrande, qualcuno scopa per terra davanti al proprio negozio, qualcun altro si affaccia dal portone di casa, qualcun altro ancora inizia a sistemare gli arredi della propria attività. Ma tutto attorno un silenzio surreale! Arrivo a San Marco! Che spettacolo! Che meraviglia!
Ritorno, poi a dicembre e sono pervasa dalla stessa sensazione. Quella che a stento in tempi normali facevi fatica a guardare con ammirazione perché sommersa da migliaia di turisti, perché travolta da masse informi di persone vocianti, eccola lì, è lì solo per te, è lì e te la puoi ammirare in tutto il suo splendore e la sua magnificenza!
Ma una nuova sensazione mi assale! Di dolore, di nostalgia struggente, una punta di malinconia e mestizia. O meglio di ambivalenza tra stupore e dolore, tra esaltazione estatica e di vaga tristezza, tra coscienza del privilegio di essere lì e senso di profonda solitudine.
Cerco, a questo punto, di cogliere il senso di quelle emozioni così contraddittorie.
E capisco che sento che tutta quella bellezza infinita, quella ricchezza di mosaici, sculture, architetture, quel profluvio di armonie era lì sola, desolata, senza spettatori, senza lo sguardo di chi poteva ammirarla!
Quanta bellezza sprecata, privata dal soggetto che la guarda! E sento distintamente che la bellezza sta nell’occhio di chi guarda. “La bellezza delle cose esiste nella mente di chi le contempla” (David Hume); oppure “La bellezza non sta nella cosa guardata ma nello sguardo”( André Gide).
Il bello emoziona, dà momenti di estasi e di contemplazione estetica, eleva lo spirito, genera emozione, immaginazione. Si dice spesso:
“È bello ciò che dona emozioni”
“E’ bello quello che mi dà una sensazione positiva”.
“Ciò che fa bene agli occhi ed al cuore”
Pertanto la domanda sorge spontanea: la bellezza è così in quanto tale, fine a se stessa o è fatta per poter e dover essere ammirata? Il bello è una proprietà oggettiva a prescindere dal soggetto che la osserva? La bellezza è commisurata al grado di piacere che suscita in chi la guarda? E se la bellezza è tale, perché si manifesti deve avere un soggetto che assista a questa manifestazione?
Certo è una questione su cui grandi filosofi si sono spesi e non ho certo io la risposta, ma credo che il bello si definisca in funzione del giudizio che lo esprime, mentre il “bello in sé” è assolutamente illusorio o chimerico.
Bellezza” e “gusto” dell’osservatore sembrano, quindi, termini inscindibili, in quanto non sembra possibile concepire una bellezza indipendente da un qualche osservatore che stia lì per goderne la vista, e sia capace di pensare che ciò che ha dinanzi sia bello! Equivale a pensare a un dipinto bellissimo dimenticato in una cassaforte da decenni. Oppure a un fiore che cresce in mezzo a una foresta impenetrabile. Quindi, se manca un osservatore, o qualcuno che prova godimento estetico dinanzi all’oggetto bello, esiste la bellezza?
L’arte deve avere un potere magico, evocativo, potere di estasi contemplativa, può avere il potere di sedurre, da se-ducere, condurre a sé ma anche portare fuori di sé, e questo può farlo solo se c’è uno sguardo che si posa su di lei.
Gli oggetti belli in sé “possono” essere senz’altro concepiti, ma sono oggetti a cui è sottratta del tutto quell’interazione “pratica” (di azione e reazione) con un soggetto che la percepisce.
Esiste, credo, una bellezza oggettiva che è “la bellezza definita come un insieme di qualità rispondenti a dei canoni” che rispondono a criteri quali simmetria, proporzioni, armonia, sezione aurea. Ma è anche vero che, come dice Eco, la bellezza non è mai stata un assoluto e immutabile ma è mutata a seconda del periodo storico e del luogo, quindi della sensibilità degli “spettatori” del tempo.
La realtà è che la bellezza è oggettiva, ma nella sua oggettività possiede alcune componenti soggettive.
Certo l’oggetto bello, dice qualcuno, non deve servire ad altro, è bello e basta. La bellezza deve essere inutile: “Tutta l’arte è completamente inutile” (O. Wilde). E anche secondo Kant due sono le caratteristiche del bello: è colto intuitivamente senza bisogno di ragionamenti o spiegazioni coscienti ed è un fine in sé e non un mezzo per qualcos’altro ed è in tal senso “inutile”, superfluo.
E’ quindi vero che l’arte non deve avere alcun fine utile o strumentale, non deve essere finalisticamente orientato verso una qualche utilità pratica ma è anche vero che se non c’è uno sguardo che prova piacere nell’osservarlo non c’è nessuno che possa darne un giudizio estetico.
La bellezza, inoltre, è un passaggio obbligato per l’evoluzione umana: fin troppo nota l’espressione di Dostoevskij: “la bellezza salvera’ il mondo!”
Senza bellezza, infatti, la vita sarebbe anche deprivata dell’armonia e dell’ineffabile, dell’accesso all’essenza, abbandonata al caos, perché Il bello autentico è, inoltre, sempre aperto ad una prospettiva di carattere etico. Dice Platone: “Il bello è lo splendore del vero”.
Per concludere, senza giudizio estetico e valenza etica, la bellezza sarebbe vana. Così oltre a non poter godere della bellezza tangibile, sono l’intangibile e l’invisibile che restano ignoti e nascosti agli occhi e al piacere dei più, è quel valore che si nasconde dietro il bello e dietro l’opera d’arte che viene precluso.
Ecco, ovviamente non vuole essere un’apologia del turismo di massa a Venezia (e non solo) ma, per una bellezza meno desolata, aspettiamo chi potrà ritornare, chi potrà avere il privilegio di poterla ammirare nuovamente in tutto il suo splendore, anche se sarebbe auspicabile una sorta di educazione alla fruizione del bello che non sia troppo fast ma sia più slow!