Grandi Navi: un metodo condiviso
24 Settembre 2013La città del futuro 2: diritto alla casa
2 Ottobre 2013Da quanto tempo passano le navi da crociera dentro le acque della laguna veneziana? Diversi anni ormai; forse ne passavano in quantità più ridotta nel passato, ma i problemi che solleva oggi il benemerito comitato ‘NO grandi navi’ esistevano prima ed esistono oggi. Allora la domanda rimane: perchè solo ora la protesta? Forse eravamo tutti impegnati in altre questioni più serie per la città, ma come mai questo tema non è mai stato così solertemente sollevato prima? Se si andassero ad approfondire le questioni legate alle ragioni di questa protesta, sarebbe difficile essere in disaccordo alla base, talmente ovvi, e talmente di buon senso sono gli argomenti (addirittura filogovernative le proposte, nel richiedere l’attuazione del decreto Clini-Passera per esempio) a sostegno di questa protesta. Argomenti che sollevano questioni molto meno gravi e di impatto minore rispetto a problematiche più importanti da un punto di vista sociale e ambientale che la città ha affrontato in passato: si pensi per fare solo qualche esempio allo smantellamento della sanità pubblica al Lido e in centro storico o alla questione ambientale ed economica legata alla super infrastruttura del MOSE. La questione delle grandi navi è talmente una non-questione (politicamente) che trova consensi in modo trasversale, con risicatissime opposizioni francamente non credibili e difficilmente sostenibili. E’ un movimento antagonista che però non ha (cosa abbastanza unica e interessante) un’opinione pubblica credibile e diffusa al suo opposto.
Se si va oltre la formalità delle ragioni (ripeto, quasi impossibili da non riconoscere come ovvie) il fenomeno ‘NO grandi navi’ risulta più complesso e più interessante, per diversi motivi. Ciò che va riconosciuto ai promotori del comitato intanto è il fatto di essere riusciti a non monopolizzare in modo settario e autoreferenziale la protesta, ma allargarla alle realtà più diverse della città, facendo grande rete, mescolando appartenenze e colori distinti (partiti, istituzioni, movimenti, destre e sinistre, cattolici e laici ecc), alimentando la partecipazione civica più ampia possibile. Sono riusciti inoltre a superare quell’antagonismo tipico di certi movimenti che odora solitamente di individualismo reazionario (la sindrome NIMBY di cui molti movimenti vengono tacciati) e smuovere l’opinione generale per una evidente causa pubblica che persegue un interesse comune esplicito.
Ma siamo sicuri che sia solo il moto ondoso, o l’aria più pulita, o la salvaguardia da possibili pericolosi ‘inchini’ delle navi lungo le rive della città il vero interesse pubblico? Io stento a credere che si richiuda solo qui la questione. La polemica sulle grandi navi nasce solo ora perchè si muove come un chiaro pretesto per andare oltre la piccola questione nel suo specifico, e che altri movimenti nel passato non sono riusciti a compiere. Le novità e le specificità di questo movimento di protesta cittadino sono state quelle di richiamare l’opinione pubblica locale su una ovvia causa comune legata al ‘mini problema’ (molto lieve se si pensa ai veri problemi di questa città) delle grandi navi, creando un enorme consenso cittadino, e facendo trapelare da questo ‘miniproblema’ uno squarcio più ampio sulle più serie e gravi problematiche che questa città si porta dietro da diverso tempo, e che solitamente non sono massmediaticamente considerate. Ha dato voce a un malessere comune, sicuramente non chiaro e definito, ma che però esiste ed è tale. Insomma, è evidente che dietro le scenate contro i fumi e le onde causate dalle grandi navi, o alle foto a effetto di questi pachidermi del mare c’è di più: c’è un magma che ribolle, pieno di contraddizioni, di cui questa città soffre e che si porta dietro da molto tempo e di cui soprattutto fa fatica ad avere rappresentanza; un disagio generale che, con il consenso che questo comitato si è riuscito a conquistare in questi anni, potrebbe emergere maggiormente e raccogliere una (nuova?) convergenza politica mai prima raggiunta.
Quale idea di Venezia? Tante ce ne sono state, ma sempre deboli e compromissorie. Dietro il suo NO, questo movimento, non appena verranno riconosciute e sostenute le loro cause, potrebbe raccogliere l’adesione pubblica ricevuta verso una nuova direzione, propositiva. Cosa mai successa prima per un movimento che nasce e rimane antagonista nella sua forma. Oppure implodere e frammentarsi come tutti i movimenti. Potrebbe ripartire da un’ idea forte che indichi, numeri alla mano, dove vuole arrivare questa città, come vuole ridisegnare il proprio destino. Cosa vuole e cosa non vuole per il suo mantenimento. Andare oltre la fatalizzazione dei pensieri deboli su Venezia ( e non solo) che non hanno avuto altro orizzonte se non quello del rimedio indolore, adattivo al conformismo inerte. Quanti abitanti deve avere Venezia per vivere e avere al suo interno una forte capacità civica? Di quanti ospedali e quante scuole necessita? Quanto verde? Quanto e quale turismo? Quanti e quali trasporti? Potrebbe porre questioni forti sul problema degli strumenti rappresentativi e sul difficile rapporto tra istituzioni (locali e centrali: si pensi alla gestione del Porto, completamente espropriata alla città, storica e moderna).
Questo ridefinirebbe un primato della politica sull’economia e un più equilibrato rapporto tra pubblico e privato, utile a una città che sempre di più si sente soffocare dentro quel pensiero unico e dominante, a causa del quale ogni direzione politica (giusta o sbagliata che sia) non è più oggetto di facoltà decisionali forti, ma il risultato di un ineluttabile destino che è già stato scritto, per Venezia ma non solo.