I Residenti e gli Equivalenti
19 Aprile 2024PROGETTO EUROPA La cittadinanza europea s’ha da fare eccome
20 Aprile 2024Qualche anno fa – precisamente nel 2021 – il professor Tomaso Montanari aveva fatto alcune considerazioni sul 10 febbraio, giorno in cui si ricordano le stragi delle foibe. Il professore ha una solida conoscenza della storia e le sue affermazioni non prescindono mai da precisi riferimenti e da documentazioni dettagliate. In buona sostanza non negava affatto l’orrore delle Foibe. Esprimeva solo delle perplessità sull’opportunità di datare questa giornata giusto a ridosso della giornata della memoria che ricorre invece il 27 gennaio. Ricordare i due eventi – olocausto e foibe – in due date cosi vicine tra loro non giova né all’uno né all’altro evento. Non restituisce importanza o gravità al secondo rispetto al primo più famoso. Ne toglie piuttosto ad entrambi perché la parificazione e il livellamento hanno l’effetto di normalizzare. Un effetto inquietante che acutizza il virus dell’indifferenza, mentre ripropone la ritualità inflazionata di celebrazioni senza sostanza, messe in piedi perché cosi s’ha da fare.
Dimostrare l’inconsistenza di una datazione così vicina: era questo l’intento del professor Montanari. Da lì una gragnuola di accuse e di minacce al professore. Non ultima quella dell’allora futura premier che sosteneva la necessità che venisse destituito per quanto detto (e proditoriamente mal interpretato), dalla carica di rettore dell’università per stranieri di Siena. Le accuse, scaturite dal timore infondato di un sospetto negazionismo dell’intellettuale, scaturivano in realtà dal rifiuto di idee diverse dalle proprie e dall’intolleranza verso il pensiero divergente. Ci si preparava ad occupare i posti apicali del potere. Erano vere e proprie prove tecniche di regime. E i fatti che sono seguiti all’insediamento delle destre ai massimi scranni istituzionali hanno confermato tali timori.
Sembra una coincidenza, ma sono intellettuali di alto profilo quelli che finiscono nel mirino dei nostri governanti. Chissà come mai. Forse perché sono intellettuali che argomentano con precisione i danni perpetrati da questo governo? O perché prevedono, con altrettanta cognizione, quelli che verranno e che si abbatteranno come mannaie sulle nostre teste, ricordandoci antecedenti storici e illustri progenitori di ministri e sottosegretari? È evidente che voci dissonanti e per giunta autorevoli danno fastidio. Ha dato molto fastidio Saviano. Continua ad essere inviso Montanari. È visto come il fumo negli occhi, per le sue analisi lucide e per le sue incontestabili denunce, il filologo Canfora, querelato per aver espresso il suo giudizio politico sulla premier e sulla sua classe dirigente. Contro tale querela è stato sottoscritto un documento firmato da numerose organizzazioni e da associazioni politico-culturali, in difesa dell’onestà intellettuale e della passione civile dello studioso. Si tratta di un atto grave che collide con i principi costituzionali. Anzi, è un esplicito oltraggio all’articolo 21, secondo il quale “ognuno ha diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Una politica (o un politico), per la funzione che ricopre, è strutturalmente una figura in vetrina, esposta alla critica di privati cittadini che hanno il diritto di misurarne moralità, coerenza e correttezza dei comportamenti. È quindi un abuso di potere minacciare o denunciare chi esprime dissenso. Compito di una premier non è difendersi da un cittadino, ma fugare con atteggiamenti interlocutori dubbi e sospetti. E tutt’al più favorire il dibattito, anziché frenarlo. Temo che questi politici, che hanno querelato giornalisti, quotidiani e programmi televisivi non abbiano letto Voltaire e l’Illuminismo. L’intimidazione di intellettuali e l’intolleranza verso le voci dissonanti – che siano di destra o di sinistra poco importa – vanno di pari passo con una televisione assediata e colonizzata. Il potere che tende ad espandersi e a imporre la propria visione del mondo è sintomo di una democrazia malata. O, come ormai direbbero in molti, di una demokratura. È dovere di tutti noi riconoscere e salvaguardare le voci fuori dal coro. E seguirne l’esempio. Prima che sia troppo tardi.