Difesa delle città d’arte. Il nostro seminario
31 Ottobre 2021Come ti ideologizzo la pandemia
5 Novembre 2021La nostra testata ha postato di recente un articolo a firma Franco Vianello Moro http://www.luminosigiorni.it/2021/10/venezia-deve-vivere-qualche-idea-radicale/ in cui, accanto ad una rappresentazione quantitativa del drammatico fenomeno della sottrazione di unità immobiliari da uso residenziale a locazione turistica, viene descritta una proposta di Italia Viva che si propone di rivedere la normativa (regionale) con il fine di stabilire paletti e limiti all’attività di locazione turistica nei centri storici come appunto quello di Venezia.
Donatella Schiuma è, in coppia con lo stesso autore dell’articolo citato, coordinatrice comunale di Italia Viva e approfittiamo della sua cortese disponibilità per porgerle alcune domande sulla proposta di cui sopra. Donatella è laureata alla IUAV in Architettura con indirizzo Urbanistico e maneggia da anni temi di urbanistica con una profonda consapevolezza che senza una conoscenza degli aspetti normo- legislativi le proposte restano difficilmente realizzabili.
Domanda
Donatella, nel ringraziarti della tua disponibilità volevo intanto cercare di vedere se ho colto il principio ispiratore della vostra proposta. Mi pare che la ratio del provvedimento, che personalmente trovo assai apprezzabile, è stato di ipotizzare un approccio ragionevole e non “talebano” proprio in vista di puntare sula sua effettiva realizzabilità evitando ipotesi velleitarie che si condannerebbero da soli. Se capisco bene, l’obiettivo della proposta è quello di limitare le locazioni turistiche di tipo non imprenditoriale stabilendo un numero massimo (distinguendo per zone) in base ai residenti. Per garantire che i proventi dell’attività siano effettivamente “benessere distribuito” e che restino in città, proponete che l’attività possa essere riservata al proprietario effettivo da almeno 5 anni, che sia residente in Comune e che l’appartamento da locare sia uno e solo uno. Ho capito giusto?
Risposta
L’obiettivo della proposta è di dotare l’amministrazione di uno strumento di governo del territorio, sua esclusiva prerogativa, riconosciuto dalla Regione e legittimato dallo Stato: un Piano Speciale sull’accoglienza turistica sul modello di Barcellona. Il Comune non ha competenze in materia turistica, che come sappiamo è competenza regionale ma ha competenze di governo del proprio territorio ed è in questa competenza che vanno ricercate le soluzioni per gestire le problematiche indotte dalla monocultura turistica. Nel quadro giuridico normativo attuale il Comune subisce ad esempio una regolamentazione regionale delle locazioni turistiche, che rilascia tali autorizzazioni sotto forma di numero identificativo, sulla base solo delle caratteristiche di salubrità dell’immobile, a prescindere da dove essi si collochino, se in centro storico o in periferia, e dalla concentrazione in determiniate aree, se erano immobili precedentemente locati per residenti e così via. La legge regionale non tiene conto cioè delle peculiarità dei territori e delle relative dinamiche economiche e sociali. Se la ratio della legge regionale è buona, dare cioè opportunità economiche a chi possiede un immobile, di fatto non controlla gli effetti che questa ratio può generare in alcuni territori, come i centri storici e come una città storica come Venezia che oltre alle peculiarità tipiche dei centri storici non ha neanche un continuum urbano, ma ha uno spazio fisico finito e ben delimitato. Cosa dovrebbe contenere questo Piano Speciale in relazione alle locazioni turistiche? Il Piano dovrebbe definire i criteri sulla base dei quali assoggettare il rilascio dei numeri identificativi (di fatto autorizzazioni da parte della Regione). È qui che va creato il link tra la politica regionale e quella locale amministrativa. La Regione non deve rilasciare il codice senza aver prima consultato il Comune che sulla base dei criteri che si sarà assegnato sarà quello che alla fine ne autorizzerà il rilascio. In questo scenario la nostra proposta di regolamentazione parte dalle locazioni turistiche di tipo non imprenditoriale perché riteniamo che lì si nascondano intere sacche speculative danneggiando i residenti. Da qui la nostra proposta:
- di definire un numero limitato di locazioni turistiche per zone, in percentuale alla popolazione residente;
- di concedere ai residenti la possibilità di locare ad uso turistico un solo immobile;
- di riservarlo ad appartamenti di proprietà da almeno 5 anni, a meno che non sia stato ereditato;
- di non riservarlo ad appartamenti precedentemente locati a residenziale.
Ma ripeto questi criteri devono essere definiti in un Piano Speciale che deve definire le politiche di gestione turistica del territorio comunale, e che non possono stare in un normale strumento urbanistico, che persegue altri obiettivi.
Domanda
Dicevamo: un limite di locazioni turistiche rapportato ai residenti. Avete un’idea quantitativa di questo limite. Prendiamo per esempio Cannaregio, un sestiere di Venezia con 17000 abitanti. Quanto potrebbe essere il numero di locazioni ammesso? Ti chiedo solo un’indicazione di massima.
Risposta
Non si possono sparare numeri a caso. Servono analisi e serve conoscere bene la mappatura delle attuali locazioni turistiche e dei servizi ad esse connessi. Serve caratterizzare le attuali locazioni e definire quale è la soglia sostenibile per Venezia e per quel determinato sestiere. Ma se prendiamo ad esempio Barcellona, nel suo centro storico ha definito uno stop a nuove locazioni turistiche, mentre Amsterdam ha definito una soglia, 10% rispetto agli appartamenti residenziali. Non c’è un modello da seguire ma c’è un modello Venezia da costruire, a partire dalla situazione già in essere.
Domanda
Questa è una proposta che comprende tutto l’esistente o è da intendersi da qui in avanti? Nel primo caso sarebbe assai incisiva certamente ma teniamo presente che ad oggi mi risulta gli appartamenti locati (nel solo centro storico!!) sono intorno agli 8500. Di questi, moltissimi non hanno le caratteristiche selettive da voi indicate quindi dovrebbero uscire dal mercato. Quindi in realtà si rischia di ricadere nel velleitario proprio perché si andrebbe ad intaccare interessi enormi.
Se invece siamo nella seconda ipotesi, sarebbe un po’ come chiudere la stalla con i buoi già scappati perché 8500 appartamenti su 50000 abitanti sono già una cifra mostruosa. Quindi ci sarebbe ben poco da “spartire”.
Insomma, ci aiuti a capirci di più?
Risposta
Bisogna essere certamente consapevoli che si parte da una situazione molto compromessa in alcune aree e che quindi non si può applicare una normativa in modo retroattivo altrimenti i risultati possono essere anche peggiori della situazione attuale. È importante per noi costruire lo scenario di partenza ed avere ben chiaro lo scenario a cui vogliamo giungere. E per raggiungere lo scenario di riferimento probabilmente non servirà solo dare uno stop a situazioni in essere, o definire limiti a situazioni in divenire, ma occorrerà anche mettere in campo altre leve per creare alternative di tipo economico e residenziale, che rafforzino la permanenza dei residenti e l’insediamento di nuovi. Quindi per rispondere alla domanda sicuramente si guarda al futuro, da qui in avanti, ma cercando con varie leve di modificare anche la situazione attuale. In questi anni abbiamo assistito alla chiusura di attività economiche in città, che attraverso investimenti immobiliari hanno spostato il proprio business proprio sulle locazioni turistiche. Soldi facili, soldi sicuri ma una grande perdita in tanti settori commerciali ed artigianali, che hanno contribuito a cambiare il volto della città. Se la città offrisse altre opportunità economiche sono certa che tutta questa concentrazione sull’immobile ad uso turistico scemerebbe. Altro tema su cui lavorare in concomitanza è l’affitto residenziale, serve una normativa nazionale che tuteli maggiormente i proprietari degli immobili e che incentivi gli stessi all’affitto residenziale. Siamo quindi ben consapevoli che la soluzione non è solo la regolamentazione degli affitti turistici, ma è il punto di partenza per una azione molto più ampia e articolata.
Domanda
Come riporta Franco Vianello Moro nel suo articolo, Italia Viva sottolinea che è necessario partire da una nuova Legge Regionale (aggiungo io: una legge che sia inattaccabile, per evitare ricorsi al TAR come nel caso di qualche anno fa con un tentativo fatto dalla Regione Toscana. Cosa non facile, al di là delle buone intenzioni del legislatore (tutte da dimostrare) ma proprio per la complessità del tema. Quali sono le idee e le strategie in questo senso?
Risposta
Con la Regione va certamente trovato il dialogo, per questo invitiamo il nostro sindaco, visti i buoni rapporti con la attuale amministrazione regionale, a lavorare in tal senso. Noi di Italia Viva non siamo presenti in Regione ma siamo disponibili ad un confronto, a portare idee a costruire dialogo, a dare il nostro contributo, affinché si intervenga e presto sulla materia. Può anche non essere necessaria una nuova legge, può anche essere rivista quella attuale, modificando articoli. Ma per fare questo bisogna convocare un tavolo che veda seduti i sindaci delle città d’arte (mi risulta che anche Verona voglia intraprendere iniziative in merito) e la Regione Veneto. L’amministrazione comunale di Venezia dovrebbe convocare il tavolo. Il principio deve essere sempre il rispetto delle reciproche competenze ma con la ricerca comune di una strada che consenta di gestire problematiche che ricadono su singoli territori. Credo sia anche interesse della Regione porre rimedio agli effetti della propria attività legislativa.
Domanda
Sempre dal punto di vista della Legislazione, pur senza nascondersi che il percorso è impervio, sembrerebbe che l’idea che nei centri d’arte, pena la loro “morte” come civitas, sia ormai irrinunciabile metterci mano sia maturata da più parti. Un primo segnale importante è stato il Decalogo firmato a due mani da Brugnaro e Nardella, notizia recentissima è la notizia che lo stesso Nardella ha annunciato la prossima proposizione di una proposta di legge per la difesa dei centri storici (già accolta a scatola chiusa dai Sindaci di Venezia, Verona e Bologna) e in termini assolutamente analoghi si è espresso Carlo Calenda nel suo programma di candidatura a Sindaco di Roma. Insomma, i tempi sembrerebbero maturi anche per un’iniziativa legislativa a livello nazionale. Italia Viva, per quanto tu sappia, intende giocare un ruolo nella partita e quale, eventualmente?
Risposta
L’iniziativa dei Sindaci è positiva perché solleva un problema: i sindaci non hanno strumenti per regolare effetti di politiche che discendono da livelli sovraordinati. I tre punti cardine del documento proposta di legge di Nardella sono: poteri ai sindaci per contingentare le autorizzazioni commerciali, una «norma Airbnb» per mettere limiti e divieti agli affitti brevi per turisti, e, infine, la possibilità di imporre ai privati interventi di recupero e manutenzione sui loro immobili in accordo con la soprintendenza. Quello che però mi colpisce è perché non si cerchi il dialogo con le Regioni e si tenti, al contrario, la via molto rischiosa della proposta di legge nazionale. Parrebbe il tentativo di aggirare il livello regionale, cercando il campo molto ristretto e ad elevato rischio di incostituzionalità che potrebbe portare di fatto alla non incisività di azione.
Sugli affitti brevi per turisti Italia Viva a Venezia ha la sua proposta prima descritta, senza per questo invocare una legislazione Nazionale. Abbiamo indicato la via da perseguire e l’interlocutore con cui dialogare. La stessa strategia può essere perseguita per le autorizzazioni commerciali. Con la piattaforma Aibnb è importante certo avviare una collaborazione, tante capitali europee lo hanno già fatto per controllare le locazioni turistiche sul proprio territorio, esercitate senza il rispetto delle regole locali. Alcune città, vedi Milano hanno stipulato accordi per facilitare l’accesso alle locazioni a canone concordato per gli affitti di residenti temporanei (studenti e lavoratori) e non mi risulta abbia avuto difficoltà a stipulare con Airbnb un tale accordo.
In sintesi quello che voglio dire è che molto si può e si deve fare senza cercare scorciatoie, nel rispetto delle competenze definite dalla Costituzione. E là dove queste competenze necessitano di essere declinate ulteriormente, per via di specificità territoriali, le Regioni, che su molte materie sostituiscono lo Stato, devono aprirsi al dialogo e recepire i parametri di sostenibilità che ogni Comune deve poter individuare per il proprio territorio. Noi vogliamo poterle individuare con il Piano di Accoglienza Turistica.