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9 Marzo 2024Parlare di commercio nella nostra Venezia, non è certo facile. È un fenomeno complesso e articolato, in continua mutazione, che trae le sue radici da una secolare ed internazionalmente riconosciuta posizione di vantaggio competitivo : “Venezia, Città di mercanti”.
Vorrei affrontare questa sua vocazione non tanto da novello presidente di categoria, ma dall’angolo privilegiato di un imprenditore con una quasi cinquantennale esperienza all’interno di una famiglia che festeggerà il prossimo anno il proprio centenario aziendale.
La prima grande mutazione del commercio venne determinata nella nostra dalla legge Bersani ( decreto legislativo del marzo 1998).
Tale provvedimento legislativo nazionale liberalizzò le licenze commerciali azzerando il loro valore e lasciando al mercato il riconoscimento, talvolta, di un residuale valore di avviamento.
Antecedentemente a quella data, le licenze erano semi-bloccate, per ristrette categorie merceologiche, e vigeva nelle città un certo equilibrio nell’offerta commerciale. La concorrenza era molto ridotta e, nella maggior parte dei casi, i negozi erano gestiti a livello familiare con il supporto di qualche dipendente.
Il valore delle licenze commerciali era molto significativo e diversificato tra merceologie. Ricordo un passaggio di licenza di un negozio di abbigliamento negli anni ‘80 in Mercerie a Venezia per un valore di un miliardo di lire, corrispondenti oggi a qualche milione di euro.
La rivoluzionaria legge Bersani determinò la possibilità di ingresso nel mercato di nuovi operatori, in un’ottica di sviluppo del Paese e di maggiore competitività delle aziende con la conseguente creazione di nuovi posti di lavoro.
Parallelamente determinò altri due effetti :
a) Modificazione dell’equilibrio merceologico
b) Aumento smisurato degli affitti.
Sulla modificazione dell’equilibrio merceologico mi verrebbe da dire che si sarebbero potute creare delle eccezioni per i centri Storici ad alta densità di turismo allo scopo di limitare la creazione di un’offerta commerciale rivolta prevalentemente al turista.
Sul secondo punto penso che gli effetti non fossero stati valutati appieno. L’azzeramento delle licenze ha di fatto favorito i proprietari degli immobili ad uso commerciale, spesso non gestori essi stessi dei negozi, che hanno visto d’improvviso allargarsi a dismisura il ventaglio di possibili nuovi inquilini (per Venezia : il mondo intero!) con il conseguente aumento smisurato dei canoni di affitto che si sono talvolta più che triplicati.
Ne è derivato pertanto un processo di “sbarco” in città di grandi firme, processo tuttora in atto, alla ricerca di vetrine che trasmettano un’ immagine il più possibile internazionale per il proprio brand (anche a costo di avere negozi che non generano profitti, se non addirittura in passivo!).
I dati statistici di questi ultimi anni confermano questo trend. A fronte di una regione, il Veneto, che negli ultimi otto anni ha visto la chiusura di 59.000 partite iva (tra commercio e artigianato) Venezia, nel biennio post – Covid ‘22-‘23, ha visto un saldo attivo di 96 nuove aziende (278 aperture, 182 chiusure definitive) .
Il tema è: oltre alle grandi firme (i cui eventuali profitti spesso finiscono Oltralpe), quali altre aperture si sono fatte a Venezia ?
La risposta risulta abbastanza facile e sotto gli occhi di tutti. Si sono aperti tanti nuovi negozi con una merceologia di bassa qualità rivolta esclusivamente al mercato turistico.
Tali negozi, cosiddetti di paccottiglia, sono spesso gestiti da cittadini extra-comunitari non sempre facilmente identificabili facenti capo talvolta ad aziende che cambiano ripetutamente ragione sociale. Questo consente quindi spesso di sfuggire ai controlli od al pagamento di sanzioni amministrative.
Vanno quindi lette in un’ottica di contrasto a questi fenomeni le recenti delibere comunali che hanno limitato le merceologie nell’Area Marciana e che hanno appesantito le sanzioni amministrative per le aziende con reiterate violazioni che sono a rischio chiusura con conseguente modifica merceologica ove ricadenti nelle aree “protette” .
Le delibere vanno quindi nella giusta direzione ed hanno il plauso della nostra categoria. Mi auguro che la strada intrapresa venga percorsa con coraggio per portare negli anni a venire ad una moralizzazione del mercato e a una offerta commerciale più qualificata.
Resterà sempre aperto il capitolo affitti: in un mercato libero si dovrà trovare un nuovo punto di equilibrio che non scoraggi nuovi progetti e non costringa a nuove chiusure.
In un mercato sempre più internazionale ed aperto agli acquisti on line, la competitività si giocherà sulla specializzazione del prodotto e sulla qualità dei servizi alla vendita ed al post vendita.