Il Parco Incompiuto
12 Dicembre 2020Il fascino discreto del qualunquismo
13 Dicembre 2020La Corte di Assise di Milano ha PROSCIOLTO un marito che ha massacrato a coltellate la moglie (63 anni, che peraltro stava amorevolmente accudendo lui 80enne) perché preda di un “evidente delirio di gelosia che ne ha sgretolato il rapporto con la realtà, tanto da determinarne un irrefrenabile impulso omicida”. Ovvero la gelosia è stata considerata una causalità indiretta tale da rendere non perseguibile la violenza (peraltro in questo caso decisamente premeditata: l’ha tramortita prima e poi squartata a coltellate). A prima vista una riedizione 2.0 dell’indimenticato “Divorzio all’italiana” di Pietro Germi.
Amici avvocati mi hanno però fatto notare un fatto tecnico oggettivo: l’omicida è stato prosciolto perché affetto da delirio di gelosia, ovvero da una vera e propria patologia psichiatrica (si presume certificata da fior di perizie professionali). Insomma, era completamente pazzo. Quindi, esattamente come per ogni altro delitto, ancorché orribile, da chiunque commesso, la totale infermità di mente accertata ha escluso la capacità di intendere e di volere e, quindi, l’imputabilità di chi ha commesso il fatto. Altri inoltre sottolineano che l’assassino finirà comunque in una struttura protetta REMS (Residenza per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza), che sostituisce il manicomio criminale, quindi l’assoluzione è relativa.
Pazzo dunque. Come uno che si credesse Napoleone e ammazzasse la moglie perché crede di trovarsi di fronte il generale Kutuzov.. Solo che è un fatto che di Napoleoni che fanno fuori Kutuzov o Wellington non ce ne sono punto in giro. Mentre il conteggio dei femminicidi è un orribile rosario di delitti che si arricchisce con frequenza pressoché giornaliera.
Prevengo l’ovvia obiezione degli amici giuristi: certo, non tutti i casi di femminicidio configurano la pazzia come nel caso in ispecie (non contestando la correttezza delle risultanze cliniche). Nella maggior parte dei casi la gelosia è la causa diretta; in questo è indiretta, ovvero è la causa che ha provocato quel delirio che ha scatenato la furia omicida. Ma entrambe le fattispecie hanno in comune il fatto che il soggetto vive in un contesto mentale e culturale in cui – in maniera strisciante e subdola – “si parte” da uno status percepito per cui in un certo senso è normale che l’uomo “perda la testa”.
A questo proposito vale la pena di leggere il dotto (anzi dottissimo e per questo un po’ impervio) articolo di Tiziana Plebani pubblicato su Ytali https://ytali.com/2019/05/04/lira-del-maschio-non-e-scontata/?fbclid=IwAR3UhX7Hh8WEX5JLjS-FsToTNkWfco0PwxyYXFyLS_X8GEAUEpOMlUnUyjw che mette a fuoco come (cito letteralmente da Tiziana) “sono le nostre costruzioni mentali e culturali che di volta in volta modellano ciò che proviamo, suggeriscono schemi in cui inserire l’emozione, interpretandola e suggerendo l’azione più consona”. Esiste in effetti un substrato mentale nella nostra società in cui la violenza del maschio nei confronti delle donne è in qualche modo inconsapevole accettata come fisiologica. E, aggiungo io, se poi uno dà veramente di matto, “parte” da quella premessa per impazzire in una data direzione. Per capirsi, torniamo all’esempio sopra: se scoppiasse una folle moda che ci portasse a vestire giubbe sgargianti di cordoncini e bottoni dorati, feluche e elmi con le piume, facilmente i presunti Napoleoni si moltiplicherebbero. Cioè è il contesto generale che indirizza le manifestazioni fuori standard, non appena l’equilibrio mentale e psicologico è fragile.
In definitiva, la sentenza sarà anche ineccepibile ma mi sembra tanto il classico summum ius summa iniuria. E da uomo qualunque mi pongo qualche interrogativo. Sul fatto che i casi di sentenze miti o ridimensionate in sede di Appello (la stessa Tiziana ne cita una) perché l’omicida era in quel momento preda di un raptus emozionale non sono rari. E, guarda caso, su sentenze di femminicidio. Per altri delitti, pure orrendi, nei quali è difficile non pensare a raptus momentanei, alla perdita di controllo per il furore del momento (si pensi agli infanticidi per esempio), esiste la stessa generosità nel valutare il raptus emozionale? Non è che in questo Paese continua a esistere una traccia, un substrato di comprensione, per il delitto d’onore (che, sembra incredibile, è stato abolito solo nel 1981)?
Il contrasto a questo fenomeno orrendo si combatte non solo, come universalmente riconosciuto, a livello educativo sui bambini (e con l’esempio di papà che ama e rispetta la mamma), non solo come opera di vicinanza alle vittime e possibilmente prevenzione ma anche a livello di consapevolezza sociale. A proposito, un plauso all’Associazione Mestre Mia per l’eccellente iniziativa lo scorso 25 novembre in occasione della giornata contro il femminicidio. Bravissimi davvero.
Ripeto quanto scrivevo in un mio vecchio articolo sull’argomento http://www.luminosigiorni.it/2013/05/la-piaga-del-femminicidio (e mi si perdoni l’autocitazione): i maschi protagonisti di questi crimini sono, senza se e senza ma, miserabili assassini e questo andrebbe ricordato ad ogni occasione possibile. E va sempre ribadito che è del tutto falso l’assunto “l’amava tanto che..” . “No, caro aguzzino – verrebbe da dirgli – tu non l’amavi, questo non è amore. Il problema è che tu sei un grandissimo STRONZO”.