Castigat ridendo mores: a proposito del libro “La bussola del dubbio”
19 Maggio 2023ELOGIO DEL TEMPO PRESENTE, LA SOCIETA’ APERTA
25 Maggio 2023Ho assistito al convegno “Europa: tra Mediterraneo conteso e Africa necessaria” (a Palazzo Franchetti, sabato 13 maggio u.s.), organizzato dalla benemerita Associazione Fondaco Europa, con un pubblico molto numeroso (indubbiamente attirato dallo standing dei prestigiosi relatori) e attento. Qui la registrazione, per coloro che eventualmente fossero interessati: https://fondacoeuropa.eu/europa-tra-mediterraneo-conteso-e-africa-necessaria/ .
Si sono rappresentati argomenti ben noti, nei quali non entro se non di sfuggita perché appunto li do per scontati (anche in questa testata ne abbiamo parlato svariate volte). Si è ribadito quanto l’Europa sia una istituzione necessaria, non tanto e non solo per un’adesione ”ideale” (che comunque è di per sé un aspetto fortissimo) quanto per il fatto banalissimo che la creazione di un blocco europeo di interessi, di capacità di agire politicamente, commercialmente e militarmente nello scacchiere mondiale è una conditio sine qua non per non essere irrimediabilmente condannati ad un ruolo di subalternità (per la prima volta nella Storia). Questo, del resto, è precisamente il tema fondante dell’esistenza stessa di Fondaco Europa, che ha organizzato la giornata e che, giova ribadirlo, merita tutto il nostro plauso.
Si è anche sottolineato come il Mediterraneo sia oggi quanto mai un’area contesa e sarà inevitabile fare i conti con il gigante africano che costituisce tutta la costa sud del (ex) Mare Nostrum (da qui il titolo della Giornata). Perché il nostro futuro sarà sempre più condizionato da quello che accadrà attorno al bacino del Mediterraneo e nel continente africano. E quindi delle due l’una: o si subiscono passivamente le ricadute di eventi e mutazioni epocali che altri soggetti determinano in questa parte di mondo oppure ci si assume la responsabilità e la fatica di agire un ruolo da protagonista nel gestire e auspicabilmente risolvere le varie contese che riguardano il Mediterraneo e l’Africa. Consapevoli però che è un impegno gravoso, complicato, da porre in atto a partire da subito.
Ma tutto quanto sopra è in certo senso scontato. Il motivo per cui il convegno si è meritato una particolare attenzione è stata la brillantissima esposizione di Marco Minniti, già Ministro degli Interni del Governo Gentiloni.
L’ex Ministro ha sostenuto che, atteso che il mondo non è certo più bipolare come negli anni della Guerra Fredda, né unipolare come si è creduto brevemente dopo la caduta del Muro, nei prossimi decenni non sarà neppure – come invece si sente dire sovente – multipolare (e meno che meno vi sarà un multipolarismo virtuoso). Il mondo sarà apolare. Ovvero sarà estremamente più complesso, meno governabile, vedrà una moltitudine di soggetti capaci di agire senza condizionamenti e in grado di giocare un ruolo autonomo in campo militare o energetico o geopolitico o demografico. E andrà in crisi l’esercizio, da parte delle grandi potenze, del cosiddetto soft power ovvero la capacità di condizionare e indirizzare le politiche di altri soggetti ancillari. Con un’Organizzazione delle Nazioni Unite condannata alla totale irrilevanza (basti pensare al paradosso per cui la prossima riunione del Consiglio di Sicurezza sarà presieduta dalla Russia, condannata da un voto quasi plebiscitario per la sciagurata invasione dell’Ucraina) ma questa è una constatazione ormai persino obsoleta.
In Africa la famigerata brigata Wagner si è diffusa in Sudan, in Libia, nel Sahel, nella Repubblica Centrafricana e sta infiltrandosi in Burkina Faso. E nonostante la drammatica carenza di truppe nel pantano ucraino, i russi non hanno spostato un solo soldato sulle rive del Dnjepr. Li hanno lasciati tutti in Africa, a riprova dell’importanza strategica che riveste quel continente per la Russia. Così come la Cina ha colonizzato di fatto interi paesi africani assicurandosi fonti di materie prime strategiche in cambio di investimenti infrastrutturali e senza essere minimamente condizionata da vincoli etici sul grado di democrazia del proprio interlocutore o sullo stato del rispetto dei diritti umani nel Paese di azione. La maggior parte dei Paesi africani è considerata “indifferente” nella postura verso i grandi blocchi di potere internazionale. Né gli Stati Uniti né l’Europa sono in grado di esercitare la minima influenza sui paesi africani. Persino Macron ha ammesso che la “France Afrique è finita per sempre”, il Niger, unico Stato in qualche modo filoeuropeo del Sahel, ha fermamente imposto alla Francia di smobilitare tutte le truppe di stanza nel Paese non riconoscendo più alla stessa Francia un ruolo di protettorato neppure larvale. Il Sudafrica ha triangolato armi con la Russia e ha persino coltivato l’idea (poi lasciata cadere) di uscire dalla Corte Penale Internazionale pur di accogliere Putin in Visita di Stato, notoriamente oggetto di mandato di cattura internazionale. L’Algeria, il Paese a cui ci siamo legati mani e piedi per le forniture energetiche in sostituzione della Russia, ha chiesto di entrare nei BRICS (e la Cina ha già dato il suo placet). Non nell’Unione Europea, non nella NATO.. nei BRICS.
L’Arabia Saudita, un tempo longa manus di Washington in Medio Oriente, non risponde più alla moral suasion degli USA in tema di politiche energetiche e il più clamoroso successo della diplomazia internazionale è stato a firma cinese, che ha messo pace tra la stessa Arabia e l’Iran, acerrime nemiche da decenni. La stessa Cina dalle cui labbra pendiamo perché in qualche modo determini la pace tra Russia e Ucraina. Non lo farà, con tutta probabilità, ma il fatto stesso che sia oggi l’unico attore cui viene riconosciuta la possibilità di intervenire con speranze di riuscita è già un successo.
E l’Europa?.. La Tunisia, unico Stato in cui la primavera araba è evoluta in senso democratico, è in gravissimo stato finanziario. Vittima della crisi del grano causata dal blocco in Ucraina che ha causato un’impennata dei prezzi e il Governo non ha potuto far altro che sussidiare tenendo il prezzo accettabile andando così a un passo dal default. L’Europa, in risposta al grido di aiuto della Tunisia, ha saputo solo dire “firma un accordo col FMI e poi vediamo”. La Tunisia.. da cui può provenire una massa immane di disperati sulle nostre coste. Per l’Egitto, in situazione del tutto simile (e per gli stessi motivi) ha goduto di investimenti diretti da parte della triade Qatar, Arabia Saudita e Emirati Arabi di 27 miliardi di dollari, di cui 5 versati cash nelle casse della Banca nazionale. E in Europa assistiamo ai miserevoli battibecchi tra Italia e Francia sull’accoglienza ai migranti..
La verità è che l’Europa, nei suoi rapporti con l’Africa deve cambiare decisamente passo. Deve agire con una voce sola ed investire non solo economicamente ma riconoscere un ruolo nel nuovo ordine mondiale all’Africa e ai suoi abitanti. Non si accontenteranno più della classica pacca sulla spalla. Vaste programme, certamente, ma la posta in gioco è l’uscita dallo scacchiere internazionale. Se non si impone presto questa consapevolezza ci aspettano tempi davvero oscuri.