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4 Maggio 2024questo articolo è stato scritto con la collaborazione di Lorenzo Colovini
Il Gruppo Stellantis ha presentato in questi giorni la nuova Alfa Romeo, un SUV compatto con grandi ambizioni commerciali, che ha chiamato col nome evocativo Milano per rimarcare la tradizione meneghina dell’Alfa, nata appunto a Milano nel 1910. Si chiama Milano ma è prodotta.. in Polonia. Il Ministro Urso ha obiettato che una macchina che si chiama Milano non può essere costruita in Polonia e ha evocato, a nostro parere prendendo un granchio, addirittura la legge che contrasta la commercializzazione di prodotti fruendo ingannevolmente del cosiddetto Italian sounding. Detto fatto, Stellantis ha modificato il nome del modello, ribattendo la vettura “Junior” (invero molto meno intrigante di “MIlano”). Ma questa è stata l’unica, e certo non sostanziale, concessione. L’AD di Stellantis, Tavares, ha infatti replicato serafico che Urso si accontenti che il design e l’ingegnerizzazione della nuova vettura siano state fatte in Italia. Costruirla qui avrebbe aumentato il prezzo di 10.000 € causa la differenza dei costi del lavoro e dell’energia tra Italia e Polonia. È l’ennesima puntata del braccio di ferro tra il nostro Governo e Stellantis che vuole ridurre le produzioni in Italia. Già oggi Mirafiori a Torino, una fabbrica “simbolo”, lo stesso nome Mirafiori evocativo di un’epoca gloriosa e di successi che hanno caratterizzato la storia industriale del nostro Paese ha prodotto nel 2019 (dato de Il Sole 24 Ore) 21 mila vetture contro le 200 mila e sei modelli fino ai primi anni 2000. Tavares ed Elkann hanno manifestato l’intenzione di effettuare ulteriori tagli e di mettere in cassa integrazione un sacco di gente. Ora, per chiarire la situazione: parliamo di “diminuzione” rispetto a una situazione già drasticamente in ritirata. Il grafico sotto (fonte ANFIA) mostra la drammatica ritirata della produzione di automobili in Italia.
Anche senza considerare il picco del 1989 di 2 milioni di autovetture, oggettivamente oggi irrealistico, resta drammatico il calo dal milione e mezzo circa di inizio secolo al mezzo milione di oggi. Rispetto al quale Stellantis ANCORA parla di riduzioni.. Con conseguenze pesanti per la ns. economia. Si sa che l’indotto produce anche per l’export, soprattutto verso la Germania, ma le scelte di Stellantis avrebbero comunque un forte impatto negativo.
Il ministro Urso ha dichiarato che “senza 1 milione di auto arriva un altro produttore”. Si, ma quale? Certamente un cinese. Allora sorge un altro pericolo, secondo quanto dichiarato dagli economisti: di che tipo di fabbriche si tratta? Una cosa è produrre, ossia fare qui da noi un ciclo completo o quasi, altro è assemblare soltanto. Se si realizzasse questa seconda ipotesi i cinesi troverebbero il modo di invadere l’Europa con auto low cost evitando barriere doganali.
Di fronte a questo disastro annunciato, l’unica voce della politica che ha denunciato la cosa è quella di Carlo Calenda. Per il resto un silenzio assordante (sindacati compresi, incredibilmente). Calenda, denunciando la cosa, attribuisce il silenzio alla connivenza della stampa, segnatamente di Repubblica (per motivi di proprietà). È certamente vero, ma non basta. C’è sotto qualcosa di più e di molto più grave. Il problema di fondo è che in questo Paese, a destra come a sinistra, il tema SVILUPPO industriale è assolutamente sconosciuto. Il dibattito politico si balocca su temi infinitamente meno significativi per la vita dei cittadini e il futuro del Paese. Riforme istituzionali improbabili, i diritti, i bonus, sconti e condoni di tutti i tipi, la formazione del “campo largo”,. forse tra gli argomenti vitali solo la politica estera (e solo per l’inevitabile impatto che ahimè questa ha sulle nostre vite) ha lo spazio adeguato. Ed è il segno indiretto della decadenza di questo Paese.
Rimane l’interrogativo del perché Stellantis tenda ad abbandonare progressivamente l’Italia. C’è sicuramente un tema di “peso” politico. La stanza dei bottoni non sta in Italia, sta in Francia; lo Stato francese è pure azionista di Stellantis e sappiamo bene quanto questo è sempre stato fortemente vigile sul terreno della politica industriale. Poi la classica una valutazione di convenienza, nell’ambito delle strategie del gruppo, a produrre le auto a minor valore aggiunto altrove, Polonia in primis e qui siamo in buona compagnia: il sistema tedesco è analogo viste le produzioni in Spagna, Rep. Ceca, Polonia, Ungheria. Infine c’è la vexata quaestio (e questo vale in generale anche per le auto di lusso), il solito problema della minore competitività e produttività del sistema Italia, uno dei Paesi dove oggi è meno attraente fare business. Per la burocrazia, la diffusa illegalità e le incertezze del diritto e pei i tempi della giustizia. Proprio in questi giorni un tale Carmelo Patti, un self made man che era diventato il patron del colosso del turismo Valtur, dopo 13 processi in 5 anni per accuse di collusione con la mafia (che ovviamente lo hanno rovinato) si è visto restituire dal Tribunale di Trapani l’onorabilità.. non era vero nulla. Peccato che il povero Patti non si sia goduto neppure questa giustizia fuori tempo massimo, perché nel frattempo è morto. Dite che è il sud, il solito sud arretrato? Nemmeno un po’: sempre notizia recentissima: il Tribunale di Sondrio ha chiuso un processo iniziato nel 2013. Dopo più di 10 anni ha assolto tutti gli imputati accusati di frode fiscale e riciclaggio, 6 persone arrestate, 21 denunziate e un sequestro di beni per 250 milioni.
Buona notizia per le persone coinvolte. Ma quale disagio hanno subito? Quali sconvolgimenti lavorativi, personali e familiari, beni sequestrati e quindi immobilizzati per 10 anni! E senza parlare dei costi, legali e giudiziari!
E poi ce la prendiamo con Stellantis?.. .