Diritto alla salute e diseguaglianze sociali
15 Novembre 2020Solitudine, socialità e visibilità ai tempi del coronavirus
17 Novembre 2020Toglietemi tutto ma non il Partito, così gridava forte un settantenne disperato; se non del tutto giusto neanche tutto sbagliato.
Mi si scusi questo incipit che mescola De André a una marca di orologi, ma è l’immagine che mi si è presentata davanti pensando all’attuale situazione politica. Lo confesso, ogni riferimento a persone e partiti esistenti non è per nulla casuale, penso a persone, amici che frequento da anni e che per molti versi stimo, perfetti stereotipi dell’uomo o donna di partito; ho preso ad esempio un settantenne perché è la mia età, ma è anche l’età di mezzo tra i cinquanta e i novanta, i primi hanno solo assaporato la potenza del Partito i secondi l’hanno vissuta e in qualche modo ne sono stati i responsabili, e ora tutti assieme sono le principali vittime dalla crisi dell’Istituto Partito.
Dal ’68 in poi, passando per Mani pulite, ho visto, e in qualche caso, vissuto cento e cento tragedie ideologiche, partiti nuovi, rifondati, resuscitati, rimescolati, “ho visto cose che voi umani”, siamo passati dalle bande armate ai blog stellati, dalle grandi Alleanze Democratiche, all’Ulivo, passando per la Cosa, l’Asinello e le Margherite, sono nati i NO a qualcosa, qualsiasi cosa, abbiamo ballato in Girotondo. Ma poi torniamo sempre alla forma Partito mordendoci rabbiosamente la coda perché sempre lì finiamo, e lì ci troviamo a fare conti con segreterie, correnti, faide interne, leader abortiti, leader rimpianti ma solo perché non ci sono più. Se fosse ancora vivo Berlinguer avrebbe certamente subito gli stessi sgambetti toccati a Prodi, Occhetto, Veltroni e Renzi e altri, le bande dei mediocri, bulli delle segreterie, sono sempre pronte a colpire chi esce dal mucchio.
Fino a quando la Sinistra ha avuto a che fare con il brutto sporco e cattivo Capitalista, in un bel mondo manicheo con il proletario buono e il padrone cattivo, essere un “compagno” era semplice e facile, ti sentivi dalla parte giusta sempre e comunque, le trincee erano nette e ben separate. La versione intellettuale del “compagno” andava poi a nozze, non venivano nemmeno richieste mani callose, lavori pesanti e reddito da fame, in fondo bastava un eskimo, leggere L’Unità, un poster del “Che” in camera, andare alle manifestazioni ed esprimersi con dotta erudizione.
Poi è cambiato tutto, è cominciato con il motorino, il Levis 501 e un po’ di fumo, anche il “Che” è diventato una stampa su una maglietta, un prodotto, l’era del Consumo ha cambiato tutto, la contessa era scandalizzata perché “l’operaio voleva il figlio dottore”. Ma poi lei e il consorte hanno capito che per sviluppare la fabbrichetta e quindi i loro affari, i loro operai dovevano sognare, avere il vestito buono non solo la domenica, e andare in ferie in un mare che non fosse solo quello di Jesolo o di Riccione. Se prima la classe operaia non andava in paradiso perché doveva portare a casa pranzo e cena, ora deve avere el macchinon, almeno un 55 pollici e sentirsi povero se non riesce a farsi l’abbonamento a Netflx e a Dazn. Sono cambiati i bisogni ma non il bisogno di lavorare, e poi a controllare e sedare le rabbie varie ci pensano gli “Universi Paralleli” delle serie tv o le squadre del cuore. L’oppio dei popoli non veste più la tonaca ma la minigonna di una velina o la maglia sudata di un giocatore di calcio, ognuno può immedesimarsi nell’eroe buono e in quello cattivo, segnare un goal fantastico e accoppiarsi con il superfigo o la superfiga,
E nel frattempo è crollato il Muro e abbiamo scoperto quanto brutte e inquinanti fossero le Trabant al confronto delle nostre Fiat, quanta miseria pesasse dietro ogni badante, e quanto, qualsiasi regime si ispirazione Comunista fosse non solo dittatoriale, ma anche inefficiente e incapace di produrre benessere per i propri sudditi e alla fine il Liberismo ne è uscito trionfante e tronfiante.
Che fare? direbbe Lenin. Attaccarsi romanticamente ai vecchi miti, dichiarandosi orgogliosamente ancora Comunisti? Qualcuno l’ho ha fatto; oppure lasciarsi contaminare socialisteggiando il Liberismo? È stata dura, così dura che qualsiasi sia stata la scelta, rifondarola o compromissoria, nel tragitto siamo tutti caduti in depressione, una depressione che sta diventando cronica, che non si cura cantando ogni tanto Bella Ciao
Essere di Sinistra in questo inizio di millennio rischia di essere più una categoria romantica che una categoria Politica e ancor meno una categoria economica. Ma non siamo “homo homini lupus” (inusuale citazione latina estranea al mio abituale lessico) e non essendo più soddisfatti della forma Partito ci siamo inventati associazioni e comitati che si interessano e occupano di tutto e di più. Ogni albero è diventato una foresta da salvare, ogni vecchia pietra un reperto archeologico irrinunciabile, e amici di questo o quello, difendono qualunque cosa non si muova. Non sapendo più come progettare il futuro, ci ancoriamo ad ogni traccia del passato, un passato vissuto come puro e glorioso anche se fondamentalmente perdente.
La Sinistra è in questo secolo bloccata tra lo spontaneismo romantico e virtuoso di movimenti e associazioni, e gli organigrammi obsoleti dei Partiti ma soprattutto dalla mancanza di una Idea, di una Intuizione che possa ridare all’universo mondo una alternativa valida e credibile al sistema economico dominante. Che certamente è tutto, salvo che egualitario, visto che la forbice tra povertà e ricchezza diventa sempre più grande e opprimente; il mondo è ormai dominato da pochi faraoni che spesso non sono neppure umani, ma si incarnano i misteriose multinazionali, e i paria di tutto il mondo costruiscono altre piramidi per esaltare la loro grandezza.
Serve un’idea
“Un’idea, un concetto, un’idea
Finché resta un’idea è soltanto un’astrazione
Se potessi mangiare un’idea
Avrei fatto la mia rivoluzione”
cantava Gaber. Quindi serve un’idea che sia “mangiabile”; Don Milani scriveva che per risolvere i problemi in maniera comunitaria c’è la Politica. Quindi ripartiamo dai problemi ma senza usare per ora filtri o lenti ideologiche: saranno poi le strategie adottate per risolverli che creeranno i nuovi schieramenti di questo secolo. Potranno essere ancora Destra e Sinistra, oppure altre categorie ma ora non lo sappiamo. Certo anche la scelta dei problemi, le priorità che si formeranno saranno in qualche modo un discrimine. Partire dall’ambiente o dal lavoro è una cosa, partire dall’impresa e dalla ricerca del benessere, un’altra. E anche qui: benessere individuale o collettivo?
Di una cosa sono però certo. Qualsiasi sia la scelta non deve prescindere dalla valorizzazione dei talenti personali. E per talento non si può intendere solo la capacità di inventare una melodia, o di scrivere un libro, di danzare, o prendere a pedate un pallone. Talento è anche la capacità di fare impresa, di organizzare, di decidere, di superare; e i talenti per esprimersi ed espandersi, non possono non essere valorizzati e premiati. Una società che limita i talenti, li controlla, non li lascia liberi di agire è una società povera e sterile. Il problema è come controllare i talenti senza che questi diventino oppressivi per chi non li possiede o non ne possiedano di “redditizi”.
Tutto questo poi si riverbera nelle forme organizzative “partiti” (?) che si formano per risolvere i problemi. Quelle attuali si sono rivelate, certamente a Sinistra, macchinose e burocratiche, e alla fine opprimenti. Le menti migliori non possono esprimersi evolversi, produrre ricchezza di idee e di mezzi. Un falso egualitarismo ha reso tutto lento e complicato. Vedi una per tutte il concetto di Quote Rosa, che non ha prodotto l’avanzamento delle donne migliori, ma un generico avanzamento delle donne, all’interno degli organigrammi, solo perché tali.
Qui mi fermo, ci sono troppi pensieri ancora in formazione, ancora incompleti, e non so se troveremo le risposte.