RIGENERAZIONE URBANA Firenze e gli ecomostri
29 Ottobre 2023Armi di distrazione di massa
15 Novembre 2023La lingua batte dove il dente duole …e quella parlata corre spedita chiamando le cose per quello che sono, senza giri di parole: ecco allora che le locazioni a breve termine sono comunemente chiamate Locazioni Turistiche (LT), sottolineando che quest’attività non si rivolge al mercato dei viaggiatori di passaggio per studio o lavoro, né a studenti o a chi cambia casa per il breve tempo del trasloco. Νo, il mercato degli affitti brevi è a tutti gli effetti un’attività economica turistico-ricettiva, impropriamente associata ai B&B con i quali ha in comune il fatto di essere attività svolta in una casa privata e l’assonanza sonora con Airbnb, la prima e più importante piattaforma d’intermediazione, nata come occasione di sistemazione spartana e informale tanto che il nome si riferiva alla presenza di un semplice materasso ad aria. Un’attività economica a tutti gli effetti dunque, come dimostra peraltro il fatto che molte di queste strutture sono parte delle associazioni alberghiere. Le LT derivano dunque dai B&B di cui però non hanno conservato lo spirito positivo iniziale che era di agevolare l’interazione tra viaggiatori e abitanti dei luoghi visitati. Inoltre, nel B&B si dorme in una camera della casa abitata dai residenti, nelle locazioni turistiche si cede generalmente per intero l’appartamento in cui evidentemente non si risiede, locato per singole camere o per intero. Un’attività economica impersonale e senza contatti, partita in sordina come segmento marginale dell’attività ricettiva extralberghiera è dilagata fino a conquistare una posizione dominante nel mercato dell’accoglienza turistica. In Italia è un’attività s-regolata, per avviarla basta trasmettere una semplice comunicazione senza aspettare approvazioni, una volta avviata è necessario solo ottemperare ad alcuni obblighi (comunicazione presenze alla polizia, statistica regionale ISTAT, pagamento tassa di soggiorno). Nel nostro ordinamento è un vero e proprio vuoto giuridico, diversamente da Francia, Germania, Olanda, Spagna, ma anche Stati Uniti, Giappone, ecc. Sotto il profilo fiscale è regolata dalla norma per i contratti di locazione abitativa a breve termine. Sul sito dell’Agenzia delle Entrate si legge: “Per contratto di locazione breve si intende un contratto di locazione di immobile a uso abitativo, di durata non superiore a 30 giorni, stipulato da persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa. A esso sono equiparati i contratti di sublocazione e quelli di concessione in godimento a terzi a titolo oneroso da parte del comodatario”.
Dunque, una prima contraddizione sta nell’equiparazione di fatto tra uso abitativo e quella che, nata come attività di integrazione al reddito nei luoghi di residenza, è come circostanziato sopra un’attività economica a tutto tondo.
La seconda (paradossale) contraddizione è che alle locazioni brevi si applica il regime fiscale della cedolare secca. Una misura pensata per incentivare l’immissione d’immobili sul mercato delle case in affitto, che nelle nostre città è particolarmente contratto (solo il 20-30% rispetto al 60-70 % di città come Parigi o Berlino), ha finito per avvantaggiare proprio l’attività turistico ricettiva che oggi costituisce la maggiore minaccia proprio per il mercato dell’affitto. Per sensibilizzare sulle nefaste conseguenze di questo fenomeno ingovernato cittadini e associazioni hanno formato Alta Tensione Abitativa, una campagna nazionale nata a Venezia nel 2021 dopo una proiezione pubblica del film di Andrea Segre “Welcome Venice” che con grande anticipo racconta le criticità di un fenomeno che nella città lagunare non risparmia neanche le residue zone popolari periferiche. In questi due anni ATA ha e approfondito la questione fino a elaborare una proposta di legge presentata e discussa in incontri pubblici, convegni, seminari, aggregando la propria base sociale in una rete nazionale e alimentato il confronto con comuni e regioni.
Oggi finalmente se ne parla, affrontando però della questione aspetti parziali, insufficienti a governare il fenomeno e a risolvere le criticità di una materia complessa e ibrida che interessa:
- l’economia turistica (le Locazioni Turistiche sono diventate segmento rilevante dell’attività ricettiva);
- l’over-tourism (il libero mercato è incapace di contenersi e l’assenza di governo dei flussi turistici provoca disastri sul piano urbano e sociale);
- la residenzialità e politiche per la casa (impennata del mercato immobiliare che diventa inaccessibile, sia quello in affitto che quello in vendita);
- università e alloggi studenteschi (il disagio abitativo degli studenti ostacola il diritto allo studio);
- il Ministero dei Lavori Pubblici (competente in materia di contratti e di politiche per la casa); – sicurezza (in entrambe le accezioni dell’inglese security e safety);
- il lavoro (sempre meno i servizi di pulizia e accoglienza a gestione familiare, generalmente affidati a personale sottopagato in nero).
La ministra Santanché ha diffuso varie versioni di una proposta che affronta del tema aspetti diversi, i cui punti essenziali sono:
1. l’introduzione di un Codice Identificativo Nazionale;
2. l’obbligo per le LT di rispettare le norme igienico sanitarie e di sicurezza delle strutture alberghiere, anche perché si il locatario ha facoltà di offrire servizi come il cambio biancheria e la pulizia dei locali;
3. la soglia di appartamenti oltre la quale l’attività diventa imprenditoriale (prima 4, poi 2).
Il CIN sostituisce il CIR regionale già vigente, si può così accorpare in un anagrafe nazionale le LT creando una banca dati che consenta d’interfacciarsi con le piattaforme turistiche sul web agevolando i controlli per far emergere il sommerso o l’evasione fiscale, operazione che potrebbe essere una verifica semplice e automatica se si facesse ricorso alla Intelligenza Artificiale, che non viene utilizzata dal pubblico ma solo dai privati per martellarci di pubblicità su cellulari e nei social. I punti 2 e 3 sono espressione di un approccio prescrittivo con misure tese ad attenuare la lamentata concorrenza sleale con le attività ricettive alberghiere sottoposte a normative igienico sanitarie e di sicurezza stringenti da cui le LT sono esenti. Equiparare le LT alle strutture alberghiere agevola le grandi agenzie rispetto alle gestioni familiari ed è quindi giusto distinguere l’attività svolta da un privato residente nella casa da quella delle grandi proprietà che possiedono decine o centinaia di alloggi. Sul piano della sicurezza invece, si interviene sulla safety ma non sulla security per via della automazione delle procedure. Ci sono start-up che operano nel settore dei servizi all’home sharing e alle locazioni turistiche premiate per avere realizzato un servizio integrato automatico di check-in (momento fondamentale per identificare l’ospite): l’ospite ha accesso a uno spazio dove trova delle cassette come quelle postali con le chiavi dell’appartamento e una macchina tipo bancomat che esegue la scansione dei documenti trasmettendoli direttamente alla questura e comunicando al comune le presenze per l’imposta di soggiorno. Se registrare automaticamente le presenze può essere procedura utile per evitare dimenticanze nella comunicazione di ospiti e omessi versamenti della tassa di soggiorno, il controllo degli ospiti fatto senza incontrare gli ospiti verificando la corrispondenza tra documenti e persone effettivamente presenti può essere impreciso ed è inaffidabile. Anche senza questi servizi integrati, è diventata consuetudine evitare il check-in lasciando le chiavi in piccoli contenitori simili a catenacci appesi fuori dalle case di cui si fornisce la combinazione all’ospite che una volta in casa trasmette copia dei documenti d’identità con WhatsApp o per e-mail al proprietario, senza verifiche di sorta. A questo si aggiunge il problema della carenza/assenza di controlli del possesso di tutti i requisiti, come ha confermato il caso veneziano dove l’introduzione dell’obbligo che l’unità edilizia sia dotata di fossa settica per avviare l’attività di LT è stato vanificato da una procedura che non prevede di comunicare gli estremi dell’autorizzazione allo scarico, ma di presentare una semplice autodichiarazione che è risultata spesso non corrispondere alla realtà. Questi sono però problemi di carattere organizzativo, operativo, gestionale che non riguardano le proposte di legge. Non si affronta però così quello che a noi pare il vulnus, che non è la concorrenza tra attività ricettive alberghiere ed extralberghiere, ma la perturbazione del mercato immobiliare con impennata dei prezzi in compravendita in affitto.
Ed è proprio questo l’aspetto che come ATA abbiamo avuto a mente nella redazione della nostra proposta di legge. Ne parlerò dettagliatamente in un prossimo articolo.