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10 Maggio 2019Giovanni Andrea Martini, presidente della Municipalità di Venezia, ha lanciato la sua candidatura a Sindaco aprendo di fatto la partita delle Amministrative del 2020 per Cà Farsetti. La mossa di Martini va interpretata e contestualizzata. Propongo nel seguito la mia lettura.
Quale sia il giudizio di ognuno su luci (molte) e ombre (poche, ma pesanti) degli ultimi quattro anni, non c’è dubbio che Brugnaro è al centro della partita. Con o senza l’appoggio della Lega che, sull’onda del consenso crescente che sta avendo nel Paese, potrebbe essere tentata di proporre un suo candidato (ma con l’enorme problema di trovarne uno credibile). Dall’altra parte della barricata è un mondo, anzi più “mondi”, che non voteranno mai Brugnaro. Sulla base di discriminanti politiche (quelli ideologicamente di sinistra), interessi specifici (separatisti) o infine, diciamo così, di “percezione del mondo” (il vasto arcipelago delle Associazioni). Vediamoli uno a uno.
Il mondo “di sinistra”, certo logoro e non più dominante come fino all’inaspettata sconfitta del 2015, rimane comunque un bacino elettorale di cui tenere conto. Bacino dal perimetro incerto, perché – unico tra i tre – su questo impatta significativamente la presenza o meno della Lega al fianco di Brugnaro. Nel primo caso le fila di chi vota per discriminante politica si ingrosserebbero, nel secondo proprio il desiderio di contrastare la conquista di un leghista a Cà Farsetti potrebbe aprire scenari inediti. In questa cerchia si muove il PD come partito, per ora alla ricerca di una parte in commedia.
Il mondo dei separatisti, pochi ma mai domi. Sono gli orfani del referendum, che rimproverano (con qualche ragione) a Brugnaro di non aver mantenuto la parola data e di aver impedito la celebrazione del referendum sulla separazione. Pur di spodestare Brugnaro eleggerebbero anche Rasputin. E, coerentemente, i più accorti di loro si prodigano in appelli all’unità delle opposizioni. Poco importa per loro il compagno di viaggio, qui conta abbattere il traditore, entrare a Cà Farsetti e dividere il Comune (via Legge Delrio).
Infine, più importante di tutti, il vasto mondo delle Associazioni, più o meno politicitizzate, chi più barricadera chi più dialogante, spesso monotematiche: il turismo invadente (con sacrosanta ragione), gli spazi pubblici, l’Arsenale o Forte Marghera o Poveglia, il verde comune, le Grandi Navi, la residenza, la criminalità, i masegni, i centri commerciali e le saracinesche abbassate. Istanze a volte velleitarie, a volte ragionevoli e talvolta sostenute da capacità progettuale. Con più di qualche testa fina. Mediamente portatrici di una visione della città che personalmente contesto (naturalmente non conta nulla) ma con buona visibilità e forse (forse…) capaci di fare massa.
Fare massa appunto. Il problema del fronte anti Brugnaro è che se si presentano divisi contano poco o nulla. È vitale per loro presentare una candidatura credibile, attrattiva e soprattutto unitaria: se si forma questa specie di große koalition, hanno la possibilità di andare al ballottaggio e giocarsela. Vaste programme: fare sintesi non è facile, giocano inevitabilmente gelosie, rivalità, distinguo, le “anime” sono tante, le visioni di insieme (quando esistono) pure e l’unico comune denominatore rischia di essere l’antibrugnarismo; d’altronde non si vede all’orizzonte un potenziale candidato, l’asso pigliatutto, capace di attrarre il voto anche dell’elettore meno motivato.
In questo scenario si inserisce l’autocandidatura di Martini. Evidentemente il Nostro ambisce a essere lui l’asso di cui sopra. La mossa, sinceramente, non mi era sembrata peregrina. Martini ha acquisito una notevole visibilità come Presidente di Municipalità, è da sempre un feroce oppositore di Brugnaro, ha un buon seguito personale, è attivissimo sui social (alzi la mano chi non sa della sua partecipazione alla Conferenza sul turismo sostenibile a Seul..), molto presente alle varie iniziative civico-popolari tipo scugèri e pironi, ha lavorato molto (e bene) sull’immagine di paladino della gente e fiero oppositore del Patròn della Reyer. È uomo più di certezze che di dubbi, poco incline alle sfumature, il che politicamente è un limite ma elettoralmente potrebbe essere un vantaggio. In più è del PD e questo per chi vota sulla base della fedeltà di partito non guasta. Coraggiosa l’evidente rottura col cerimoniale di partito, saltando a piè pari l’estenuante liturgia delle consultazioni, delle eventuali primarie e tutto l’ambaradam (che probabilmente non lo avrebbe visto prescelto). Discutibile (assai) invece la scelta di polemizzare, nel testo stesso di annuncio della candidatura, per il presunto fuoco amico di consiglieri PD in Municipalità (anche fosse vero, e sono solo arrivate smentite, che c’entrava?). Infine, una oggettiva debolezza per il profilo troppo veneziano-centrico ma forse proprio la discesa in campo così anticipata ha il senso di darsi il tempo di farsi conoscere anche in terraferma.
Sia quel che sia, Martini ha rotto gli indugi, ritenendo di essere l’uomo giusto, forse indispensabile: No Martini, no party. Senonché, accanto a una imbarazzata e freddissima cautela del PD, certamente messa in conto, le prime reazioni dalle associazioni sono state durissime. E queste ultime non credo fossero attese. Grave l’accusa, forse ingenerosa, di avere finora lavorato per ambizione personale ma colpiscono i richiami insistiti alla necessità di rispettare un percorso civico, alla partecipazione dal basso, all’unione di saperi ed esperienze.. le Associazioni in sintesi chiedono che la gente si metta al loro servizio non, viceversa, di essere usate. Una bocciatura inappellabile, altro che No Martini, no party.
Dalla vicenda si trae un’indicazione chiarissima: se mai sorgerà la große koalition, sarà molto difficile conquistarne la leadership. E questo costituisce oggettivamente un limite per le ambizioni della stessa. Tutto sommato, Brugnaro ha buoni motivi per stare tranquillo.