
La pace degli uomini forti e la responsabilità delle democrazie
9 Ottobre 2025
RIGENERAZIONE URBANA Soluzioni nature-based per rigenerare lo spazio urbano
10 Ottobre 2025Uno dei principi cardine della nostra Costituzione, è quello della libertà di pensiero e di parola.
L’art. 21 della “carta più bella del mondo” infatti al primo comma recita: Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione
Nell’ambito del diritto di pensiero, collochiamo anche il diritto di critica, che, quando riveste il carattere di critica politica, viene addirittura esaltato come mezzo necessario per un concreto esercizio della democrazia.
Chi, d’altronde, vorrebbe essere – in una libera Repubblica democratica – paladino di una diversa visione del diritto al libero pensiero, all’espressione di esso; chi vorrebbe porre limiti alla facoltà del cittadino di avanzare una critica, manifestare un dissenso?
Nelle ultime due decadi, tuttavia, il fenomeno inatteso dei social media ha introdotto, a confine e in adiacenza ai diritti sopra richiamati, temi nuovi, che abbiamo – noi giuristi, intendo – dovuto prendere in considerazione con una certa urgenza.
Il diritto di parola è divenuto, infatti, grazie ai social una categoria dell’assoluto senza limiti e senza filtri, che ha consentito a chiunque di esprimere nella maniera più diretta, libera e immediata qualunque pensiero – anche estremo, anche infondato o illogico, anche aggressivo – senza alcun vincolo di forma e senza alcuna valutazione delle possibili conseguenze della parola cosi fugacemente esposta.
Esposta, oltretutto, in molti casi a potenziali migliaia di lettori, e senza possibilità di revoca. Come si sa, quel che il web riceve, il web trattiene ad imperitura memoria.
Come diceva Metastasio: Voce dal sen fuggita, poi richiamar non vale: non si trattiene lo strale quando dall’arco uscì
Gli episodi più eclatanti sono spesso agli onori delle cronache, ma ciascuno di noi si è certamente trovato coinvolto – da spettatore, da vittima e financo da autore, magari poi pentito – in dinamiche di “guerriglia da tastiera”.
Solo che, poi, a volte le conseguenze arrivano, perché nessun diritto, nemmeno il più nobile, è scevro dal sistema di ancoraggio ad altri diritti, di pari rango e di altre persone.
Magari anche “solo” quello dell’onorabilità.
Ed ecco che arrivano le conseguenze e, con esse, gli avvocati, i guai e a volte le aule di Tribunale. Pare infatti che offendere le persone non si possa, nel nostro ordinamento – a tacere di espressioni di pensiero più gravi che possano sembrare minacciose o aggressive.
Le aule che ci aspettano possono essere quelle del Tribunale Penale e/o del Tribunale Civile, ce n’è per tutti.
Ricordiamo che i reati, che possiamo immaginare, nell’esporre con foga il proprio pensiero possono spaziare dalla diffamazione (con l’aggravante del mezzo), alle minacce, fino ad arrivare nei casi estremi allo stalking, al cyberbullismo, o all’incitamento all’odio razziale, o addirittura all’ istigazione al suicidio – ove l’aggredito giunga per disperazione all’estremo gesto.
Il più frequente, peraltro, e limitiamoci a questo, è la diffamazione, vale a dire quel comportamento di chi “comunicando con più persone…offende l’altrui reputazione” (art. 595 c.p.).
Ecco che, sui social, adottare questa condotta è un attimo: dal “non hai capito” al “sei un somaro” il passo è breve…e sappiamo che sui social “sei un somaro” non è nemmeno vicino a quel che viene scritto.
E da un punto di vista civilistico? L’autore del commento eventualmente offensivo si espone al rischio di dover risarcire il danno, ai sensi dell’articolo 2043-2059 c.c.. Danno che consiste nella riparazione pecuniaria della “sofferenza” che ha patito chi ha percepito l’offesa – tantopiù grave quante più persone hanno potuto leggere e/o commentare l’espressione considerata offensiva.
E’ chiaro, tuttavia, che: “sei *##**” detto al bar, non è come “sei *##***” detto dal megaripetitore di un social, magari sotto il post di un influencer con migliaia di follower – che a loro volta commentano alzando la spirale di offesa e, spesso, di vero e proprio odio.
I risarcimenti non sono affatto simbolici, parliamo di qualche migliaia di euro nei casi più banali, fino a qualche zero in più nei casi di offesa a personaggi pubblici, o per danni particolarmente gravi, o a categorie sensibili. E sono denari che brucia versare (magari versarli a chi del “ricevere offese sui social e farsi risarcire” ha fatto una professione; sì, esiste anche questo).
“Ma come, non era un esercizio del mio diritto di pensiero e di parola, dire come la pensavo?” per dirla in termini giuridici, non ero scriminato dall’art 51 del codice penale?
Dipende. La Cassazione – eh sì, siamo dovuti arrivare fino a lì – ha chiarito che il diritto di critica incontra dei limiti: quello di continenza, quello di pertinenza e quello di verità. Limiti che si applicano cumulativamente.
Spieghiamoci: a chi scrive un pensiero da cui dissento, potrò scrivere – anche in modo sarcastico – purchè non esorbitante o volgare o comunque contente minacce nei toni. “Sbagli perché…” è ben diverso da “Sei un emerito c** che non capisce un c**” (Limite di continenza). La pertinenza, poi, obbliga a rimanere – nell’esercizio di critica – sul tema di cui si parla. Se parliamo di competenza su argomento automobili, non posso criticarti facendo riferimento a presunte tue incapacità in tema di riparazione sanitari. Quanto alla verità, non posso criticarti con fatti non rispondenti al vero o magari completamente inventati, o non supportati da accertamento (“sanno tutti che sei stato bocciato alla maturità” e non è così).
Ora, si tratta di limiti che sarebbero imposti dal buon senso prima ancora che dalla buona educazione. Limiti che, probabilmente, nessuno di noi in un salotto fisico travalicherebbe. Eppure, sui social, si perde completamente il senso della ragione tanto da costringere la Cassazione a dire l’ovvio. Ma questo è tema che lascio analizzare a sociologi e psicologi.
Ai lettori un richiamo: contate fino a cento e fate finta di aver di fronte la persona con cui vi state confrontando. Vedrete che “ melius re perpensa”, i toni si placano da soli.