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Intervista a tre
13 Novembre 2025Leggo sempre con viva attenzione quanto scrive il Direttore Carlo Rubini, evidentemente preoccupato della decadenza della città storica di Venezia, causata soprattutto dal c.d. overtourism e, a suo dire, dagli affitti brevi, in realtà affitti turistici perché anche l’affitto a studenti è breve ma è limitato dalla convenienza dei proprietari a locare al turista di passaggio. Di qui la demonizzazione del libero mercato che produce effetti perversi.
Se mi è consentito, io farei alcune considerazioni.
Perché domina l’affitto breve
Non solo a Venezia, ma in tutte le città che hanno un minimo di attrazione turistica, da Torino a Napoli passando per Bologna, Firenze e Roma. E non solo. MI diceva un agente immobiliare che il fenomeno tocca anche Treviso, sia perché in mezzora di treno si arriva a Venezia, è una bella cittadina e Zaia ha anche lanciato e zone del prosecco.
Gli effetti della locazione breve
Sicuramente, la quasi scomparsa della locazione normale 4 + 4 o 3 + 2. Altro effetto si è visto nella scomparsa o quasi degli alberghi più economici, quelli a una o due stelle, e parte di quelli a tre. Ma, trattasi di effetti perversi dovuto a scelte o piuttosto mancate scelte politiche:
- Una regolatoria: il sistema italiano non garantisce il proprietario dalla morosità del cliente. Se l’inquilino non paga, magari perché ha perso il lavoro, ha famiglia, ecc., il giudice non lo manda più via. L’onere del social housing rimane tutto a carico del proprietario. Nei rari casi nei quali l’inquilino fosse aggredibile in via esecutiva, i tempi per ottenere un decreto ingiuntivo sono lunghi e, nel frattempo, il proprietario paga l’IRPEF anche sui canoni non incassati.
- Aggiungo, nella tradizione italiana il professionista di successo e comunque chi ha un buon reddito tale da consentirgli dei risparmi una volta, fino a pochi anni dopo la fine della 2° guerra mondiale, investiva – almeno al Nord – nell’agricoltura. Abolita la mezzadria, l’investimento è passato sulla casa da affittare. Quando vi è stato il blocco dei canoni e poi la difficoltà allo sfratto dell’inquilino moroso, si è buttato sugli affitti brevi. A Padova da tempo immemorabile era diffuso l’affitto agli studenti. Con il boom del turismo, l’affitto brevissimo si è rivelati più conveniente. E più piccolo è il risparmiatore, meno si rivolge all’investimento mobiliare, dalla Posta ai titoli del debito pubblico, per salire alla borsa.
- Malgrado i tentativi di tassare la locazione breve, l’evasione è più facile rispetto a quella “normale” che richiede una registrazione dei contratti. Ovvio dire che se uno usa le piattaforme tipo Airbnb credo più difficile evadere ma molto spesso capita per i proprietari di godere di clienti abituali, di passaparola, ecc.
- La locazione < a 1 mese garantisce, almeno in alcune città che più sono meta turistica, una resa maggiore ai proprietari.
- Vi è in Italia, più che in altri paesi europei, una economia diffusa costituita da ditte individuali, piccoli artigiani che lavorano prevalentemente col privato, dove il rilascio di una fattura o di una ricevuta è raro. Se appena sale la dimensione aziendale (esempio, la ditta che fa manutenzione caldaie e ha dipendenti) il rilascio del documento fiscale diventa usuale anche per ragioni di controllo da parte del titolare. Ebbene, lavorando in nero non si versano nemmeno i contributi INPS per la pensione. Allora – e lo ho sentito da molti – si investe spesso in immobili, comunque dove vi è una resa maggiore. Il cliente è cointeressato se evita l’IVA sulle prestazioni pari al 22%.
- Fin qui siamo in un quadro tradizionale, ancora caratteristico dei centri minori. Nelle città più grandi, Milano soprattutto ma anche Roma, Torino, Bologna, Genova, Firenze e non so se anche Napoli e Palermo, si è aggiunto il gioco dei grandi immobiliaristi e dei fondi d’investimento, che ovviamente mirano ad alti rendimenti e quindi si rivolgono ad un segmento alto del mercato, quello più ricco.
Le scelte della politica
- La miopia dei governi, la loro ottica a breve ha fatto che il patrimonio immobiliare pubblico sia assai più ridotto rispetto ad altri paesi europei, e molte case pubbliche sono chiuse perché gli enti gestori non hanno i mezzi per restaurarle. In passato si sono costruite case popolari, le famose Case Luzzatti e non solo, poi l’unica iniziativa nel dopoguerra è stata di Amintore Fanfani. Non mi riferisco alla Scandinavia, ma anche la vicina Austria potrebbe essere un esempio per noi. A mio avviso forse andrebbe anche rivista la normativa su chi ha diritto alla casa pubblica, perché almeno fino a qualche anno fa il dipendente pubblico poteva averne diritto anche se fruitore di stipendi considerabili medio/alti, e quindi con una discriminazione rispetto al privato. Dipende comunque dai bandi, diversi in vari luoghi.
- La scarsità di risorse è dovuta sia al tasso di sviluppo italiano sempre inferiore a quello degli altri paesi OCSE, sia all’aumento progressivo del debito pubblico soprattutto a partire dalla fine degli anni ’70 con politiche più rivolte a distribuire benefici in vista delle più vicine elezioni.
- Ultimo ma non meno importante: la politica ovviamente mira al consenso. In Italia vi sono almeno 2 cose che fanno paura ai politici: toccare la casa e aumentare le tasse! Infine vi sono segmenti di elettorato che sono più o meno orticelli di determinati partiti. Non solo quanto all’immobiliare, ma posso citare i tassisti e i balneari.
Il governo Meloni sta decidendo l’introduzione di procedure veloci per sfrattare gli inquilini morosi, ma senza una adeguata disponibilità di alloggi pubblici. Cosa succederà? La messa sul lastrico di intere famiglie, aumentando così la già vasta schiera dei senzatetto. Sarò certamente un liberale come dice Rubini, ma credo fermamente che la casa e la sanità debbano essere pubbliche, non al 100% ma sicuramente per assicurare un diritto alla casa e alla salute. Ho anche visto di persona cosa succede in Danimarca perché sono vissuto e lavorato anche a Copenhagen. Lì la casa pubblica copre non solo l’esigenza di fasce di percettori di redditi bassi ma anche quella di persone che debbono vivere in un determinato luogo per un periodo limitato, come era il mio caso. E il mio vicino di pianerottolo era l’ombudsman per l’economia. Debbo anche dire che in DK si pagano molte più imposte. Nulla è gratis, o si vuole un alto livello di welfare o si va all’estremo degli USA dove è esattamente il contrario. Qui da noi chi non può acquistare casa non la trova in affitto, e un italiano su 10 rinunzia a curarsi!
E qui colgo l’occasione per dire a Carlo Rubini che io vedo il mercato e la concorrenza come strumenti positivi per lo sviluppo, purché gestiti e regolati. Svezia e Danimarca per me sono esempi di riferimento: libero mercato ma regole ben ferme e chiare e welfare diffuso e garantito, dalla sanità alla scuola, meno le pensioni in Danimarca, università gratuita e così l’alloggio agli studenti. Ovvio che tutto questo ha un costo, e vi sono anche degli abusi, ma questo è un tema che qui richiederebbe troppo spazio. Mi limito soltanto a citare come la Svezia, vittima di una crisi economica nel 1990, con una caduta del PIL del -4% nel 1992, si è data una strategia di rilancio che l’ha portata dal 1995 a tassi di sviluppo annuale del 3 e con punte del 4% l’anno fino al periodo del COVID. In particolare nel 1995 hanno privatizzato i servizi (non la sanità, se non in parte), ma col ben fermo principio: infrastrutture pubbliche e servizi privati e in concorrenza. Per essere molto franchi, non hanno privatizzato come in Italia o pressati dalla crescita del debito pubblico, per paura di default, svendendo magari i gioielli di famiglia o affidando a privati una infrastruttura come le autostrade!
Concludendo
Difficile fare delle scelte. Occorre un piano casa, quantificando accuratamente le esigenze di chi non può acquistare o necessita di mobilità. Quindi accelerare gli sfratti come propone il governo implica rischi sociali rilevanti. Barcellona ha vietato l’affitto breve dal 2026. Non sono un esperto e non sono in grado di fare proposte adeguate, ma penso che da noi andrebbe meglio delineare un percorso più graduale: piano casa e tempi d’implementazione dello stesso, regolamentazione progressivamente più restrittiva dell’affitto breve sia quanto a caratteristiche degli alloggi sia usando la leva fiscale.



