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15 Dicembre 2015Venezia, anno 2016 non ancora iniziato: sembra incredibile, ma potrebbe essere già l’ora del ritorno alle ideologie.
Le avevamo cacciate fuori dalla porta, le ideologie. Nelle analisi che condividevamo, durante i mesi che hanno preceduto il voto amministrativo, parevano costituire la peste della nostra città. Ci dicevamo che i partiti, con le loro ideologie, erano ormai un peso, anzi “il” peso che frenava ogni via d’uscita. Ci dicevamo che era il tempo delle soluzioni pragmatiche e positive, e che le posizioni ideologiche – specie quelle di certa sinistra – frenavano ogni riforma e ogni strategia. Avevamo il rigetto, per le ideologie, solo la primavera scorsa: Molti volevano un governo della città che fosse il meno politico possibile, e dicevano che serviva assolutamente un vivace profondo sconquassante scossone, che qualcuno chiamava “reset”.
A distanza di un anno, il terremoto in città è stato di tale portata che… che cominciamo a sentirci spaesati, vuoti, orfani di contenuti e di sistemi organizzati di pensiero e di valori, cioè di ideologie. I mesi di commissariamento – governo privo di ideologia per definizione – e i mesi di governo fucsia hanno dato una spallata colossale al sistema di pensiero politico. Hanno smantellato più di quanto ci si poteva aspettare. Hanno sgretolato certezze, alleanze, sistemi di pensiero.
La città, dal punto di vista politico, è vuota.
E’ un bene? E’ un male? Difficile dirlo. Il “reset” era necessario; ora però si comincia a sentire – a me accade – una voglia rinnovata di ordine, di ragionamento, di riorganizzazione, di sistema.
Quando le ideologie dominano il fare, finiscono per essere pericolose e dannose: non abbiamo dimenticato il monito del Cardinal Scola. Però nel frattempo della sua capacità di organizzazione del pensiero – della sua “ideologia” – si sente forte la mancanza. E capita di guardare con nostalgia a certe persone e a certi “sistemi” che costruivano pensiero, approfondimento, ragionamento: penso a mons. Bonini – per restare nell’ambito del pensiero ecclesiale – e alla sue proposte in Duomo; penso alla Fondazione Pellicani, in ombra per ovvi motivi; penso allo stesso PD e al suo contributo, debole da molto tempo a Venezia, ma ultimamente nullo. Penso infine a certa sinistra, che delle ideologie aveva fatto una bandiera… C’è ben poco anche là, ultimamente: poco pensiero, poca provocazione, poco spessore; tante bandiere e tanti no, ma pochissima “ideologia”. E dal pensiero conservatore non ne arriva un briciolo, di “ideologia”, non un decalogo, non uno straccio di lista delle cose irrinunciabili… Così, orfani delle “ideologie”, ci ritroviamo orfani di contenuti e di valori.
Venezia è di nuovo lo specchio del Paese: in un’Italia drammaticamente impoverita dal modello di impegno politico imposto da Berlusconi (che perdura!) – cioè tutto è comunicazione, la sostanza è irrilevante – anche nella nostra città latita il pensiero. Siamo nudi, incapaci di visione prospettica.
Mi chiedo che cosa stiamo lasciando alle nuove generazioni. E mi aspetterei un Sessantotto, pieno zeppo di ideologia, come ribellione a questo vuoto imperante; e invece…



