
La trincea del 2020-21
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Covid non esiste.
La terra è piatta.
Il global warming non esiste.
Non siamo mai andati sulla luna.
I vaccini sono pericolosi.
L’11 settembre è stata una messa in scena.
E, soprattutto, il padre di tutti i negazionismi, quello legato alla Shoah oltre a quello del genocidio degli armeni come negazionismo di stato.
Nelle sue varie declinazioni sembra essere la cifra dei nostri tempi.
Negazionismo, calco del francese négationnisme è una parola usata dallo storico Henry Rousso in un saggio pubblicato nel 1987(Treccani)
Certamente iniziamo a parlare delle teorie negazioniste a partire dallo sterminio degli ebrei, il concetto è però in realtà diventato sinonimo di ogni forma di disconoscimento della realtà. Infatti, non si limita a rimuovere la realtà, ha come fine ultimo la “falsificazione della realtà e della storia” per costruirne una alternativa. (Keith Kahn-Harris)
Nasce dalla presunzione di sviluppare un ragionamento attraverso argomentazioni logico-razionali-scientifiche per spiegare ciò che razionale non è e che non ha evidenze.
Il negazionista costruisce una seconda verità che però non ha attinenza con la realtà. E’colui che si rifiuta di credere all’evidenza scientifica o storica, cercando di far apparire sensate delle argomentazioni che negano la realtà stessa pur nella sua patente e comprovata visibilità. E’colui il quale nega, pur dinanzi ad ogni evidenza, un fatto, un fenomeno per ridimensionarlo, minimizzarlo, sottovalutarlo o, come nel caso degli armeni, per deresponsabilizzarsi.
Il negazionismo, infatti, è una forma di atteggiamento ricorrente nella storia fin dalla modernità, strettamente legato al tema della scienza ma anche a fatti storicamente accertati e ampiamente documentati con dati certi, inconfutabili, testimonianze dirette, fotografie, filmati, dati statistici, o esperimenti.
Nel passato negazionisti erano coloro che all’alba della nuova scienza, si rifiutavano di guardare la realtà, coloro i quali, depositari di un sapere dogmatico e superstizioso, negavano le nuove scoperte scientifiche galileiane, coloro che si rifiutavano di guardare dentro il cannocchiale in quanto legati a pseudo-verità pre-scientifiche, che niente avevano a che vedere con le nascenti verità scientifiche. Come del resto il rifiuto dell’evoluzionismo, in nome del creazionismo, frutto di un approccio religioso pre-moderno che rifiutava l’evidenza, resistendo fino all’irragionevolezza pur di non accettare teorie scomode che mettevano in discussione un sapere secolare, facendo uso delle più assurde teorie pseudo-scientifiche.
Irragionevole e ostinato rifiuto di accettare come vere scoperte scientifiche dimostrabili e controllabili sul piano delle “sensate esperienze e necessarie dimostrazioni”. Irrazionale e persistente rifiuto di accettare una teoria scientifica perché contraddiceva convinzioni personali, religiose e filosofiche. O, ancora, inaccettabile e intollerabile volontà di sbarazzarsi di terribili verità storiche.
Spesso negazionismo si coniuga con complottismo e cospirazionismo. Nella popolazione nasce anche dalla necessità di comprendere il mondo e ciò che apparentemente sembra non spiegabile, quello che sembra l’oscenità della politica (ob-scena, cioè il fuori scena o retroscena). Ma più spesso la sindrome del complotto (Popper) e del “favoleggiamento di complotti misteriosi e segreti” (U. Eco) volti alla creazione di “un nuovo ordine mondiale”, si configura come un potente strumento politico per direzionare e manipolare l’opinione pubblica. Basti pensare a come si sia sviluppata la teoria del complotto demo-pluto-giudaico (I protocolli dei Savi di Sion) per il dominio del mondo per giustificare la demonizzazione del popolo ebraico, l’antisemitismo e la soluzione finale. E successivamente, come il negazionismo si sia esplicato in tutta la sua assurda estrinsecazione nei confronti della Shoah che è stata considerata una “gigantesca messa in scena” come espressione e volontà del sionismo al fine di giustificare la richiesta di risarcimenti da parte della Germania e soprattutto per giustificare la creazione dello stato di Israele.
Per non parlare del genocidio degli armeni, per il quale la storiografia ufficiale turca nega da sempre che vi sia stato un piano intenzionale e specifico di sterminio e considera i massacri, minimizzandoli, una semplice conseguenza di una guerra che ha colpito la popolazione armena.
Il negazionismo storico cominciò col negare alcuni fatti dopo che erano successi. Oggi il negazionismo nega i fatti mentre succedono. Pensiamo, ad esempio, alle prese di posizione contro il vaccino, in quanto non viene visto come rimedio al male, e, lungi dall’essere considerato una soluzione, diventa la causa del male, figlio del complotto da parte delle case farmaceutiche che hanno diffuso il male per poi vendere i vaccini. Rovesciando il rapporto di causa-effetto.
Pensiamo anche al tema del global warming, negato persino da Trump. La comunità scientifica lo giudica inequivocabile e considera elevata la probabilità che in questo secolo la Terra dovrà fronteggiare cambiamenti climatici molto pericolosi per le persone e gli ecosistemi che la abitano. Eppure, ancora oggi, trovano spazio tesi negazioniste e cospirazioniste che mettono radicalmente in discussione l’esistenza stessa del problema, portando ad una sottovalutazione del fenomeno che potrebbe avere a sua volta effetti nocivi in quanto impedisce di affrontare la questione ed è un ostacolo a prendere provvedimenti atti ad arginarlo.
Non sempre, però, il rifiuto della scienza o dei dati storici può essere spiegato solo con l’ignoranza, l’ottusità, l’irrazionalità o evocando l’analfabetismo funzionale anche se le statistiche dicono che chi accoglie tali teorie ha una bassa scolarizzazione, un reddito basso. La ricerca in campo psicologico evidenzia, invece, che quando interpretiamo dati, notizie e informazioni siamo inclini a cercare conferme, piuttosto che smentite, dei nostri giudizi. E se le nostre visioni del mondo e i nostri valori entrano in conflitto con alcune evidenze scientifiche può scattare il rifiuto.
E allora quali sono i meccanismi psicologici di un negazionista? Qual è il profilo del negazionista?
La tesi più accreditata è che sia un “meccanismo di autodifesa contro l’angoscia, (“il nulla a cui agganciarsi”), una forma di contenimento dell’angoscia (U.Galimberti), di esorcizzazione di elementi destabilizzanti, quasi con valore apotropaico.
E’, direi, espressione di un ribellismo interiore, il rifiuto di sentirsi parte di un gregge, la volontà e la presunzione di essere anticonformista, di pensare con la propria testa, fa sentire diversi, trasgressivi, speciali perchè non si allineano alla massa e alla supina accettazione delle verità accettate acriticamente. Ci si sente di appartenere ad un élite di pensiero rispetto all’uomo medio e, quindi, alimenta anche la propria autostima.
Il negazionista si sente quello che ha svelato e smascherato il gioco e scoperto la verità e guardato in faccia ciò che la massa non vede. Ma l’individuo non riesce ad opporsi ad un modello senza accoglierne un altro di segno contrario. Sente quindi il bisogno di senso di appartenenza ad un nuovo gruppo capace di dare voce alla sua angoscia, alla sua “paura di avere paura” e di direzionare il suo ribellismo, “depotenziando” anche i suoi timori, canalizzandoli verso posizioni riconosciute da un leader che ripete ossessivamente vistose menzogne che, proprio perché reiterate, acquistano statuto di verità. E non è necessario che siano logiche e razionali ma vengono accettate fideisticamente.
Inoltre l’individuo ha bisogno anche di costruirsi un nemico per sussistere, di qualcuno o qualcosa a cui opporsi per autodefinirsi, per affermare la propria identità opponendosi ad un’altra, cresce contrapponendosi ad un gruppo, ad un’etnia, o “ad un sistema di valori come spinta ancestrale ad avere nemici”. (U. Eco)
Ma quali strategie e metodi entrano in gioco per affermare tesi negazioniste?
Oggi, grazie ai social, la fanno da padrone le fake news e le fallacie logiche che ovviamente sfuggono a chi è propenso ad accoglierne il messaggio.
E’ Sean B. Carroll, biologo, evoluzionista e autore di libri di divulgazione scientifica, (The denialist playbook) che ci chiarisce, attraverso alcuni punti chiave, i meccanismi pseudo-logici su cui si muovono i movimenti negazionisti nella storia del mondo occidentale.
Punto di partenza è rifiutare prove e interpretazioni scientifiche, selezionare nuove fonti atte a falsificare le opinioni universalmente condivise; mettere in discussione l’autorevolezza oltre che l’integrità degli scienziati, ingigantire i disaccordi tra questi ultimi, appellarsi ad una presunta libertà personale violata come valore da difendere a qualunque costo. Viene assegnato valore di verità anche ad una sola testimonianza contraria atta ad avvalorare le nuove posizioni, “smontare” le testimonianze e screditare i testimoni, al fine di instillare il seme del dubbio nel lettore più influenzabile nel quale spesso germina. (https://ilbolive.unipd.it/it/news/come-ragiona-negazionista).
Difficile, pertanto, e riprendo nuovamente Galimberti, discutere con un negazionista in quanto ha dei “tratti psicotici deliranti che escludono totalmente la razionalità”. “Il negazionismo è una forma di pazzia e con i pazzi non si ragiona. Si può persuadere chi nega la realtà che la realtà è differente? Molto difficilmente. Il contraddittorio a chi nega la scienza e la realtà non deve essere concesso”.
E come dice Donatella Di Cesare: “È un’attività fantasmatica, non una ricerca intellettuale. L’intento del negazionismo è quello di avvolgerci nelle spire della menzogna per renderci complici, indifferenti, cioè “analfabeti emotivi”.
Concludendo, uno strumento straordinario di manipolazione della realtà le cui tecniche si configurano come finalizzate alla propaganda allo scopo di promuovere una percezione deformata della realtà e un’interpretazione falsificata della storia, funzionali ad influenzare l’opinione pubblica e a direzionare le scelte politiche.