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8 Ottobre 2021Quando esce un’opera prima, il sentimento di chi la legge è generalmente duplice : da un lato si è pronti a scoprire un nuovo talento, ad immergersi nell’inizio di una vita di scrittura che porta con sé naturalmente germogli letterari che fioriranno nei tempi successivi, dall’altro , istintivamente, ci si pone in un atteggiamento critico, nel dubbio di scoprire ingenuità di contenuto, uno stile ancora acerbo, un senso di incompiutezza legato all’inesperienza.
Quando chi scrive ha affrontato la lettura de “Il buio non fa paura” di Pier Lorenzo Pisano, aveva all’inizio dentro di sé entrambe le attitudini appena descritte, ma, appena dopo poche pagine, lo stupore per l’originalità del tema, la struttura minimalista dello stile, il modo di accompagnare apparentemente senza parere il lettore in questo mondo di buio e di luci, ha definitivamente catturato la mia attenzione, trascinandomi con lui all’interno degli eventi raccontati con grande maestria. L’autore è molto giovane, vorrei sottolinearlo, proprio per dare più risalto al modo insolitamente maturo con cui ha affrontato il tema della vita, della morte, della fraternità, della maternità soprattutto. Bisogna dire che questo giovane uomo ha già al suo attivo una carriera di autore teatrale e di documentari , carriera che gli ha già valso premi prestigiosi : ha già imparato in qualche modo a dipanare storie, quindi, anche se in contesti culturali diversi.
Qui il luogo in cui si svolge la vicenda narrata è un villaggio di montagna, il tempo è quello immediatamente successivo alla fine della Seconda Guerra Mondiale, per sottolineare la semplicità degli strumenti del lavoro agricolo e forestale del padre, per far meglio capire l’isolamento di questo villaggio, ed ancor più l’isolamento della casa dei protagonisti, ai margini del bosco.
Il bosco, assieme a Gabriele, il secondo dei tre fratelli della famiglia di agricoltori, è il grande protagonista del racconto.
C’è chi ha definito questo libro come una “favola nera” : non sono d’accordo, chi scrive lo vede se possibile più vicino ad una grande metafora della maternità, anche se la madre è l’unico personaggio che, fisicamente, scompare dopo poche pagine. Ma la sua aura resiste, si espande, riempie di sé lo spazio della casa , del paese, del bosco, anche quando non c’è più fisicamente, e l’eco delle sue risate quando gioca con i suoi figli risuona ancora a lungo dopo la sua scomparsa. I suoi capelli neri, lunghi e lucenti, sembrano fluttuare ancora nell’aria, e il suo profumo, come vedremo, non scomparirà mai del tutto, ma ricomparirà in maniera diversa a dare loro conforto.
Certamente il bosco può evocare le fiabe, protagonista com’è di tanta parte della narrazione, e le corse disperate di Gabriele che cerca la madre non possono che evocare naturalmente Pollicino o Cappuccetto Rosso : c’è addirittura la carcassa di un lupo, all’inizio del libro, che viene sotterrata dal padre, e le briciole per ritrovare la strada nel buio degli anfratti boscosi vengono qui sostituite da rumori e bagliori che gradatamente fanno ritrovare la strada di casa al giovanissimo protagonista.
Si è anche fatto un remoto riferimento, forse per la giovane età dei protagonisti, a “Io non ho paura “ di Niccolò Ammanniti : forse, nella scoperta dell’oscurità, del buio dove veniva nascosto il ragazzino sequestrato, c’è una lontana eco della dimensione del buio che qui, in Pisano, così fortemente prevale. Ma niente di più di questo, a mio avviso: qui i tre fratelli, privi improvvisamente della madre, ed il padre, in una nuova dolorosa vicinanza nella quale non sanno trovare una misura, lottano tutti contro il buio, che è quello del bosco di notte, ma anche e soprattutto quello della perdita di una figura femminile così amata da tutti.
E lo stile dell’autore, con semplicità e alta grammatica letteraria ad un tempo, ci porta ad aguzzare gli occhi fin dalla prima scena, con Gabriele nascosto sotto il letto, fino alle sue fughe nel bosco di notte, ai suoi incontri paurosi e struggenti assieme con il gigante scuro che lo abbraccia profumando del profumo della madre, alle spedizioni al fuoco delle fiaccole , nel bosco di notte, per scovare il responsabile di efferati omicidi e di animali straziati.
E’ uno stile serrato, paratattico, con scivolamenti continui dal discorso indiretto a quello diretto, dove l’occhio attento di chi legge, in mancanza di una classica punteggiatura di riferimento, deve accompagnare con intelligenza questa sorta di abile slalom linguistico.
E quello di Pisano è anche un mondo plurisensoriale, fatto di mille suoni, rumori naturali prevalentemente ma anche umani, dove onomatopee e ripetizioni ossessive ci fanno entrare nelle ossessioni dei protagonisti , ci fanno aguzzare le orecchie per cogliere tutti i sussurri di questo mondo marginale, e strizzare gli occhi per meglio cogliere i minimi bagliori nel buio attraverso gli occhi di Gabriele.
E’ anche un libro che inneggia, non so quanto volontariamente, al feroce amore per la propria madre, amore che permette al bambino di costruirsi ( e sarà il lettore a decidere quanto c’è di vero nella sua immaginazione ) un pauroso meraviglioso fantastico alter ego materno, che difenderà disperatamente fino alla fine, nel tentativo di ritrovare la tenerezza perduta.
Non è un libro fatto di molte pagine, questo romanzo, ma in ognuna di esse resta distillata una serie così numerosa di evocazioni, paure, speranze, ricordi, che il suo spazio narrativo è in grado di allargarsi a dismisura, per dare un grande respiro alla storia scritta da un autore agli albori della sua maturità di uomo, ma già scrittore adulto.
PIER LORENZO PISANO Il buio non fa paura NN EDITORE 2021