10 ragioni per me posson bastare.. N° 4 – Conflitto di interesse
12 Novembre 2019SPECIALE ACQUA ALTA 1: Il MOSE che non c’è
15 Novembre 2019La traduttrice di questo libro di Maylis de Kerengal, Maria Baiocchi,nei ringraziamenti a chi l’ha indirizzata nel modo giusto nel suo lavoro , parla, a proposito della scrittura di “Corniche Kennedy” come di “scrittura vertiginosa”.
E non c’è a mio parere definizione più appropriata per questo libro cosi singolare, che apparentemente non parla di molto, dove le azioni sono mute e fulminanti, dove le descrizioni accese e folgoranti sostituiscono quasi del tutto i dialoghi e una linea narrativa “classica”.
Primo elemento appassionante è dunque la scrittura , che prende , sorprende, confronta il suo scintillio con la scintillante distesa del mare di Marsiglia sotto la Corniche, la strada litoranea che accompagna la costa appena fuori città verso le spiagge affollate di turisti.
Ma soprattutto mostra la scintillante giovinezza del gruppo dei ragazzini che fanno dei tuffi dalle rocce un motivo di vita.
E’ un romanzo relativamente breve, ma dato che il lettore resta senza fiato di fronte al ritmo della narrazione, sono in qualche modo pagine dal respiro dilatato, che non potrebbero essere di più.
La storia si può anch’essa riassumere brevemente: un gruppo di ragazzi delle periferie marsigliesi, gruppo quindi multietnico per antonomasia, si riunisce d’estate giornalmente su alcune terrazze rocciose a picco sul mare, dove essi si sfidano continuamente in una serie di tuffi spericolati da altezze sempre maggiori.
I loro tuffi vengono osservati da due persone : una ragazza che vive in una villa elegante poco lontano dalla Corniche , e un commissario che controlla al binocolo dal suo ufficio le loro imprese.
Su entrambi, nel corso della narrazione, si punterà maggiormente l’attenzione dell’autrice, per creare spazio supplementare su due vite sghembe: quella della ragazza, che si unirà sulla Piatta ai tuffi dei ragazzi provenienti da un altro mondo sociale, e quella del poliziotto, stropicciato e stanco come molti altri protagonisti dei noir moderni di tutto il mondo, qui con il compito imposto dal Sindaco , di debellare con ogni mezzo il festival di salti potenzialmente mortali dei ragazzi.
I piani di analisi sono dunque molteplici, non ultimo uno spaccato su di una Marsiglia “di bordo” che dal bordo della costa si tuffa nel mare . Sono ragazzi difficili, disoccupati, abbandonati dalle famiglie, che in tali sfide reciproche e con la propria pelle ritrovano per qualche ora una diversa dignità .
Una Marsiglia letteraria altrettanto interessante ed intensa l’ho ritrovata nei mesi scorsi anche ne “Le tre del mattino”di Gianrico Carofiglio, del 2017, dove questa città diventa lo sfondo per una bellissima nuova conoscenza tra un padre e il proprio figlio adolescente ; e, ancora più di recente, dal Festival di Venezia , eccola di nuovo protagonista del film di Robert Guèdiguian , “Gloria mundi” , dove di nuovo una Marsiglia trans generazionale e transculturale fa i conti con la vita e con la morte.
Ma le sorprese che Maylis de Kerengal aveva in serbo per me lettrice selvaggia sembra non finiscano qui: infatti ho afferrato il mio entusiasmo scoprendo di lei un altro eccellente romanzo che ha in comune con il primo la scrittura rapinosa e , in più, in un impianto apparentemente senza tempo definito e in luogo dell’immaginazione, riprende una serie di riflessioni lancinanti sul mondo in cui viviamo.
Il tema può sembrare bizzarro: la costruzione di un ponte futuristico, gigantesco e ingombrantissimo dal punto di vista ambientale, sulle rive di un fiume dove sorge la città impossibile di Coca, giungla alle spalle, west fantastico, ponte che diventa fin dall’inizio simbolo di un lancio vertiginoso della città nella modernità consumistica assoluta.
Tutto viene raccontato come una gigantesca epopea di masse di uomini e donne che provengono da tutto il mondo per costituire una manovalanza eterogenea e a tratti avventurosa.
Poi avvengono, se così si può dire, degli zoom su alcuni personaggi , primo fra tutti l’ingegnere capo George Diderot , seguito dal Sindaco di Coca detto il Boa, e poi a seguire, con sguardi velocissimi ma incisivi, l’autrice ci consegna le esistenze eccentriche e precarie di uomini e donne provenienti dai vari capi del mondo, e che lì, in quella impresa enorme e faticosissima, cercano un senso alla propria vita.
La capacità evocativa della prosa di Kerengal trascina i lettori in un vortice senza fine attraverso le varie fasi del lavoro, in descrizioni che non nascondono nulla dello scempio ambientale, del grado zero di rispetto per un paesaggio che, comunque, nella foresta fittissima resiste celando le vite degli ultimi nativi.
E’ un fiume di parole che travolge, è un movimento vibrante come i trapani che costruiscono le gambe possenti del ponte, è vita e dolore e denaro e resistenza, tutti sono tutti e sono uno alla volta nella loro quotidiana fatica.
C’è persino un angolo per un incontro d’amore, ma è breve, difficile, sembra un momento di distrazione di fronte all’immane impresa di tale costruzione.
L’immagine dell’immenso ponte rosso che alla fine attraversa il fiume dando a Coca l’agognato contatto col resto del continente americano difficilmente scomparirà dagli occhi dei lettori.
Come a lungo resterà nella loro memoria la feroce riflessione sempre presente sull’orrore e il deserto che la cosiddetta modernità può trascinare dietro di sé .
Maylis de Kerengal Corniche Kennedy Feltrinelli
Maylis de Kerengal Nascita di un ponte Feltrinelli