Le due paci possibili
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7 Marzo 2023LNello scorso mese di Novembre mi è capitato di prendere in mano altri due libri di Eshkol Nevo, il primo che lo ha portato alla ribalta del mondo letterario nel 2004, e che è stato poi pubblicato dalla Casa Editrice Neri Pozza nel 2014, “Nostalgia” , e l’ultimo uscito nella Primavera del 2022 “Le vie dell ‘Eden”, sempre con la medesima Casa Editrice.
Ho letto prima quest’ultimo, e devo dire che, pur ritrovando di nuovo tre vicende-confessione di Omri, musicista che si trova suo malgrado coinvolto nella morte accidentale di un turista israeliano a La Paz, del dottor Asher Caro e della sua cura speciale per una specializzanda, e della coppia di coniugi che camminano nei frutteti vicino a casa, e pur leggendo con il solito interesse la scrittura chiara, scorrevole, raffinata dell’autore nel presentare i tre casi , ho sentito in qualche modo una sorta di forzatura da parte sua, come se si fosse lasciato prendere la mano dalle sue stesse storie, che si aggrovigliano e si espandono in una serie di confessioni sempre più aperte.
Ho avuto cioè la sensazione che Nevo, in “Le vie dell’Eden” , abbia svolto con competenza ed estrema diligenza un compito professionale di nuovo a metà tra lo psicologo e il romanziere, ma che non sia riuscito a coinvolgere emotivamente il lettore se non in alcuni brevi momenti.
Poi ho affrontato la lettura di “Nostalgia” ed è stata tutta un’altra cosa.
Prima di tutto, pur essendo un romanzo d’esordio, nelle numerose pagine di questo romanzo si coglie ad un tempo una grande freschezza inventiva, nell’incrocio delle storie dei vari protagonisti, e già una maturità straordinaria nell’immergersi in vite diverse, in anime diverse, che si dispiegano davanti ai nostri occhi di lettori in maniera commovente.
Il luogo dove si svolge la vicenda è molto lontano dalla periferia residenziale di Tel Aviv, dove si svolgevano le vicende dei protagonisti di “Tre piani”: siamo nel complesso residenziale di Castel, “un tempo campo di transito per i nuovi immigrati dal Kurdistan, …è ora un insieme indistinto di villette e baracche, di case e macerie, strade linde e vicoli fatiscenti.” (dalla quarta di copertina), e qui vengono presentate, in una molteplicità di voci che si alternano continuamente, le vite di un gruppo di uomini e donne durante i mesi successivi all’attentato a Rabin del 1995.
Prima di tutto qui ho riconosciuto per la prima volta il tema delle diverse case, che ha fatto da filo conduttore nelle vicende dei protagonisti di “Tre piani” : ma qui, oltre al fatto che si parla sempre di case molto più modeste, proprio per il passaggio continuo da una voce all’altra dei protagonisti, noi entriamo ed usciamo in continuazione da ognuno di questi ambienti, passeggiamo idealmente con gli abitanti del quartiere per le piccole strade che si diramano nell’insediamento, addirittura impariamo a riconoscere con loro, se sono in auto, il ponte attraversato il quale sono “a casa” di nuovo.
Quello che ho amato, tra le altre cose, è il fatto che due delle tre coppie che vengono descritte più a fondo, siano fatte di gente giovane, uno studente di psicologia e una fotografa gli affittuari, una coppia con due bambini i proprietari della casa dove vivono i primi due, separate soltanto da un tramezzo da cui tutti possono sentire facilmente cosa succede al di là di questa leggera separazione fisica.
C’è infatti nelle parole di Amir tutta la passione per i suoi studi, ma anche le incertezze per un futuro di cui non è per niente certo, mentre in Noa seguiamo le sue ricerche per trovare un tema fotografico utile per chiudere i suoi studi. E lei lo fa cercando sempre di guardare con passione il mondo che la circonda. Il rapporto tra i giovani proprietari del loro appartamento, Moshe e Sima, è condizionato dalla famiglia di lui e le strette regole religiose che segue e che vorrebbe far seguire ai loro figli. La battaglia di Noa per mantenersi lontana da quelle imposizioni segnerà gran parte delle sue riflessioni su famiglia, amore, regole, libertà.
Particolarmente toccante poi è la figura di un ragazzino, Yotam, il cui fratello è morto durante la guerra del Libano, e il lutto atroce che ne deriva per i suoi genitori, fa sì che lui si senta completamente in balia di sé stesso, e troverà compagnia e conforto nell’amicizia con Amir.
Un tema che, curiosamente, ho ritrovato anche in “Le strade dell’Eden” è quello del viaggio in Sudamerica che sembra essere una regola per i ragazzi israeliani appena finito il servizio militare. In “Nostalgia” c’è infatti spesso anche la voce, attraverso le sue lettere che arrivano alla coppia di studenti, di un loro amico , Modi, che racconta le sue avventure in un lunghissimo viaggio attraverso l’America del Sud e, con le sue parole, ci consegna un’altra prospettiva “giovane” ed attualissima della società israeliana.
Ma gli occhi dell’autore, che sempre sono in grado di farci entrare ed uscire dalla Storia del suo Paese per farci riflettere , ieri come oggi, sulle sue lancinanti contraddizioni, si sofferma anche molto sul popolo palestinese e le palesi ingiustizie perpetrate nei suoi confronti: qui questo viene presentato attraverso un’altra importantissima voce narrante, quella di un manovale palestinese, Saddiq, che scopre di lavorare per sistemare una casa dove un tempo viveva la sua famiglia. Le sue decisioni, i suoi pensieri, le sue conversazioni alla fine del libro, ci consegnano una chiave di interpretazione del termine “nostalgia” che alla fine accomuna tutti i personaggi, ognuno in maniera diversa, in una ricerca continua di un senso generale alla propria vita.
Nevo risulta generoso, alla fine , con tutti loro, dando comunque alle loro vite la possibilità di un’uscita, di un nuovo inizio, di un pezzo di futuro su cui appogiare le proprie anime .
ESHKOL NEVO , “NOSTALGIA”, Neri Pozza 2014
ESHKOL NEVO , “Le vie dell’Eden”, Neri Pozza 2022