Covid19: riflessioni da un insolito stato di sospensione
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9 Marzo 2020M – il figlio del secolo, ultima titanica fatica di Antonio Scurati, presenta molti motivi di interesse e altresì suscita qualche riserva. Vediamo prima queste.
La prima è che, dichiaratamente, l’opera non pretende di essere un’analisi storica ma si definisce come “romanzo”. Narra cioè il quinquennio 1919-1924, quello dell’ascesa di Mussolini al potere, in forma di romanzo, incentrandosi ovviamente sul Duce e sulla sua vita privata (in ispecie l’insaziabile attività amorosa). Poiché però il libro, anzi il romanzo, è scandito da citazioni documentali, date e riferimenti continui alle cronache dell’epoca e ad avvenimenti reali, il lettore inevitabilmente tende a prendere come vero tutto ciò che vi è narrato ivi compresi pensieri e riflessioni del protagonista. Il confine tra opera documentale e fiction resta dunque indecifrabile con conseguente ambiguità che, grava sulle inevitabili comparazioni che il lettore è portato a fare con la realtà e il Paese di oggi. Similitudini e differenze tra le due situazioni che non è chiaro quanto indotte dalla scrittura del romanziere o viceversa oggettive.
Un’altra perplessità nasce da una certa disomogeneità del ritmo narrativo. Di norma lento e quasi pedante nel seguire vicende quotidiane (per esempio l’avventura di Fiume) passa viceversa in poche pagine dal socialismo trionfante ed egemonico al travolgente successo del fascismo o viceversa Mussolini in sella improvvisamente sotto pressione. Sarebbe piaciuta una più curata descrizione dei processi mentali nell’opinione pubblica. Così letta dall’esterno, il popolo italiano appare come una massa di folli (per carità, magari lo erano davvero ma..).
Tutto ciò premesso, la fatica di Scurati merita sicuramente di essere letta perché offre uno sguardo dal di dentro ad un periodo chiave del nostro Paese. Per carità, nulla che non sia già stato trattato e esaminato da fior di storici ma che tuttavia, anche per il lettore informato (e a maggior ragione per quelli non informati, che sono la maggioranza) resta un po’ cristallizzato nello schema fascismo/antifascismo e soprattutto condizionato dalla lettura complessiva del disastroso esito che ha avuto il fascismo. Vale invece la pena, e qui è il merito di Scurati, di porre l’attenzione al contesto sociale e politico in cui il fascismo si è imposto.
Cito brevemente gli aspetti che mi hanno maggiormente colpito. La prima cosa che balza all’occhio è che l’Italia dell’immediato dopoguerra era un Paese estremamente violento. Il socialismo montante adottava pratiche e mezzi sanguinari contro i “padroni” e la borghesia agraria e questo ha costituito l’humus in cui è germogliato il fascismo, a cui i ceti minacciati hanno delegato la loro difesa. Perché lo Stato era oggettivamente debole, innumerevoli le spedizioni punitive e maramaldesche, gli omicidi efferati e gratuiti rimasti impuniti da parte delle squadracce fasciste (e prima socialiste). Tanto che il famoso omicidio Matteotti appare quasi necessitato, certo un incidente ma quasi inevitabile. Nel gioco delle differenze/similitudini con l’oggi, un elemento da rubricare tra le differenze (nulla, ma proprio nulla, di comparabile all’oggi).
Altra circostanza da tenere presente è che in Italia la rivoluzione socialista, sul traino di quello che avveniva in Russia, era all’epoca davvero un esito possibile. I socialisti erano una forza fortissima e dichiaratamente disprezzavano il Parlamento visto sostanzialmente come una fase transitoria in attesa della Rivoluzione (sì, ci credevano davvero). Rivoluzione pronta ma mai scoppiata perché i socialisti non avevano, loro, “il Mussolini” che accendesse la miccia. Insomma, un mondo, quello socialista potente ma velleitario (il mite e moderato Matteotti giganteggia in un mare di comizianti esaltati), irrimediabilmente concentrato a dividersi tra rivoluzionari, riformisti, miglioristi, massimalisti, comunisti, marxisti duri e puri.. uno strazio (rubricare alla voce “similitudini” con l’oggi).
Ma neppure gli altri ci fanno una grande figura.. Liberali, cattolici e moderati sono incerti, opportunisti, offrono una sponda pelosa al fascismo facendosene fagocitare. D’Annunzio, Marinetti dei folli esaltati e il Re… il Re porta la storica responsabilità di aver trasformato la altrimenti fallimentare Marcia su Roma (la descrizione della quale conferma che la cifra del nostro Paese è la farsa) regalando a Mussolini la Presidenza del Consiglio anziché metterlo al muro.. Davvero una pagina desolante. Unici a salvarsi Matteotti e don Sturzo.
Infine, i fascisti. Il romanzo mette efficacemente in evidenza che il fascismo è stato nient’altro che un contenitore, molto abilmente e cinicamente riempito dal Duce (che nel romanzo appare oggettivamente un gigante politico rispetto agli avversari) di volta in volta con la violenza, quando i socialisti facevano paura, con la promessa di ordine, quando il Paese stremato chiedeva quello, con l’attenzione per gli ultimi, per contrastare le sirene bolsceviche.. Insomma un movimento camaleonte il cui unico fondamento per così dire ideologico era tenere in spregio la democrazia e esaltare il modello leaderistico. Un movimento costituito da feccia criminale che ha conquistato il Paese sodomizzandolo con il suo consenso.
Avveniva cent’anni fa esatti. Molte cose sono oggi diverse (per fortuna). Ma ancora troppe sono rimaste uguali. Ma ognuno farà il suo personale gioco su differenze e similitudini.