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14 Gennaio 2023“L’arte è tutto ciò che gli uomini chiamano arte. Questa non è, come qualcuno potrebbe credere, una semplice battuta d’entrata, ma, piuttosto, forse, l’unica definizione accettabile e verificabile del concetto di arte”.
Così il filosofo dell’arte Dino Formaggio, fra i principali esponenti dell’Estetica italiana, ha spiegato l’arte nel suo libro L’ARTE COME IDEA E COME ESPERIENZA (Editrice Morcelliana, collana di Estetica).
Poi si sa che la sua, certo, non è una battuta, com’egli dice, ma un mettere le mani avanti questo si. Nel senso che Formaggio vuol mettere giustamente in guardia dal ginepraio in cui ci si inoltra quando su questa materia si vuol discettare con certezze e distinguo e mitizzazioni.
Rifarsi al senso comune è una buona idea. Ma buona idea di partenza e non di arrivo.
E infatti nello svolgimento del libro, non facile alla lettura, ma profondo e illuminante, nonostante risalga a molti decenni fa, l’idea di arte si articola e viene selezionata anche in evidente difformità rispetto al senso comune e quindi alla ‘battuta’ di partenza dell’autore. Diversamente dovremmo accontentarci del lessico corrente in ogni campo e dei concetti a cui rimanda per ogni terminologia in qualche modo astratta, soggiacendo agli usi e agli abusi concettuali, con i loro equivoci e la loro retorica. A cui l’arte in definitiva non sfugge.
Non ci si può neppure accontentare dell’uso più preciso e determinato che arte aveva probabilmente all’origine e del compito che le veniva assegnato e che era più o meno questo: ‘fare bene con perizia e competenza le cose che si fanno, in modo che servano allo scopo per cui sono destinate’. Troppo vasto il campo semantico del ‘fare bene qualcosa’ rispetto alla sensibilità moderna, e troppo sganciato da due requisiti che la modernità ha acquisito, giusti o sbagliati che siano, e che fa parte nell’oggi di “tutto ciò che gli uomini chiamano arte”, vale a dire l’estetica e il sentimento che attraverso l’estetica si vuole raggiungere o toccare. E per sentimento intendo l’emozione, in tutti i suoi significati, positiva o negativa, ma anche il pensiero razionale profondo (in tutti i suoi significati). Quanto al campo semantico, se va ristretto attraverso il combinato estetica (meglio ancora, forma estetica)/ sentimento, che dà la cifra, esso si allarga molto rispetto a quello limitato alle arti figurative , che fino a non molto tempo fa, ma non più oggi, gli “uomini chiamavano arte”.
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Tutta questa disquisizione preliminare ha un senso concreto e non è un ‘cazzeggio’ verboso, se si pensa a come l’arte si intreccia quotidianamente con le scelte a livello sociale, culturale, politico (molto), e perfino economico, se entra, come entra ormai stabilmente, nella logica di mercato.
Perché è qui che si vuole arrivare: l’inquinamento inevitabile che il mercato immette può disorientare il giudizio, confondere i parametri, rischiando di promuovere ad arte ciò che non lo è ed escludendo ciò che potenzialmente lo è. Oppure mettendo tutto nel tritacarne della produzione di beni di consumo, e si pensi solo allo strumento ‘libro’, allo strumento ‘suono musicale’ e allo strumento ‘cinematografo e televisione’. Che, ben più di altri, veicolano di tutto, sicuramente l’arte, ma anche molto il suo probabile esatto contrario, purtroppo con molte sfumature intermedie che spesso non ci consentono di discernere, confusi dal successo o dall’insuccesso dei numeri, che più di una volta premiano, o non premiano, indifferentemente.
Se questa testata si occupa di società, costume, modernità e politica, e delle scelte o non scelte che ne derivano, l’arte interessa proprio e soprattutto per questo.
Perciò può essere utile domandare a chi è, come si dice, “nel settore”, a chi di arte è “produttore” o ambisce ad esserlo, a chi semplicemente ne è consumatore sensibile, o anche solo a chi vive con contezza nel presente, che cosa “chiama arte”: Per vedere se quel “tutto ciò” della finta candida presa d’atto del prof. Formaggio è un dato oggettivo su cui le opinioni più qualificate convergono.
Perciò parafrasando l’incipit di questo testo, LUMINOSI GIORNI pone a quindici persone tra lettori e collaboratori la domanda:
“ma tu: cos’è che chiami arte?”
Per avere una risposta in mille battute, spazi compresi.
Tra un mese circa verranno pubblicate le risposte e vedremo se ci capiremo di più, di meno o tanto quanto prima. Grazie in anticipo.