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19 Febbraio 2021Segnalo l’eccellente articolo di Marco Michieli su Ytali https://ytali.com/2021/01/27/lautocensura-di-disneydecisione-corretta-ed-esemplare/ in merito alla decisione della Disney di accompagnare alcuni vecchi film animati (Dumbo, Peter Pan e Gli Aristogatti) con un avvertimento che questi film contengono “rappresentazioni negative e/o insulti verso persone e culture”. Tanto per chiarire (Michieli lo spiega benissimo): non è impedita la visione del film ai bimbi, bensì per vederli si deve accedere all’account dell’adulto, condizionando dunque la visione da parte del minore all’assenso di questi.
In effetti quei film rappresentano minoranze – i neri, i pellerossa, gli asiatici – attraverso stereotipi negativi e/o irridenti (pesanti soprattutto in “Dumbo” e specificamente significativi per il pubblico statunitense). Non sto a dettagliare il merito degli aspetti critici (e rimando all’articolo sopra citato che li descrive benissimo) bensì condividere la mia reazione d’istinto, credo comune a molti, “ma che avevano quei film di così problematico?”. Ovvero: io, di questi aspetti, non mi ero accorto. Eppure, la rappresentazione spregiativa dei neri in Dumbo, e quella irridente e ridicola dei pellerossa in Peter Pan sono almeno potenzialmente tali (quanto, come e in quali contesti si può discutere). Ma io, ripeto, non me n’ero accorto. Perché? Perché anch’io, come tutti noi, sono soggetto al cosiddetto bias cognitivo. Ovvero un fenomeno di deviazione del giudizio (un pregiudizio) in presenza di certi presupposti di contesto che porta a mancanza di oggettività, a una specie di “cecità” rispetto al punto di vista delle minoranze. Nella fattispecie, non ho fatto caso (per esempio) che i lavoratori del circo, tutti omaccioni senza volto che cantano “quando otteniamo la nostra paga, buttiamo via tutti i nostri soldi” (ma questo vale solo per i madrelingua..), fossero tutti neri. Non ha colpito me che sono bianco e non faccio lavori di fatica ma chi invece non è nelle mie condizioni?
L’aspetto critico e delicato del bias cognitivo consiste precisamente nel fatto che, basandosi su stereotipi, colpisce categorie precise in qualche modo e per qualche motivo diverse dallo standard dominante in un certo contesto, viene percepito come appunto normale un atteggiamento che oggettivamente non lo è affatto. A farne le spese sono tendenzialmente minoranze (per motivi etnici o religiosi, per l’orientamento sessuale, per l’aspetto fisico, per handicap fisici o intellettivi..) ma non necessariamente: anche le donne – certo non minoranza – sono frequentissime vittime del bias cognitivo.
Sono categorie sostanzialmente indifese, proprio perché la loro ghettizzazione caricaturale è inconsapevole, non è percepita da chi la attua (quasi sempre in buona fede). È come un muro di gomma, una barriera invisibile contro la quale è difficile combattere. Proviamo per esempio a considerare il sottile disagio che provoca a noi italiani essere identificati come pizza & mandolino.. Esempio quasi innocuo, irrilevante nella sostanza ma, diciamolo, ci procura un piccolo fastidio dettato appunto dall’applicazione di uno stereotipo. Proviamo a pensare a come si devono sentire minoranze trattate e considerate come di fatto di serie B (per le più svariate ragioni).
Bene ha fatto dunque la Disney (sicuramente anche per ragioni di opportunità commerciale, non certo solo ideali) a porre il tema. Perché il bias cognitivo si incista e cresce in noi sin da bambini creando appunto quella situazione di contesto di cui sopra ed è fondamentale che la accettazione e il rispetto delle più varie diversità siano coltivati per costruire una società inclusiva (mi si perdoni un termine terribilmente abusato).
Tutto ciò premesso, meritano un commento le reazioni che la vicenda ha suscitato. Vi è stata quella che definirei “di pancia”, tutta improntata sullo stupore e il fastidio per fisime insignificanti. Basta con la dittatura del politicamente corretto, quei film li abbiamo visti tutti senza riceverne traumi, io non sono razzista.. cose di questo tipo. Sostanzialmente una negazione dell’esistenza stessa della questione. D’altra parte è fisiologico: il problema del bias cognitivo verte proprio sulla inconsapevolezza; se fosse consapevole NON esisterebbe il problema stesso. Molto meno comprensibile, e mi permetto di aggiungere piuttosto desolante, è stata la reazione di alcuni intellettuali che hanno contestato, con veemenza e irrisione, la decisione della Disney. Non stando nel merito, ovvero interrogandosi se e quanto ciò che mostrano i cartoon presenti davvero caratteristiche discriminatorie (alcune scelte sono in effetti opinabili). Bensì dimostrando di non aver proprio colto il senso della questione sul tavolo.
In prima fila Michele Serra, che vi ha dedicato una delle sue “Amache” su Repubblica, con una violentissima critica alla Disney (“sciocca e vile decisione”). “Esisteva o non esisteva una intenzione razzista o discriminatoria in chi ha scritto e disegnato quei cartoon?” No. E quindi per Serra la questione non si pone. Peccato che il problema è proprio il fatto che il bias cognitivo non verte sull’intenzione ma l’insidia consiste proprio nella inconsapevolezza dell’atteggiamento discriminatorio. E, circostanza questa incredibilmente sottaciuta dal Nostro, perché qui è in questione la fruizione di determinati messaggi da parte di bambini, un pubblico cioè privo della possibilità di contestualizzazione. Nessuno pretende di mettere al bando il Mercante di Venezia (un esempio tra mille) perché chiaramente antisemita. Per il fatto evidente che appunto un adulto contestualizza l’opera al periodo e alle sovrastrutture culturali e religiose dell’epoca. Ma se si facesse vedere a un bambino una versione ad hoc della commedia di Shakespeare non sarebbe forse il caso di avvertirlo che la rappresentazione negativa di Shylock è condizionata da pregiudizi all’epoca imperanti?
Ancora: “se si pretende di allineare ai nostri anni quello che l’uomo ha detto, scritto, fatto per centinaia d’anni allora il 90% del discorso umano andrebbe cancellato. Si chiama censura, si chiama rimozione, si chiama intolleranza”.
E qui, francamente, la “toppa” è enorme. Perché “fuori scala”: a leggere Serra sembra che si voglia destinare al rogo le opere di Aristotele perché teorizzava la schiavitù. E soprattutto fuori tema: non c’entra nulla la rimozione, la censura.. E colpisce la supponenza e la tracotanza nel trattare la questione che evidentemente Serra dimostra di non aver colto (e analogamente Cuperlo in una uscita sullo stesso tema).
E questi sarebbero gli intellettuali illuminati che abbiamo a disposizione?