Seduti a leggere lungo il fiume
6 Dicembre 2016DOPO IL VOTO, CHE FARE ?
6 Dicembre 2016In questo risultato con la vittoria nettissima del NO si configurano molte componenti, con pesi specifici diversi ma convergenti su un unico risultato: la sconfitta del Presidente del Consiglio e del suo Governo.
- Le ragioni costituzionali dei giuristi del NO, le metto per prime perché sono le più “nobili”, di merito. Forse il 20% dei votanti (incluso chi ha votato SI’) ne conosceva il senso e il merito.
- Le ragioni politiche degli oppositori variamente assortiti. La più calda e la più propagandata. Quella che ha fatto breccia nella comunicazione: sia nei media che nei social. Una sorta di votazione di mid-term in cui di solito il Governo ne esce sconfitto: a qualsiasi latitudine.
- Le ragioni socio economiche di un Paese in affanno. Quelle meno esposte, meno indagate, ma sicuramente le più pressanti. Le stesse che hanno determinato l’esito della Brexit e la vittoria di Trump. Quelle che Renzi forse avrebbe fatto bene a tenere in maggior considerazione almeno nella sua narrazione. Perché poi altra cosa sono le condizioni economiche e finanziarie che ti consentono per davvero di modificare i rapporti sociali. Ma certamente di più e meglio bisognava fare in questi 1.000 giorni.
- Le ragioni della personalizzazione, che se è stato un errore di valutazione e di eccessiva autostima, oltre che un errore di gestione politica di Renzi, sarebbe stato comunque il focus di tutta l’opposizione convergente nella variegata e composita armata Brancaleone del 4 dicembre (guai a chiamarla accozzaglia!).
- Le ragioni dell’antipatia renziana, molto di pancia alla quale non si può contrapporre nulla. Ma che fa da condimento a tutte le altre.
Gli analisti del voto, Demos fra i primi, sono in grado di pesare queste componenti, oltre che valutare gli spostamenti all’interno delle tradizionali categorie d’indagine: da cui emerge nettamente come le ragioni del disagio abbiano influito nettamente sull’orientamento, soprattutto della componente giovanile, la più esposta sul fronte della disoccupazione. Poi c’è il baratro del profondo Sud che del disagio sociale ne fa la sua cifra dai tempi borbonici.
La sconfitta era stata pre-figurata da qualcuno di noi (il Direttore prima di tutti), per analizzarne gli effetti e gli scenari possibili. Andate a rileggervi http://www.luminosigiorni.it/2016/11/la-utile-conta-del-referendum-costituzionale-comunque-vada/
I termini sono ancora tutti lì, con qualche aggiustamento di contorno.
Ma adesso il tema si fa caldo dopo le dimissioni motivate e sostenute non solo con nobiltà d’animo ma anche con grande fermezza e lucidità da Renzi.
Poi ci sono quelli che non gli va bene né la forma delle dimissioni – ce ne fossero di politici italiani che sanno prendere atto di una sconfitta e ne traggono le conseguenze – né i tempi: come dire “vai avanti tu che a me vien da ridere”. O più prosaicamente quelli che vogliono fare i culattoni con il culo degli altri.
Uso esplicitamente una forma estremamente volgare per raffigurare un’istanza politica che è volgarissima oltre che offensiva del senso comune. I vari Brunetta, Salvini, qualche eminente pensatore della “ditta” e alcuni altri politicanti sono su questa lunghezza d’onda.
Il tema vero è che futuro politico potrà avere il CS italiano e il PD in particolare (quale PD?).
Una sfida politica dura, tra visioni del mondo diverse, tra chi ha fiducia nelle persone e nella scienza, e chi ha fiducia in niente – forse neanche in sé stesso.
Tra chi è preso da un’ansia di distruzione e chi vuole continuare a costruire.
Tra chi lavora sistematicamente per fare leva sugli istinti più egoistici e chiusi delle persone – istinti da cui nessuno è immune – e chi invece crede e vuole costruire su altri istinti, altrettanto emotivi e naturali, di apertura, di curiosità, di altruismo.
E il CentroSinistra deve saperli coltivare credendo nelle persone, nella scienza, nella buona fede, contro la chiusura profondamente reazionaria che sta emergendo ovunque.
Oltre che mettere in campo un programma seriamente riformatore che sappia e possa dare risposte anche e soprattutto ai bisogni materiali di tanta parte dell’Italia. Che non sono né di destra né di sinistra: sono.
Nel medio termine si pone l’altra domanda: come riuscire a capitalizzare una parte, non può essere certamente tutta, di quei 13.432.208 voti che hanno aderito alla proposta di modifica referendaria, che volevano innovare, che avevano fiducia nel cambiamento.
Sperando di saperne intercettare la gran parte e potersi così, autorevolmente, candidare alla guida del Paese.
Non posso immaginare che “la ditta” sia in grado non tanto di riprendersi il comando (ci sarà un congresso prevedibilmente “sanguinoso”) ma di aggregare la gran parte di quei consensi elettorali e con ciò finirebbe miseramente relegando il PD (o quello che sarà) ad una presenza marginale nel panorama politico nazionale.
Quasi una ripetizione delle sorti dei vari CS in Francia, in UK e nella stessa Germania, dove – non dimentichiamocelo – l’SPD è minoritaria nel paese anche se parte della Grosse Coalition.
Con la conseguenza che il potere (la responsabilità delle scelte) e il governo qui da noi possano diventare una questione tra Populismo-nazionalista, variamente rappresentato da Lega e M5S, e CentroDestra.
Poi da qui a domani il tema è: che Governo ci sarà da qui alle prossime elezioni.
Mattarella avrà un bel rebus da risolvere; non tanto per individuare la persona, ma per affidargli quale mandato che questo Parlamento (questo!?) dovrà sostenere con una maggioranza qualificata.