VENEZIA CASA COMUNE: LASCIARE LE PROPRIE CASEMATTE E SCENDERE IN CAMPO APERTO
1 Agosto 2015Il “Cubo”
14 Agosto 2015Due settimane fa una sentenza della Corte di Cassazione aveva dato ragione al Comune di Livorno sulla richiesta del pagamento arretrato della vecchia ICI, la tassa sugli immobili ora IMU, a due scuole private cattoliche. La notizia aveva suscitato un vivace dibattito a favore o contro la sentenza. Notizia e dibattito sono già sparite dalle pagine dei giornali ma la sentenza, si può stare sicuri, farà ancora parlare di sé perché diventa un punto di riferimento a cui sarà difficile sfuggire.
Le reazioni tuttavia non sono state simmetriche o di pari peso e taglio. Da parte Cattolica si è scatenata la consueta levata di scudi con la CEI, la conferenza episcopale italiana, in prima fila e non proprio in linea con l’atteggiamento dialogante del Pontefice attuale. Quest’organismo dai risvolti sempre più politici è in grado di dettare l’agenda a tutti i cattolici che trasversalmente sono presenti in tutte le forze politiche italiane. I quali per riflesso pavloviano si sono immediatamente schierati a sostegno della CEI manifestando il consueto complesso di persecuzione da parte dello Stato, oltre chè la consueta scarsa autonomia di giudizio. E’ la storia di sempre. La Chiesa Cattolica in Italia si ritiene uno Stato nello Stato e considera un diritto i privilegi di cui gode. In definitiva la reazione appare come l’ennesima occasione di mostrare i muscoli a prescindere dalla questione contingente che sembra solo un’occasione e un mero spunto. Come dire: “non azzardatevi più”. Non si rende conto, o meglio non vuole rendersi conto, che la Repubblica Italiana è costituzionalmente uno Stato Laico e che la Corte di cassazione non ha fatto altro che il suo mestiere. per altro in coerenza con il testo costituzionale dice e in questo caso senza neppure troppa difficoltà perché sull’insegnamento privato l’articolo che lo riguarda è di una chiarezza disarmante.
Di altro segno le reazioni opposte. Il plauso alla Corte che fa il suo mestiere non è stato accompagnato da un speculare muscolosità. Chi non può fare a ameno dei principi e giustamente li considera non solo formali si rende perfettamente conto che poi la politica deve anche adeguarli alla realtà. Molti tra coloro che si sono espressi a favore hanno subito precisato che la realtà delle Scuole Private è molto differenziata e che spetterà alla politica adeguare alla realtà questa sentenza per quanto le sarà possibile. Ci sono scuole private che fanno profitti principeschi e scuole che non li fanno e sono con i bilanci in rosso. Ci sono scuole la cui presenza nel territorio è un di più rispetto alla copertura garantita dalla scuola pubblica ( ed è un di più solitamente di natura o ideologica o di censo o di entrambe) e scuole che invece svolgono un ruolo di base e di totale supplenza del servizio pubblico. Sono soprattutto, lo si sa bene, le scuole dell’infanzia e primarie. In questi settori se queste scuole chiudessero molti comuni si troverebbero scoperti nell’offerta del servizio. Ad essere sincero, consultando un po’ in velocità i siti delle scuole oggetto della sentenza, e per di più in una città come Livorno dove non immagino, per la sua storia, generalizzate carenze nell’offerta pubblica, mi pare che non siano scuole che ricadano nella casistica di quelle che meritoriamente suppliscono. Nei siti c’è un’offerta formativa qualificata e accattivante con corsi di lingue e quant’altro.
In definitiva questa sentenza mette un paletto che va preso come punto di riferimento non rigido; e tuttavia è un paletto che andava messo per far capire chi invece deve dettare l’agenda in uno Stato laico. I comuni d’altra parte hanno anch’esso bilanci difficili e finanziamenti sempre più limitati. Devono anch’essi garantire i servizi e spesso, sempre per restare alla scuola dell’infanzia, non riescono a farlo per carenze di fondi. E’ un gatto che si morde la coda. Sicuramente certe scuole con applicazioni generalizzate della sentenza potrebbero chiudere costringendo il pubblico che non ha soldi a doversi attrezzare. E tuttavia per poterlo fare, per potersi attrezzare, deve riscuotere anche le tasse come l’ICI o l’IMU che sia.
Viviamo in un regime misto in cui lo Stato non è certo tutto anche in altri settori chiave su diritti sanciti dalla Costituzione, si pensi alla sanità, alla casa, al lavoro stesso. C’è chi artatamente cerca di far vedere uno stato moloch che tarpa le ali all’iniziativa privata. Ma non è così. La responsabilità, questa si, l’ultima parola in definitiva è dello Stato e del Pubblico perché, volenti o nolenti, ci rappresenta, siamo noi stessi. La corposa delega al privato per esempio, e ci ritorno, nelle scuole dell’infanzia dovrebbe essere per questo accompagnata dalla pretesa di un vero servizio pubblico e dalla garanzia che in quelle sedi ci si astiene dal fare propaganda di contenuti che non siano quelli strettamente connessi alla crescita e alla formazione di una persona, per altro ancora non in grado, essendo infante, di capacità critica. Mi pare sarebbe il minimo.