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27 Febbraio 2018Secondo Michael Bloomberg, sindaco di New York dal 2002 al 2013, siamo nel bel mezzo del Secolo delle città perché da esse passano le prospettive di sviluppo mondiale.
Se analizziamo questo concetto in chiave Europea, possiamo osservare che molti dei temi legati allo sviluppo attraversano in effetti le città, all’interno delle quali si trovano in prevalenza risorse finanziarie, umane, tecnologiche e culturali.
In Europa, le città, si confrontano principalmente su un tema in particolare.
Come è possibile conciliare le ragioni e le spinte alla crescita con le ragioni del rispetto dell’ambiente, della mobilità sostenibile, dell’accoglienza delle attuali e future spinte migratorie nonché dell’equità sociale nella vita di tutti i giorni dall’accesso alle strutture sanitarie, passando per le scuole fino ai temi del lavoro e del suo bilanciamento con le esigenze di vita.
In altre parole, la sfida che le capitali Europee insieme alle principali altre città Europee hanno davanti, è di grande portata, dovendo cercare di pensare e ripensare alla creazione di forme di qualità di vita urbana tali da poter addirittura provare a orientare lo sviluppo dei principali criteri comuni su scala mondiale.
La sfida che le città Europee hanno davanti, deve inoltre mirare alla realizzazione di un progetto di coesione, che con il coordinamento delle Istituzioni Comunitarie, possa per alcuni aspetti, spostare talune responsabilità dai governi alle città e ai loro Sindaci.
Non è un caso che di questo e di altri temi tratti il sindaco di Milano Giuseppe Sala, nel suo recente libro: “Milano e il secolo delle città”; così come non per pura coincidenza, il Sindaco di Madrid, Manuela Carmena, tra le priorità del suo mandato sostenga che ci debba essere la dura lotta alla violenza e alla corruzione definita dallo stesso Sindaco “veleno che può distruggere la fiducia dei cittadini”.
Sulla stessa linea d’onda si pone il Sindaco di Berlino, Michael Muller, quando invoca maggiori risorse e migliori strumenti per integrare i nuovi immigrati, per consentire loro di diventare a pieno titolo membri della società. Esempi di buone pratiche e progetti non mancano, anzi fortunatamente nelle città Europee fioriscono.
Si va dal progetto culturale di Victoria Square ad Atene che è nuovo un punto di riferimento per gruppi, individui, abitanti, immigrati e rifugiati dove si svolgono attività di diverso genere, dalle mostre ai corsi, alle feste e che per una città che sta reagendo ad una crisi molto forte si pone come epicentro di relazioni interculturali della capitale greca, fino al progetto di inserimento Milano Extrapulita mirato ad offrire, in aggiunta e complemento al servizio pubblico, una prestazione costante per la cura di strade e piazze cittadine, migliorando la qualità dell’ambiente e favorendo tra i cittadini la crescita del rispetto della cosa comune, fornendo una regolare occupazione a persone che si trovano in condizioni disagiate per restituire loro dignità attraverso la formazione e il lavoro.
Facendo propria una proposta dell’attuale Sindaco di Buenos Aires, Horacio Larreta, le città Europee potrebbero chiedere che una quota degli aiuti e degli interventi comunitari, sia destinato proprio alle città per misurarsi con varie problematiche come quelle poc’anzi citate.
I problemi della residenza, degli spazi pubblici, del rapporto vita-lavoro, dell’ambiente in cui ci si muove, sono i terreni all’interno dei quali i Sindaci si devono confrontare con i cittadini, spesso prima dei Governi.
Oltre alla proposta del Sindaco di Buenos Aires, riformulata in chiave Europea, un altro modo concreto per iniziare a rivitalizzare il tessuto delle città è quello di integrare le voci.
Far dialogare Imprese, Università, società civile quindi Associazioni, Fondazioni e altre realtà analoghe, magari anche attraverso un coordinamento a livello Comunitario, può essere una proposta da considerare per porre le basi di una crescita inclusiva.
Con questo spirito, le città Europee, fin da subito, potrebbero anche avere l’ambizione di guidare l’evoluzione del dibattito tra ius sanguinis e ius soli verso quello sullo ius culturae, inteso come condizione per adeguare le persone rispetto alla cittadinanza attraverso il senso di appartenenza, la capacità di esercitare diritti, l’adempimento dei doveri e la partecipazione alla vita sociale in modo responsabile.